Violenza etnica, nuova imputazione di Amnesty all'Urss di Andrea Di Robilant

Violenza etnica, nuova imputazione di Amnesty all'Urss Il maggior numero di violazioni dei diritti umani è legato all'esplosione delle rivalità nazionalistiche Violenza etnica, nuova imputazione di Amnesty all'Urss Anche l'Italia sotto accusa per iprocessi lunghi e le angherie sugli obiettori ROMA. Le esplosioni etniche degli ultimi mesi in Urss e in altre zone «calde» del pianeta hanno provocato, secondo Amnesty International, un improvviso aumento delle violazioni dei diritti umani. «Migliaia di persone appartenenti a minoranze etniche sono state arrestate, torturate e uccise dai governi nel tentativo di reprimere le tensioni e le rivolte nazionaliste», dice il rapporto annuale di Amnesty, presentato ieri nelle principali capitali occidentali. Il 1989 e i primi mesi del 1990 hanno visto le tensioni internazionali drasticamente allentarsi. In compenso, le rivalità interetniche sono aumentate. «Quanto di buono è accaduto nel 1989», ha commentato Amedeo Flachi, presidente della sezione italiana di Amnesty International, «non deve farci dimenticare che il numero dei Paesi citati nel rapporto quest'anno è superiore a quello dell'anno precedente (138 contro 135, ndr)». Secondo il rapporto, «intere comunità sono state sottoposte a rastrellamenti ed uccisioni indiscriminate. Attivisti che difendevano i diritti delle popolazioni indigene sono "scomparsi" ed alcuni tra i più importanti leader indipendentisti sono stati arrestati e torturati». Amedeo Flachi ha detto che proprio l'esplosione delle rivalità etniche rischia di diventare la principale fonte di violazioni dei diritti umani negli Anni Novanta. Amnesty International riconosce che spesso sono proprio le minoranze etniche e i gruppi nazionalisti che rivendicano i loro diritti in modo violento. «Ma non per questo — dice il rapporto - i governi si possono sentire in diritto di ricorrere a gravi violazioni dei diritti umani in nome della sicurezza nazionale e del rispetto dell'ordine pubblico. Esistono norme internazionali che vanno rispettate a prescindere dalle circostanze». Nel 1989, le esplosioni interetniche sono state particolarmente numerose in Unione Sovietica. «Le autorità hanno reagito con violenza a manifestazioni pacifiche in Armenia, Azerbaigian, Bielorussia e Moldavia», dice il rapporto. A Tbilisi, capitale della Georgia, 20 persone sono rimaste uccise in aprile quando le forze dell'ordine hanno cercato di disperdere una manifestazione; altre tremila sono state colpite dai gas impiegati per reprimere la folla. In Ucraina lo scorso ottobre un migliaio di persone che protestavano pacificamente contro l'interruzione di un festival folkloristico sono state caricate dalla polizia. Decine di ma¬ nifestanti, tra cui anziani e bambini, sono finiti in ospedale. Il rapporto di Amnesty International segnala nuove violazioni dei diritti umani provocate da scontri etnici in Jugoslavia, Romania e in Cina, dove l'esercito è intervenuto contro manifestazioni pacifiche dei tibetani. E la situazione sta peggiorando in quei Paesi dove da anni ormai si assiste a scontri interetnici: Mauritania, Burundi, Turchia, Iraq, Guatemala, Brasile, Sri Lanka, i Territori occupati da Israele e i Paesi del Corno d'Africa. Come ogni anno, il rapporto contiene anche un breve capitolo sull'Italia. E questa volta il giudizio di Amnesty International è meno severo che in passato. Si prende atto dell'introduzione del nuovo codice di procedura penale e della sentenza con la quale la Corte Co¬ stituzionale ha ridotto il periodo di servizio civile a 12 mesi, come il servizio militare. Ma l'assoluzione rimane comunque lontana: «Permangono ritardi e lungaggini ingiustificati nei processi politici e sono stati segnalati vari episodi di violenza da parte della polizia carceraria sui quali non si è ancora indagato a fondo». Il rapporto si sofferma in particolare sul caso degli obiettori di coscienza totali, che rifiutano di fare sia il servizio militare che quello civile. Il rapporto, citando fonti del ministero della Difesa, dice che a luglio dell'anno scorso 532 obiettori totali — quasi tutti testimoni di Geova — erano detenuti in carceri militari. Il portavoce del ministero della Difesa ha precisato ieri che il numero di obiettori detenuti nel frattempo è sceso a 89. Andrea di Robilant

Persone citate: Amedeo Flachi