Aria di tregua per l'agricoltura di Stefano Lepri

Aria di tregua per l'agricoltura Aria di tregua per l'agricoltura E ilpiano Craxi sui debiti guadagna la citazione HOUSTON DAL NOSTRO INVIATO Un solo personaggio è citato per nome nella dichiarazione finale dei Sette grandi, tra migliaia di parole attentamente soppesate nella loro vaghezza. Bettino Craxi ce l'ha fatta, coronando un lavorio diplomatico di mesi, da Parigi a Tokyo, da Ginevra a New York. «The Craxi report» la relazione sul debito dei Paesi poveri preparata dal segretario del psi su incarico delle Nazioni Unite sarà «studiata con interesse» dai Sette governi. Per ora gli impegni nuovi sul debito usciti dal vertice di Houston sono assai più modesti di quelli suggeriti da Craxi. La proposta, sponsorizzata da Italia e Francia, di alleviare il debito anche dei Paesi non poverissimi (da 550 a 1300 dollari di reddito prò capite annuo) viene accolta in parte, demandando al «Club di Parigi» (i Paesi creditori) di esaminare un prolungamento dei tempi di rimborso. Per i Paesi più poveri non si prevede alcuna iniziativa collettiva di cancellazione dei debiti; si lodano Francia e Canada che in alcuni casi l'hanno fatto, non l'Italia che l'ha solo proposto. Ma, piuttosto che Craxi, è un altro personaggio ad essersi rivelato essenziale nella faticosa stesura della dichiarazione di Houston. Non viene citato col suo nome, che del resto molti dei partecipanti non riuscirebbero a pronunciare esattamente e che pochi conoscevano sino all'altro ieri; però solo il riferimento al piano preparato da lui, Aart de Zeeuww, ha finalmente permesso, in una agitata seduta notturna, di evitare la dichiarazione di una guerra commerciale per i prodotti agricoli, lo scacco più temuto dai Sette. Aart de Zeeuw è il presidente del gruppo negoziale del Gatt per l'agricoltura; il suo documento per una soluzione della disputa commerciale EuropaAmerica piaceva più a Washington ed a Ottawa che nelle capitali del vecchio continente. La sua citazione esplicita ha permesso agli Stati Uniti ed al Canada di accettare, in sostanza, nella notte il testo di compromesso proposto dal primo ministro inglese Margaret Thatcher, che nella giornata precedente avevano respinto. La più grossa controversia politica sorta ad Houston dopo quella degli aiuti alla Urss, sollevata dagli Stati Uniti con una durezza che aveva sorpreso gli europei, viene così risolta con quello che quasi tutti gli interessati definiscono un incontro a metà strada. Alzando la voce, gli americani sono riusciti ad ottenere per la prima volta che venga messa in discussione la politica agricola comunitaria, che consente agli agricoltori europei di vendere a prezzi assai superiori a quelli del mercato mondiale e di esportare sotto costo. Ma gli europei hanno evitato: I ) che a ciò venga posta alcuna scadenza (gli Stati Uniti chiedevano il 1995 per l'export ed il 2000 per i prezzi interni); 2) il riconoscimento delle «differenze nelle condizioni sociali ed economiche» tra le campagne di qua e di là dell'Atlantico. II documento de Zeeuw propone tra l'altro di fissare scadenze per l'abolizione dei sussidi all'export e di trasformare tutti gli ostacoli al commercio in semplici tariffe, per poi poterle ridurre a gradi. E' la base di discussione sulla quale vole¬ vano poter spuntare gli americani e che preoccupa molto gli agricoltori europei, come appare del resto dalla pronta reazione negativa del ministro dell'Agricoltura italiano, Calogero Mannino. Tranquillizza il ministro degli Esteri, Gianni De Michelis: sono in discussione soprattutto i sussidi all'export, che riguardano l'Italia molto poco. Che il governo italiano sia stato tiepido nella difesa degli interessi europei lo smentisce del resto lo stesso presidente francese Mitterrand: «I Paesi della Cee - ha dichiarato - hanno mostrato una compattezza superiore alle aspettative». In sostanza, l'accordo raggiunto dai Sette è di avviare al Gatt una trattativa serrata che coinvolga anche le forme di sussidio americane, valutandole secondo «un comune strumento di misura». Il negoziato dovrà concludersi entro la fine dell'anno. Ma nel Paese dell'agricoltura più sussidiata, la Germania, si vota il 2 dicembre: è senz'altro certo che il cancelliere Helmut Kohl non vorrà incomodi prima di quella data. Stefano Lepri