I tumori dimenticati di Daniela Daniele

I tumori dimenticati Solo una minima parte vengono indennizzati dall'Inail I tumori dimenticati Nascono sul posto di lavoro C'è un dibattito che va avanti da tempo sulle riviste scientifiche. E vale la pena di sollevarlo anche per il grande pubblico: nel nostro Paese si dovrebbe andare «alla ricerca dei tumori perduti». Su una stima prevista di circa 2600 neoplasie all'anno, dovute a lavorazioni pericolose, soltanto una minima parte di malati, dai 30 ai 40, viene indennizzata dall'Inail. E tutti gli altri? Il problema era stato sollevato dal professor Gaffuri, dell'Istituto di Medicina del Lavoro del Policlinico Borgo Roma, a Verona. «Il tasso dei tumori da causa professionale nel 1983 - scriveva, tra l'altro, il medico - è stimato pari al 2%, nella "Relazione sullo stato sanitario del Paese, 1982-83". I morti per tutti i tumori in Italia, sempre nell'83, sono 129.949». Pertanto i tumori professionali dovrebbero essere, appunto, circa 2600. Dove sono, allora, le cause della clamorosa differenza tra questi ultimi e quelli denunciati e risarciti dall'Inail? Ma ecco i dati riferiti agli anni successivi: nell'84 l'ente assicuratore ha «pagato» i danni a 30 colpiti da tumore professionale; nell'85 a 25; nell'86 a 16; nell'87 a 39. E, dal punto di vista penale, come stanno le cose? Le sentenze a tutt'oggi emanate dalla Cassazione in materia di malattie dovute a professioni sono 34 e soltanto 2 ri¬ guardano patologie tumorali. Il pretore Raffaele Guariniello ha offerto il proprio contributo al dibattito sulla stampa scientifica con alcuni dati: «Di certo non è facile, in taluni casi, dimostrare l'associazione lavoro-neoplasia. Ma ci sono, sicuramente, tumori dovuti ad una sola causa, che non lasciano dubbi. Parliamo, ad esempio, dei mesoteliomi della pleura o del peritoneo (esposizioni all'amianto); degli angiosarcomi del fegato (cloruro di vinile); degli adenocarcinomi dei seni paranasali (lavorazione del legno e del cuoio); di alcuni tipi di leucemia (in lavoratori esposti a benzene)». Ai rischi di certe lavorazioni, però, se ne possono aggiungere altri: fumo, alcol, cattiva alimentazione, inquinamento, ecc. E', dunque, vero che non è possibile fare distinzioni nette? Risposte del genere sono giudicate dal pretore troppo drastiche. «Diventa, invece, indispensabile - continua - la sorveglianza epidemiologica dei soggetti esposti a rischio». «La ragionevole certezza del nesso causale tra lavorazione e tumore è indispensabile, inoltre, al giudice per affermare la responsabilità penale, ma non al medico per fare referto all'autorità giudiziaria, come la legge prevede. Però è molto raro che questo accada». Dunque, ancora una volta sotto accusa sarebbero i medici che, in troppi casi, ometterebbero di segnalare casi sospetti. «Il dibattito - osserva in una lettera Lorenzo Simonato, dell'International Agency for Research on Cancer di Lyon - mette in luce una carenza che dovrebbe al più presto stimolare le autorità preposte all'indennizzo delle malattie professionali, i medici del lavoro e i medici legali ad affrontare il problema con mezzi più efficaci». Ma quando un lavoratore si ammala, cerca, generalmente, le prime cure dal proprio medico di famiglia. E questi ben raramente, una volta diagnosticato il cancro, si mette a fare indagini sul paziente, sulla vita lavorativa, sulle abitudini. Soprattutto se il malato è in pen¬ sione da tempo—E-Francesco Candura, direttore dell'Istituto di Medicina del Lavoro di Pavia e presidente della Società Italiana Medicina del Lavoro e Igiene Industriale, osserva, tra l'altro, che nelle cartelle cliniche in uso presso importanti strutture italiane e straniere di diagnosi e cura dei tumori non sia predisposto neppure il più piccolo spazio per l'anamnesi lavorativa. «Del resto - aggiunge - la circostanza trova riscontro nel fatto che nella nostra trattatistica oncologica i fattori professionali non sempre sono considerati con il dovuto rilievo». Al coro s'unisce anche il Servizio di Epidemiologia dei tumori dell'Ente Convenzionato Università di Torino, diretto dal professor Benedetto Terracini. Si arriva alla conclusione che «il numero dei tumori dovuti a causa professionale sia nell'ordine delle migliaia piuttosto che delle decine». Ma dietro alla freddezza delle cifre si nascondono drammi di famiglie che al dolore per la malattia (e spesso la morte) di un congiunto devono sommare difficoltà economiche dovute alle ingenti spese per le cure e, nei casi estremi, l'improvvisa mancanza di quella che, quasi sempre, è l'unica fonte di sostentamento familiare: il lavoro. Daniela Daniele Raffaele Guariniello

Persone citate: Benedetto Terracini, Francesco Candura, Gaffuri, Lorenzo Simonato, Lyon, Raffaele Guariniello

Luoghi citati: Italia, Pavia, Torino, Verona