Napoleoni fra Marx e Cristo: un caso che merita rispetto

Napoleoni fra Marx e Cristo: un caso che merita rispetto ': ;V:::':::::;':;:::::::::-:-::.-::;-x-: AL DIRETTORE Napoleoni fra Marx e Cristo: un caso che merita rispetto Comunista fino all'ultimo L'articolo di Mauro Anselmo pubblicato su La Stampa dell'8 luglio è un esempio di quel degrado dell'informazione, non solo politica ma anche culturale, che affligge i nostri quotidiani, e da cui speravo che La Stampa fosse immune. Non si tratta soltanto delle numerose inesattezze (...). Per citarne soltanto tre fra le tante: Napoleoni non insegnò a Torino Storia delle dottrine politiche, ma semmai Politica economica (dall'anno accademico 1970-71) e Storia delle dottrine economiche (dal seguente). Napoleoni non scrisse a Del Noce per pregarlo di mandargli II problema dell'ateismo (raccolta di scritti che ben conosceva) ma semmai Riforma cattolica e filosofia moderna e II suicidio della rivoluzione. Kon si può etichettare Napoleoni come economista pei (come fate nel titolo), attribuendogli una affiliazione partitica da cui l'economista si distaccò nel '50, per mantenere poi sempre una posizione indipendente. Vi è anche nella vostra pagina un più generale tono scandalistico, alla ricerca del «caso», anche a costo di forzare i fatti; un tono che non viene per nulla attenuato dalla parziale presa di distanza di Mauro Anselmo. T3^.*.^iViA A nnmimniia cui //TYlQY*vì_ sta tornato a Dio», e sull'onda del pettegolezzo culturale, che l'articolo viene costruito. A partire da quel «conversione» sparato in stampatello all'inizio dell'articolo, e ripreso nel titolo. Termine del tutto inappropriato per chi, come si ricava più oltre nell'articolo stesso, era stato credente dai primi Anni 50, certamente con oscillazioni. E' di conseguenza sbagliato scrivere, come fate dire alla coordinatrice organizzativa del Fondo Napoleoni, Maria Grazia Dandini, che Napoleoni non fosse mai stato ateo convinto: lo fu, almeno fino al '50 (...). Basterebbe, in ogni caso, leg¬ gere la lettera a Del Noce, anche nei pochi e poveri stralci che ne ha dato II Sabato e che voi riprendete, per rendersi conto che alla riflessione sulla laicità della politica lo condussero difficoltà analitiche e politiche di chi era, e volle rimanere, marxista e comunista fino alla fine. Non tardive conversioni o improvvise illuminazioni. E neanche credo umane paure della morte (...). Ma certo, è molto più facile scrivere che colpito dalla malattia «Napoleoni prende una decisione: passa un prete, lui scatta, lo blocca, lo convince a ritirarsi a quattr'occhi in una stanza dove i due parlano a lungo» (...). E' più facile dimenticare, nel libro curato da La Valle di cui molti parlano ma che pochi forse hanno letto, queste frasi, che Napoleoni pronunciò pubblicamente negli stessi mesi in cui rifletteva sulla laicità della politica, su Rodano e su Tommaso d'Aquino: «Io credo che il processo storico sia giunto ad un punto in cui una definizione in positivo di questa uscita (dal capitalismo) possa essere data... in modo che questa questione, ma perciò la stessa tradizione del marxismo, possa essere ripresa senza paura di nessuno, senza che nessuno abbia gli strumenti concettuali per poterla contestare». E proseguiva coerentemente sostenendo che era proprio per questo nodo di questioni teoriche e politiche che occorreva dirsi comunisti. E' molto più facile scrivere che per Napoleoni la teoria di Marx è falsa: mentre l'economista si riferisce più limitatamente agli aspetti economici della teoria del valore-lavoro, ed ha sempre pensato che senza Marx non sapremmo nulla della nostra società. E' molto più facile far credere ad un comunista che abiura. Il rispetto che merita una figura come Napoleoni dovrebbe indurre ad interrogarsi su come aspetti così diversi come il suo originale marxismo e la rimessa in questione della laicità della politica siano stati compensati nell'ultima sua riflessione. Che si condivida o meno la posizione di Napoleoni, essa soli più alla curiosità e al dubb. ua ricerca che al sensaziona^mo della cronaca. Riccardo Bellofiore, Torino del Comitato Scientifico rlfil Fnnrln Nanolenni E' «degrado dell'informazione» l'aver raccontato il dramma intellettuale e umano di Napoleoni davanti alla morte? Un dramma che, come viene sottolineato chiaramente nell'articolo, «non va etichettato e merita rispetto». Le mie «numerose inesattezze» si riducono in realtà a una sola: nell'anno accademico '70'71, all'università di Torino, Napoleoni insegnò Politica Economica e non Storia delle Dottrine Politiche. A proposito del libro chiesto da Napoleoni al filosofo Augusto Del Noce, la signora Dandini e la signora Sala, le due donne che, in epoche diverse, sono state vicine all'economista, mi hanno risposto che Napoleoni aveva chiesto un volume «ormai introvabile in libreria». L'unico libro introvabile di Del Noce come tutti i lettori del filosofo sanno - è II problema dell'ateismo, che sarà ristampato in autunno dal Mulino. Bellofiore aggiunge che Napoleoni «fu ateo almeno fino al '50». Come fa a dirlo? Che ne sa? Napoleoni svelò forse a lui i segreti moti della sua coscienza? [m. au.] Andremo a caccia di fotografie Perché gli ambientalisti si preoccupano ancora tanto della caccia? I cacciatori sono in estinzione. Sono pochissimi i giovani che si dedicano alla caccia andando a sparare a passeri e taccole. Preferiscono la discoteca, e inoltre nelle scuole insegnanti e libri sono contro la pratica della uccisione di animali e la salvaguardia dell'ambiente in genere. Se la immaginano i cacciatori un'antologia dove ci siano brani che illustrino come una fucilata può spappolare un cardellino? Si ha una idea di quanti «sì» ci sarebbero stati in più ai referendum se avessero potuto votare i bambini delle scuole elementari e medie inferiori e superiori? Insomma tutta una generazione che, arrivata alla maggiore età, non imbraccerà mai un fucile da caccia. Preferiranno scattare fotografie. L'uomo nella preistoria è stato prima raccoglitore, poi cacciatore, quindi agricoltore. Ed è stato anche cannibale. Cannibali non lo siamo più, cacciatori non lo saremo più. Ci resterà la pratica ben più sana di andare (con moderazione) per funghi, more, cicorielle selvatiche, asparagi. O a caccia di immagini fotografiche. Vittorio Stagnani, Bari

Luoghi citati: Bari, Torino