Il bimbo da adottare è un adulto

Il bimbo da adattare è un adulto Il caso di un torinese vittima della lentezza e dell'insensibilità della giustizia Il bimbo da adattare è un adulto L'incerto futuro di Gino, che oggi ha 16 anni ROMA. E' un nuovo caso emblematico della lentezza della nostra giustizia. Si è dovuto attendere più di un anno solo per far battere a macchina in Cassazione una sentenza di adozione di un «bimbo» torinese, oggi sedicenne. Nonostante che la Suprema Corte avesse accolto il ricorso della madre contro il decreto di adottabilità, al «Palazzaccio» si è seguito il «normale» iter di tutte le altre sentenze emesse dalla Suprema Corte, senza tener conto che la procedura prevista dalla legge sull'adozione dell'83 prescrive tempi rapidissimi nell'interesse dei minori. Sarebbe necessario che la sorte di un bimbo in stato di adozione fosse decisa definitivamente, al massimo, entro un anno dalla presentazione .del ricorso contro il decreto di adottabilità. Chi potrà mai ripagare il danno anche psicologico subito dal figlio, oltre che dal genitore, per simili ingiustificati ritardi? Questi i fatti. Nell'ottobre '85 il tribunale dei minori di Torino, nonostante l'opposizione della madre Santa Maria Intrieri, una calabrese immigrata a Torino che viveva separata dal marito, affidò ad una famiglia il figlio Gino di 11 anni. Il ragazzo era in precedenza vissuto solo per un breve periodo di tempo a casa insieme alla mamma e alla sorella Eleonora di 16 anni. Gino aveva, infatti, trascorso 7 anni - dal '75 all'82 - in un istituto, poi era stato dato in affido temporaneo ad una famiglia, ma l'esperimento era fallito dopo pochi mesi, e così nell'85 era finito in una comunità. Si arrivò quindi, su segnalazione degli assistenti sociali, all'intervento del tribunale. Ma nella primavera dell'86 sua madre chiese di nuovo l'affidamento del figlio, sostenendo di aver trovato un lavoro che le consentiva finalmente di disporre di un maggiore tempo libero da dedicare a Gino anche con l'aiuto dell'altra figlia Eleonora. Gli educatori della comunità si opposero, però, a questa richiesta ritenendo che la donna non mostrasse un reale interesse per le esigenze del figlio che, via via, attraeva e respingeva da sé con atteggiamenti ricattatori. A loro parere la signora Intrieri non tralasciava occasione per far «pagare» al figlio i suoi contrasti con gli educatori della comunità, ponendolo in una situazione di continuo conflitto. Occorreva, quindi, ridurre ulteriormente gli incontri tra la madre e il figlio. Sulla base di queste informazioni il tribunale per i minori iniziò il procedimento per accertare lo stato di adottabilità del ragazzo. La madre si oppose affermando che il ricovero temporaneo del figlio in istituto era dovuto esclusivamente agli impegni di lavoro. La donna negò i maltrattamenti, i ricatti morali, il disinteresse per Gino sottolineando di averlo sempre curato e seguito anche in istituto. Interrogato dal giudice, Gino dichiarò di star bene in comunità, ma anche di voler tornare a casa. Il servizio di neuropsichiatria informò, invece, che il ragazzo faceva ormai grande affidamento sulla possibilità di essere accolto da una coppia conosciuta nell'estate dell'86 cui si era molto affezionato, mentre si sentiva sempre più distaccato dalla madre. Nel marzo '87 il tribunale dichiarò lo stato di adottabilità. La sentenza fu impugnata dalla Intrieri. Ma, esattamente un anno dopo, il 16 marzo '88, la Corte d'appello sezione minorenni confermò il verdetto di primo grado. La madre, però, presentò ricorso. E il 19 dicembre '88 la prima sezione civile della Cassazione lo accolse disponendo un nuovo giudizio di appello a Torino. La sentenza è divenuta ufficiale solo il 23 aprile '90, cioè un anno e 4 mesi dopo, quando è stata finalmente depositata in cancelleria la tanto sospirata motivazione. Nel nuovo giudizio la Corte d'appello dovrà rinnovare totalmente l'indagine sul preteso stato di abbandono del figlio da parte della madre. E la Intrieri avrà anche diritto di fornire prove testimoniali per smentire gli episodi riferiti dagli assistenti sociali. [p. 1. f.]

Persone citate: Intrieri

Luoghi citati: Roma, Torino