Che grande rivincita di B. B.

Che grande rivincita Che grande rivincita Caniggia soddisfatto di se stesso «Ma che peccato saltar la finale» ROMA DAL NOSTRO INVIATO Due gol mondiali, pesantissimi per l'Argentina, contro Brasile e Italia, annullati da due cartellini gialli, il secondo per un banale fallo di mano: e così Claudio Paul Caniggia, squalificato, vedrà dalla tribuna la finalissima. «Mi spiace moltissimo perché sentivo, sin dalla vigilia, che questo era il mio mondiale», sospira il «Garrincha» di Henderson, provincia di Buenos Aires, cresciuto nel River Piate e meglio conosciuto in Italia come «il figlio del vento». Il suo grande sponsor è stato Maradona. «E' un fenomeno, sarà la grande rivelazione di Roma '90: quando innesta il turbo non lo ferma nessuno e noi facciamo fatica a seguirlo e gli diciamo di crossare all'indietro, altrimenti non arriviamo in tempo», ripeteva da alcuni mesi Dieguito. Bilardo ha sempre apprezzato le capacità tecniche di Caniggia ma era perplesso sulla maturità dell'uomo. Al punto da inviare un «tutore», il prof. Echevarria, preparatore atletico della Selecion, a Bergamo per controllare la vita privata del biondo attaccante dell'Atalanta. Forse erano state certe storie veronesi ad indurre Bilardo ad una simile decisione. A Bergamo, dove convive con la fidanzata Mariana, Caniggia è stato irreprensibile anche se gli piace vivere la sua età: è giovane, ha ventitré anni e mezzo. Nel dicembre scorso, in occasione dell'amichevole con gli azzurri a Cagliari, Bilardo gli preferì Dezotti. Ma Caniggia non si rassegnò e, anche quando con il Camerun finì in panchina, seppe controllarsi, evitare inutili polemiche, ed aspettare il suo momento. Che arrivò nella ripresa e, malgrado la clamorosa sconfitta dei «campeo nes», è continuato. Alla sua prima stagione italiana venne etichettato come un «mangiagol», appena tre reti in 21 partite, ma con l'Atalanta ne ha segnati otto in 30 giornate di campionato. «Non ho mai capito certe critiche veronesi: a Bergamo la gente mi vuole bene», protesta. Anche in questo mondiale, ne ha falliti un paio: con la Romania e contro la stessa Italia, pochi minuti prima di pareggiare il conto con Totò. «Ho fatto vedere - dice orgogliosamente Caniggia -, di essere un buon giocatore. Una rivincita. Ho sempre avuto fiducia in me stesso. Adesso gli italiani si saranno convinti che non sono venuto a fare il turista. A Verona ebbi la sfortuna di fratturai mi una gamba. A Bergamo è andata meglio». Il gol che mise ko il Brasile e quello di testa che ha infranto l'imbattibilità di Zenga hanno rilanciato le sue quotazioni e quelle dell'Argentina. Il segreto? «Siamo un gruppo molto unito», risponde. Poi aggiunge: «Se prima della partita con l'Italia potevamo ess-- ■? considerati fortunati, dopo a successo, sia pure ai rigori, con gli azzurri, abbiamo dimostrato di essere anche una squadra forte. A questo punto, malgrado i quattro squalificati, nessuno ci vieta di sognare il titolo». E' stato più importante Maradona con il suo carisma, o Caniggia con i suoi due gol decisivi? «Qui siamo in 22, Bilardo ne ha già utilizzati 20. E' l'Argentina che va avanti». Sulle accuse di Zenga, che sostiene di essere stato insultato dai giocatori argentini (in particolare dagli «italiani») nel sottopassaggio dopo la lotteria dei rigori, Caniggia cade dalle nuvole: «Io non ho scambiato una parola con lui. E mi sembra strano che un giocatore così intelligente dica certe cose». [b. b.]