«Così ho ridato la vita a mio figlio»

«Così ho ridato la vita a mio figlio» La madre del ragazzo di Chiavari: ho sempre sperato, mi ha aiutato la solidarietà della gente «Così ho ridato la vita a mio figlio» Tre anni di lotta al coma CHIAVARI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Si muove e chiama «mamma». Marcello Manunza, 26 anni, in coma dal 1987 a seguito di un incidente stradale, ò tornato a vivere. E con lui, la speranza di una famiglia di Cicagna, paese alle spalle di Chiavari. Lunedì mattina, dopo tre anni di silenzio e di immobilismo totale, Marcello ha improvvisamente risposto alla speciale fisioterapia messa a punto dal professore statunitense Glenn Doman. A lui si erano rivolti i genitori del ragazzo, recandosi presso il centro specializzato di Filadelfia, dopo che tutti gli ospedali italiani avevano negato loro ogni speranza. Marcello Manunza è entrato in coma l'8 novembre 1987. E' uscito fuori strada con la propria auto, mentre andava a Genova per passare la serata con amici. Da allora, non si era più risvegliato. E' stato ricoverato per un anno nel reparto rianimazione dell'ospedale genovese di S. Martino. Poi i medici lo hanno dimesso. Racconta la madre, Giuseppina Manunza: «Mi hanno detto che non ce l'avrebbe mai fatta. Che avrei dovuto ricoverarlo presso un istituto. Volevano che lo abbandonassi in un ricovero dorato, aspettando la sua morte». Giuseppina Manunza non si è persa d'animo. Ha firmato la cartella clinica e si è portato il figlio a casa, assumendosi tutte le responsabilità. «Sapevo a cosa andavo incontro - dice -. I medici mi avevano avvisata del pericolo di infezioni, della setticemia. Ma io non potevo abbandonarlo». Dice il padre Pasquale: «I momenti di sconforto sono stati tanti. Lo scorso ottobre su Marcello si è accanita una brutta bronco-polmonite che ci ha costretti a farlo ricoverare presso una clinica di Genova». Un barlume di speranza è venuto dall'America: a Filadelfia il professore Glen Doman ha messo a punto una speciale fisioterapia che ha già dato risultati positivi in alcuni casi di cerebrolesi o craniolesi come Marcello. Ma per la famiglia Manunza l'America era lontana. E' scattata allora la macchina della solidarietà: grazie ad una sottoscrizione promossa dalla Croce Verde chiavarese e dal Gruppo Mamme di Bargagli, sono stati raccolti circa sessanta milioni, destinati al trasporto di Marcello a Filadelfia. Giuseppina e Pasquale Manunza hanno raggiunto il centro specializzato del professor Doman a dicembre, per frequentare il corso dove l'equipe medica insegna una speciale fisioterapia. Racconta la mamma di Marcello: «Una volta tornati abbiamo iniziato a sottoporre Marcello alla terapia. Giorni su giorni lo abbiamo stimolato visivamente, con luci e proiezione di diapositive; uditivamente, facendogli sentire rumori d'ambiente, il suono di una tromba. Non ho mai smesso di parlargli, di leggergli poesie. Ogni mattina, assieme a volontari, ci siamo alternati al suo capezzale sottoponendo il suo corpo a faticosi esercizi di estensione e trazione degli arti, della testa». Marcello non rispondeva. Lo ha fatto quando la speranza stava scemando. Dopo quasi sei mesi di terapia, lunedì scorso ha lacerato le coltri. Racconta la madre: «Da Filadelfia ci avevano consigliato di provare a mettere Marcello su uno speciale scivolo in legno. Noi eravamo scettici. Temevo, così anchilosato, che si potesse fare del male. Ma se non ci fossero stati dei risultati con lo scivolo, portare Marcello a Filadelfia non sarebbe servito a nulla. E così, lunedì mattina, abbiamo tentato». Marcello, alto circa un metro e novanta, è stato adagiato supino e a testa in giù su un piano inclinato di 45 gradi da terra, lungo oltre tre metri. «Gli dicevo di muoversi, di fare forza sulla gamba - dice la madre -. Abbiamo iniziato tutti ad incitarlo, a stimolarlo facendogli del solletico sotto i piedi. E all'improvviso si è mosso. Si è rannicchiato su se stesso, ha fatto forza con la gamba su un punto d'appoggio lungo lo scivolo, e ha iniziato ad avanzare, strisciando. Lo ha fatto per venti volte di seguito, seguendo la mia voce». Giuseppina Manunzo non riesce a trattenere le lacrime. «E' stato un miracolo. Stavo male, non riuscivo a controllare la gioia che mi saliva dal cuore. Ma ho continuato ad incitare Marcello». Ieri mattina il miracolo si è ripetuto. Marcello si è sospinto più volte lungo lo scivolo, guidato dalla voce della madre, che dice: «Adesso mio figlio si muove. Riesce a riconoscere la mia voce. Mi chiama "mamma". Credo persino che riesca a leggere le brevi frasi che gli abbiamo scritto sul muro». Per lui forse, quei tre metri percorsi lungo lo scivolo, sono stati un ponte verso la vita. Fabio Pozzo Marcello Manunza e la madre Giuseppina mentre fanno fisioterapia sullo scivolo progettato da un medico Usa [foto ansa)

Persone citate: Fabio Pozzo Marcello, Giuseppina Manunza, Giuseppina Manunzo, Glenn Doman, Manunza, Marcello Manunza