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Ambiente Ambiente Gli americani frenano HOUSTON DAL NOSTRO INVIATO «Certo, lo sapete, anche la natura inquina». La battuta di John Sununu, capo dello staff della Casa Bianca, ricorda quella clamorosa di Ronald Reagan di un paio d'anni fa quando, stanco di ascoltare accuse contro la scarsa vocazione ambientalista della sua amministrazione, denunciò che «anche gli alberi emettono anidride carbonica». Le cose non sono molto cambiate. L'ambiente rimane una questione irrisolta, affrontarla crea evidentemente dei problemi di falsa coscienza ai Paesi inquinatori. Dopo le incoraggianti promesse del vertice dello scorso anno a Parigi, qui a Houston forse è stato fatto un passo indietro, certamente non ci sono i progressi. Il documento finale dedica dieci pagine all'ambiente, ed è, a causa delle sensibili divergenze tra i Sette e in particolare tra Europa e Stati Uniti, un lungo elenco di affermazioni di principio con il corollario di qualche buona intenzione come questa, sulla cui formulazione ha insistito Andreotti: «Di fronte alle minacce di danni ambientali irreversibili - si legge nel testo - la mancanza di certezze scientifiche non ci esime dal rinviare iniziative di per sé ampiamente giustificate». Dice il presidente del Consiglio: «Abbiamo stabilito che non è possibile attendere di avere tutti i dati scientifici per agire, perché potremmo trovarci a decidere in modo postumo». Fatti concreti pochi, insufficienti per poter pensare a una reale svolta nella politica di tutela del Pianeta da parte dei maggiori inquinatori. L'unica novità di rilievo è la promessa di aiuti finanziari al Brasile per la foresta amazzonica. L'aspetto più preoccupante, invece, è la crescente contraddizione tra i tempi rapidi di deterioramento della Terra e quelli lunghissimi delle decisioni politiche. Per più di tre ore, nella notte tra martedì e mercoledì, i ministri degli Esteri hanno limato il documento sull'ambiente, ma le discussioni non hanno prodotto alcuna intesa di rilievo e c'è la sensazione che qualcuno non sia ancora convinto della globalità del problema e della necessità di politiche complementari per conseguire obiettivi coerenti da parte di tutti. Prendiamo la questione delle emissioni gassose. Gli europei, in particolar modo la Germania, avevano sostenuto l'urgenza di fissare limiti quantitativi precisi da rispettare. Gli americani si sono opposti ricorrendo anche a toni drammatici. Sununu ha parlato di «pericoli di recessione economica» qualora gli Stati Uniti avessero dovuto rispettare standard più restrittivi. Il testo finale riflette la posizione Usa con gli europei che rinunciano a un impegno vincolante immediato. I Sette dicono di essere «impegnati a compiere sforzi congiunti per limitare le emissioni di anidride carbonica e di altri gas ad effetto serra», «sostengono» i lavori del Gruppo Intergovernativo sui cambiamenti climatici e «ribadiscono» la volontà di definire una Convenzione quadro entro il 1992. Sulla tutela della fascia d'ozono viene accolto «con favore» l'emendamento al Protocollo di Montreal per eliminare progressivamente entro il 2000 l'uso di clorofluorocarburi e per includere altre sostanze. Il documento richiama l'esigenza di «operare insieme al fine di sviluppare nuove tecnologie e metodi, atti ad integrare la conservazione dell'energia con altre misure che riducano l'anidride carbonica ed altre emissioni ad effetto serra». Sui danni ambientali connessi con la produzione di energia, i Sette elogiano l'utilizzo del nucleare come «importante elemento che contribuisce al nostro approvvigionamento energetico e può svolgere un ruolo di rilievo nella riduzione dell'aumento delle emissioni di gas». Andreotti commenta: «Noi siamo legati all'esito del referendum sul nucleare, mentre molti Paesi ritengono che il nudare sia un modo per evitare i danni all'ambiente derivanti dall'anidride carbonica e da altri inquinanti». Sulla protezione delle foreste, i Sette si sono pronunciati a favore di una collaborazione con il governo brasiliano «per contrastatare la minaccia alle foreste tropicali». Più in generale, comunque, sul problema foreste sono rimaste le divergenze tra Europa (favorevole a una convenzione vincolante) e gli Stati Uniti (che optano per un accordo non vincolante) sull'avvio di negoziati per «ridurre la deforestazione e stimolare nuove azioni in materia». Gli ecologisti, riuniti nell'Envirosummit, non sono soddisfatti. «E' chiara la mancanza di una politica e di un'azione comune - commenta Roberto Smeraldi degli Amici della Terra -. Tutte le questioni critiche rimangono senza risposta». Rinaldo Gianola

Persone citate: Andreotti, John Sununu, Rinaldo Gianola, Roberto Smeraldi, Ronald Reagan, Sununu