L'Urss voleva il dossier della Nato

L'Urss voleva il dossier della Nato L'impiegata dell'Olivetti aveva raccolto 60 pagine sui sistemi informativi del Patto Atlantico L'Urss voleva il dossier della Nato Presa a Torino mentre sta per consegnare il fascicolo La spia russa arrestata dopo un lungo pedinamento TORINO. La via dello spionaggio internazionale, sopravvissuto alla perestroika, passava per Ivrea. Un documento segretissimo della Nato stava per finire nelle mani di un funzionario del commercio estero dell'Unione Sovietica, in realtà agente del Kgb, che garantiva alla spia italiana «assistenza aerea e doganale» per giungere a Mosca. La «collaborazione» sarebbe stata pagata 225 mila dollari, quasi trecento milioni. Sono finiti in carcere sia la Mata Hari nostrana, sia l'agente segreto sovietico. Per l'anagrafe sono Maria Antonietta Valente, 51 anni, impiegata dell'Olivetti, e da quindici anni in un ufficio delicato come quello che si occupa delle relazioni economiche con i Paesi dell'Est, ed il «funzionario» di Mosca, si chiama Victor Dimitriev, 46 anni. La donna è accusata di procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato, spionaggio militare e spionaggio di notizie di cui è stata vietata la divulgazione. L'uomo di corruzione del cittadino da parte dello straniero, oltre che di spionaggio militare. L'operazione è stata condotta dai carabinieri del Sismi (servizi segreti militari) e del nucleo operativo, coordinati dal colonnello Gallitelli e maggiore Lavacca. I giudici che hanno seguito le indagini sono Franco Giordana (giudice delle indagini preliminari), che ha spiccato gli ordini di custodia cautelare, e Ugo De Crescienzo (pm), che interrogherà i due arrestati la prossima settimana. Altre manette potrebbero scattare nei prossimi giorni. La storia è ancora nebulosa: il riserbo degli inquirenti è molto stretto. La donna sotto accusa è una madre di famiglia, robusta bionda, capelli corti, due figli, che aveva conosciuto e frequentava il funzionario sovietico per la sua attività professionale. I suoi incontri con Dimitriev per definire questo affare (ma nessuno esclude che negli anni scorsi ce ne siano già stati altri) sono di inizio giugno. Dimitriev viene notato dal Sismi a Milano, con un altro sovietico, Vsevolod Chestopalov, nell'albergo Scala Nord, vicino alla Fiera Campionaria. Loro scopo era di visitare un'azienda del capoluogo lombardo, la Sytco, una società per azioni che si occupa di importexport (500 milioni di capitale sociale). In quei giorni Dimitriev, alto, capelli chiari, elegante, telefona a Banchette di Ivrea e poi si incontra più di una volta con Maria Antonietta Valente. I carabinieri sono in allarme. Infatti, controllano i loro movimenti, i loro incontri per le vie della città, e riescono anche a captare e intercettare le loro conversazioni. Oggetto dell'affare - scoprono - è un documento in lingua italiana, di una sessantina di pagine, con la scritta Nato-Otan sul frontespizio, e il timbro in rosso classificato A, che lei assicura di poter avere in brevissimo tempo. Spiega di essere anche in grado di procurare apparecchiature di alta tecnologia e materiale bellico. Il documento «Nato-Otan» contiene chiavi e spiegazioni su come accedere nelle comunicazioni segrete fra i Paesi del Patto Atlantico, trasmessi a distanza via computer e cavo telefonico. Come sarebbe riuscita a procurarsi il tutto, non viene rivelato dagli inquirenti. Viene smentito qualsiasi collegamento dell'Olivetti nella questione (l'azienda di Ivrea, tra l'altro, non sarebbe in possesso di quel dossier), e qualsiasi coinvolgimento di militari. Il documento potrebbe essere uscito da qualche azienda, che produce apparecchiature per il sistema di sicurezza dello Stato. La donna aveva evidentemente una serie di conoscenze nel settore. Viene solo ammesso che una simile interferenza «sarebbe stata molto grave per lo Stato». I carabinieri, nelle settimane successive, continuano a spiare tutti i movimenti di Maria Antonietta Valente. Attendono che ottenga il documento (in originale, non fotocopia: particolari sistemi impediscono che possa essere fotocopiato). Il 6 luglio lei porta il dossier in auto a Torino, forse per depositarlo in una cassetta di sicurezza, in attesa di un incontro con Dimitriev, che forse lei sa essere imminente. Viene bloccata dai carabinieri della sezione anticrimine, prima che riesca a metterlo al sicuro. Non fa una piega («si capisce che è una donna forte, decisa, che forse aveva già messo in conto questa eventualità»). Si dimostra solo un po' preoccupata. Non può negare nulla: l'arresto è in flagranza di reato. L'agente del Kgb, ignaro dell'arresto della donna, l'8 luglio arriva a Torino, ospite dell'Olivetti, con una delegazione sovietica. Dodici funzionari del ministero del commercio destinati a frequentare un corso di formazione offerto loro dall'azienda di Ivrea. Tra la spia italiana e quella russa, proprio in quei giorni, molto probabilmente doveva esserci una seconda serie di incontri per definire gli ultimi particolari. Manette anche per lui. Il viaggio della donna a Mosca era in programma prima del termine delle ferie alla Olivetti, che sono già cominciate. Quindi, entro la fine del mese. Giuliana Mongelli Il colonnello dei carabinieri Leonardo Gallitelli racconta l'arresto delle spie