Siena folgorata dai colori di Beccafumi

Siena folgorata dai colori di Beccafumi Quaranta capolavori (e 150 opere e bozzetti di contemporanei) raccontano l'artista e il suo tempo Siena folgorata dai colori di Beccafumi Genio del '500 tra le seduzioni di Michelangelo e Raffaello 1| SIENA ■ INIZIO è come quello di Giotto: disegni su pietre i o sulla sabbia di un fiu—LI micelio con un bastone appuntito, mentre sorveglia le pecore. Poi l'incontro con il mecenate, padrone del podere, Lorenzo Beccafumi, che lo vede disegnare e propone al padre di portarlo con sé a Siena, per metterlo a bottega da un pittore e fargli imparare il mestiere. Un cliché efficace, scovato nel '500 da Giorgio Vasari, amico e contemporaneo, per elevare al livello del grande fiorentino un altro genio, Domenico di Giacomo di Pace, detto Beccafumi, in onore appunto di Lorenzo, e «Mecherino» per la piccola statura. Ma se anche per il pastorello le cose non fossero andate così, la trovata coglie nel segno. Lo si pensa rivedendo una quarantina di capolavori nella suggestiva chiesa di Sant'Agostino. Le grandi pale, con quadri più piccoli, brillano livide e infuocate sugli altari, proponendo visioni paradisiache e infernali di grande libertà espressiva. Molte sono senesi, altre arrivano da collezioni e musei italiani e stranieri, qualcuna inedita come l'appena scoperta Madonna di Orvieto del 1546-48 o mai esposta in Italia come il Matrimonio di Santa Caterina dell'Ermitage di Leningrado. Con altri cinquanta tra dipinti e sculture di contemporanei, raccolti nella stessa chiesa (sino al 4 novembre) e un centinaio di disegni, bozzetti, incisioni in Pinacoteca (sino al 16 settembre) raccontano «Beccafumi e il suo tempo» (catàlogo Electa). Nato nel 1484 a Montaperti da una famiglia di contadini, morto a Siena nel 1551, Beccafumi, pittore, scultore, grafico, appare in tutto l'avvincente percorso, dalla giovinezza, ricostruita con nuove testimonianze all'ultimo folgorante periodo, attraverso le tappe a Roma, Genova e Pisa. La prima opera, del 1513, il trittico con la Trinità e quattro Santi, spicca all'ingresso della chiesa. Con l'originaria cornice, decorata a grottesche dal ventinovenne pittore, era stato eseguito a Siena, dopo il viaggio romano, insieme con gli affreschi (oggi frammentari) per la cappella del Manto dell'ospedale di Santa Maria della Scala, nell'ambito della ristrutturazione voluta da Pandolfo Petrucci. Rivela una cultura fondamentalmente toscana (Mariotto Albertinelli, Raffaello, Leonardo) appena sfiorata dalle novità romane di Michelangelo e del Sanzio, e un carattere sperimentale ed eccentrico nel luminismo artificiale, nelle figure allungate, nel taglio, negli scorci e nelle pose. E' l'opera di un artista esperto: Beccafumi del resto non è più un ragazzo. «Pittore» nel 1507 secondo un nuovo documento, ha alle spalle due anni di attività, che la mostra rappresenta con alcune tavole, come la delicata Madonna col Bambino e San Giovannino, del 1507-8, e quattro curiose testate di «cataletto» (bara) con S. Agostino, S. Galgano, S. Paolo, Cristo di Pietà. Riconducono al vivace ambiente senese, che vede Signorelli, Pinturicchio, Perugino - artisti della vecchia generazione - confrontarsi con la nuova del Sodoma e del Genga e con le novità fiorentine di Michelangelo, Raffaello, Fra Bartolomeo, Piero di Cosimo. Del primo viaggio romano, forse dal 1510 al '12, per vedere «la cappella di Michelangelo e l'opere di Raffaello d'Urbino» parla Vasari, che ricorda anche la sistemazione presso un oscuro pittore e lo studio di «statue e pili antichi»-. L'approccio con la Sistina (nel 1511 parzialmente scoperta) e con la Stanza della Segnatura di Raffaello (in quell'anno terminata) è timido. Lo dimostrano non solo la Trinità, ma le opere dal 1513 al '18, in bilico tra classicismo ed anticlassicismo, ancora legate all'equilibrio compositivo del fiorentino Fra Bartolomeo, ma già simpatizzanti per le nuove cromie di Michelangelo e i modi della cerchia romana di Raffaello (Peruzzi, Sodoma, Lotto, Bramantino) sino alle estrosità di Aspertini. Gli effetti vicini a Rosso, Bontormo, e allo