Il più prezioso non ha mai suonato di Sandro Cappelletto

Il più prezioso non ha mai suonatoIl più prezioso non ha mai suonato LO Stradivari più prezioso nessuno l'ha sentito suonare. Da 50 anni riposa nella sua teca di vetro all'Ashmoleam Museum di Oxford e nemmeno le celebrazioni per il 250° anniversario della morte del grande liutaio, nel 1987, lo hanno risvegliato. Fu Arthur Frederik Hill, della antica dinastia di liutai e collezionisti inglesi, a portarlo lì, temendo che i bombardamenti nazisti su Londra potessero distruggere il gioiello più prezioso e misterioso: il «Messiah» Stradivari del periodo d'oro. Ceduto, dopo la morte di Antonio, dai figli Francesco e Omobono: non avevano un'unghia del talento del padre, ma erano astuti commercianti e per anni centellinarono le vendite, facendo così salire le quotazioni. Ma fu irresistibile l'offerta del conte Ignazio Cozio di Salabue che nel suo castello di Casale Monferrato, in un maniacale progetto di duplicazione, trasferì non solo gli ultimi strumenti, ma anche tutti gli attrezzi della bottega di Cremona, per continuare a fabbricare violini perfetti: il primo di una serie ininterrotta di imitatori e falsari. Poi, siamo alla fine del '700, arrivano la Rivoluzione ed i francesi e l'anziano conte vende tutto, nel timore di una confisca. Il violino riappare a Milano, ad un'asta privata, alla presenza di Paganini che lo tocca, lo prova, lo vuole comprare, ma la sua offerta viene surclassata da quella di Luigi Tarisio, un commerciante ricchissimo ed ipocondriaco di Fontaneto Po. Compra l'intera collezione Salabue e nasconde quel violino nella cascina di campagna delle sorelle, in un vecchio mobile del fienile. Vive vendendo e comprando violini, viole e violoncelli, ma conclude ogni affare decantando la perfezione di quello strumento nascosto. «Ma insomma - gli dice un giorno a Parigi il collezionista JeanBaptiste Vuillaume - questo tuo violino è come il Messia degli ebrei: non arriva mai». Nessuno gli toglierà quel nome. Tarisio viene trovato morto in una soffitta di via Legnano, a Milano. La sua tomba sono 150 strumenti preziosi - Stradivari, GuadagniI ni, Amati, Guarneri del Gesù 1 - raccolti in una vita di traffi¬ LA STORIA ci e di viaggi. Ma il «Messiah» non c'è. Vuillaume rintraccia le sorelle, scova finalmente il gioiello, lo compra, portandolo a Parigi. Per paura dei ladri lo nasconde nel posto più impensabile, al centro della vetrina del suo negozio. Da lì esce solo quando lo acquista Jean-Delphin Alard, il più celebre violinista francese del secondo Ottocento, maestro di Sarasate. Ma non farà in tempo a suonarlo in pubblico. E a questo punto entrano in scena gli inglesi Hill, che riescono a comprarlo dalla vedova Alard. E la storia finisce, per ora. Ma ogni grande Stradivari ha vicende degne di essere raccontate. Così come ognuno dei circa 500 strumenti oggi ancora esistenti, superstiti dei 1100 usciti dalla bottega di Cremona tra autentici e falsi abilmente contraffatti dai figli, ha un nome proprio, indispensabile per ricostruirne la storia ed i proprietari e per fissarne la quotazione: l'ex-Francescatti, l'ex-Joachim, l'ex-SaintExupèry... Perché un grande strumento non è soltanto un pezzo di legno ben lavorato e ben verniciato, ma un organismo che trattiene l'eco di chi lo suona. «Quando ho suonato per la prima volta con il violino che era appartenuto a Zino Francescatti racconta Salvatore Accardo al termine del concerto si avvicinò un anziano spettatore in lacrime. Mi ringraziò, perché quella sera aveva riascoltato il suono di quel grande violinista. Lo stesso suono, ripetè. Ed io capii come quello strumento custodisse ancora l'anima di Francescatti, che lo aveva posseduto per trent'anni». Ma, è il consiglio di tutti i maggiori interpreti, lo strumento prezioso non è indispensabile e, comunque, rappresenta un punto d'arrivo. Si può benissimo cominciare con un violino di fabbrica, ne esistono di ottimi. Aveva nove anni ed un violino qualsiasi Itzhak Perlman quando Yehudi Menuhin lo ascoltò a Tel Aviv e decise di portarlo con sé alla Juillard School di New York. Oggi Perlman possiede uno Stradivari ed un Guarneri: «Mi piace cambiarli», dice. «Loro sono gli strumenti, ma chi suona sono io e non voglio esserne schiavo». Lasciamo le manie ai collezionisti, o ai ladri. Sandro Cappelletto tto |