E per regalo, l'arma del delitto di Franco Marchiaro

E per regalo, l'arma del delitto E per regalo, l'arma del delitto Casale, la verità sul massacro CASALE DAL NOSTRO INVIATO Due ragazzi sbandati, due storie difficili che si sono incrociate, hanno incontrato quelle di altri disperati e insieme hanno imboccato una strada sbagliata, arrivando a compiere un duplice, atroce omicidio per rubare pochi soldi agli anziani zii. Sono le storie di Roberto Cane, 23 anni, e Antonella Milletarì, 17 anni ancora da compiere. Hanno ucciso le loro vittime a colpi di randello e di bottiglia, li hanno sepolti in riva al Po, forse ancora vivi. Tutto per una manciata di soldi, quelli della pensione appena riscossa, che forse i giovani non sono neppure riusciti a trovare. Il giorno dopo, nel Casalese non si parla che del feroce omicidio. Sono molti i lati oscuri della vicenda sui quali si cerca di fare luce. Ieri pomeriggio è stata effettuata l'autopsia sui corpi di Augusto Cassini, 82 anni, e Rita Segala, 61. Ma ci vorranno alcuni giorni prima di sapere se a provocarne la morte siano state le randellate o la terra e i sassi con i quali sono stati poi ricoperti i loro corpi. Roberto e Antonella aspettano di essere interrogati dal giudice: li sentirà oggi. In carcere appaiono tranquilli, quasi abulici. La madre dell'assassino confesso, Anna Maria Segala, che è anche sorella della donna uccisa, è chiusa nella sua casa di Casale. Non parla. E' sotto choc: soffre di cuore. I due fratelli di Roberto temono che non riesca a riprendersi. Anche loro preferiscono tacere. Roberto Cane era sì un ragazzo difficile, ma nessuno lo descrive come un violento. Suo padre era morto d'infarto quando lui era un bambino. La madre aveva lavorato sodo per Roberto Cane in carcere appare tranquillo. Oggi sarà interrogato dal giudice mantenere i tre figli, e ancora oggi si guadagna da vivere facendo lavori domestici. Roberto non aveva voglia di studiare, e così, a 15 anni, aveva incominciato a lavorare come operaio. Il suo ultimo datore di lavoro, Italo De Andrea, della Casaltecnica, lo ricorda come un ottimo dipendente, e si era stupito quando, all'inizio di giugno, dopo un'assenza di una settimana, Roberto gli aveva annunciato l'intenzione di licenziarsi: «Ho altre cose per la testa» aveva detto il giovane, prima di allontanarsi su un'auto targata Torino. Quali fossero queste «altre cose» è uno dei misteri che gli inquirenti non hanno ancora chiarito. La casa dove Roberto era andato a vivere è un indizio della piega che aveva preso la sua vita: un ambiente sporco, perennemente in disordine, frequentato da due fratelli tunisini che vivono d'espedienti, conosciuti a Torino. L'esistenza di Roberto era cambiata da quando aveva incontrato Antonella Milletarì. Anche quella di Antonella era una storia difficile, costellata di fughe dalla casa di Torino e dai vari istituti ai quali era stata affidata. Alla fine era approdata a Casale, al ritiro vescovile, che accoglie ragazze come Antonella, dalla vita irrequieta, dai rapporti affettivi contrastati. Tra Roberto e Antonella era nato un rapporto profondo, basato su un sentimento al quale entrambi si erano aggrappati con disperazione. Il loro amore aveva indotto la ragazza a lasciare l'istituto per andare a vivere con Roberto. Ma ben presto nuovi problemi hanno complicato la loro vita in comune. Primo fra tutti quello della mancanza di soldi. Soldi per sbarcare il lunario, ma anche per acquistare qualche spinello, qualche pasticca per aiutare ì sogni. Così è nata la decisione di pretendere dagli zii di Roberto il denaro del quale i giovani avevano bisogno. Augusto Cassini e Rita Segala non avevano figli, e forse proprio per questo avevano sempre aiutato finanziariamente il nipote. Domenica, quando era andato a prenderli a casa loro insieme con Antonella, Roberto aveva anche portato un regalo: una grossa bottiglia di conserva. La stessa che, poche ore dopo,avrebbe impugnato come una clava, per finirli. «Venite con noi - aveva detto il giovane, per convincerli ad uscire di casa -: andiamo a vedere la cascina che abbiamo affittato. Voi ve ne intendete di campagna, potete darci qualche buon consiglio». Era l'unica scusa logica che poteva persuadere i due anziani coniugi a partecipare a quella che sarebbe stata l'ultima loro gita. Poi, sulla sponda del Po, la richiesta di soldi e, al rifiuto, l'aggressione folle, selvaggia, che non si ferma neanche di fronte alle implorazioni di pietà: «Fermati, basta: ti perdono» sarebbero state le ultime parole dello zio di Roberto. Troppo tardi. I due giovani erano ormai in preda a raptus omicida, a una lucida e distaccata follia. I carabinieri li hanno trovati in casa tranquilli, come se nulla fosse successo, a chiacchierare con gli amici tunisini, la madre di Antonella e un'altra ragazza di Torino. E i soldi? Roberto nega di averli presi. Forse gli zii li avevano nascosti così bene che neppure il saccheggio della loro casa era bastato per trovarli. O forse i due giovani li avevano già spesi per saldare qualche debito della loro esistenza sbagliata. Franco Marchiaro Il nipote ha assassinato gli zii con la bottiglia di conserva che aveva portato in dono

Luoghi citati: Casale, Torino