spagnolo Berruguete. Dai due pannelli di predella con Storie di S. Caterina di un dipinto non identificato alla delicata Adorazione del Bambino di Pesaro, dalle dolci e trasognate Madonne della Pinacoteca alle grandi pale d'altare: le Stigmate di S. Caterina per il distrutto monastero di San Benedetto, del 1514-15, il San Paolo in cattedra del Museo dell'Opera, in origine nella cappella della Mercanzia, definito «bellissimo» da Vasari, e lo Sposalizio mistico di S. Caterina di Leningrado, del 1518, restituito al pittore da Berenson nel 1932. Opere vicine agli affreschi dell'Oratorio di San Bernardino, appena restaurato: lo Sposalizio della Vergine del 1517 e il più tardo, ancora enigmatico Transito della Vergine, due prove importanti del Beccafumi accanto a quelle dei migliori artisti della città, Sodoma e Girolamo del Pacchia. La prima grossa svolta avviene con il secondo viaggio romano, che la critica pone intorno al 1519, quando il pittore, che ha casa e bottega in via dei Maestri, sta già lavorando ai cartoni per il pavimento del Duomo della sua città. Non si spiegherebbero infatti, senza la visione diretta delle ultime novità delle Stanze, della Farnesina e Sistina, le im¬ magini sorprendenti che sfilano, con nuove scatenate accensioni cromatiche e forme libere, spregiudicate: la superba Natività, della chiesa di S. Martino, del 1522, una scena archeologica tra luci e ombre, angeli volanti e un'elegante madonna che tradu¬ ce in modo estroso esempi di Raffaello (Madonna del diadema, ad esempio). Un'opera che scuote la Siena degli Anni 20, capace di far apparire attardata anche la cultura di Sodoma. Ancora più choccante — oggi come allora — San Michele che scaccia gli angeli ribelli, un capolavoro dipinto intorno al 1524 per la chiesa del Cannine, ma non finito (lasciato «imperfetto»): una «pioggia di ignudi», un miscuglio di corpi e anime di straordinaria modernità, tra luci infernali e atmosfere irreali. Intrigante e trasgressivo, era stato rifiutato dai frati, che ne ordinano un altro «più decoroso», finito nel 1528: lo vediamo, altrettanto spettacolare, accanto al primo. La forte influenza del Raffaello romano è testimoniata, in S. Agostino da tavola e miniature, e nel Palazzo Bindi Sergardi da una piccola splendida volta affrescata da Beccafumi, per il matrimonio di un membro della famiglia Venturi, con soggetti ispirati a virtù civiche e coniugali: il modello, la Loggia di Psiche della Farnesina. Emozionante: ancora l'odore del tempo. Altre tappe segnano l'intensa attività dell'artista: un ritorno al classicismo di Fra Bartolomeo, combinato alle nuove conquiste, dovuto probabilmente agli intensi scambi con Baldassarre Peruzzi, scampato a Siena dopo il Sacco di Roma del 1527. Lo suggeriscono opere come lo Sposalizio di Santa Caterina da Siena e Santi, terminata nel 1528 per la cappella Gambassi in S. Spirito: una scena di ampio respiro con le figure disposte in simmetria ai lati della Vergine in trono, resa con colori impastati di luce. O come la Natività della Vergine, del 1530, per le monache di San Paolo, un interno domestico, tranquillo e soleggiato, quasi fiammingo. Grandi successi portano l'artista tra il 1530 e il '40 a Genova su invito del Principe Doria e a Pisa chiamato dall'Opera del Duomo. L'incontro con le stravaganze di Berin del Vaga, attivo nel Palazzo genovese, produce nuovi sviluppi anticlassici nella pittura di Beccafumi, evidenti nella complessa Discesa di Cristo al Limbo del 1536, vicina alle contemporanee tavole per il Duomo di Pisa e agli affreschi della Sala del Concistoro in Palazzo Pubblico di Siena, dipinti tra 1529 e '34. Nell'ultimo decennio di attività ha buon gioco l'influenza di Michelangelo: forme e colori del fiorentino rivivono, con originali e moderne interpretazioni, nelle erotiche e fiammeggianti Madonne di Roma, Londra, Orvieto, nella appena restaurata Incoronazione della chiesa di S. Spirito e nella Annunciata di Sarteano, del 1546, sorella gentile ed elegante di quella mascolina del Giudizio. Maurizia Tazartes Domenico Beccafumi. «Adorazione del Bambino» (circa 1514, Pesaro, Museo Civic co)