Dezotti con Caniggia: e via in contropiede

Dezotti con Caniggia: e via in contropiede Dezotti con Caniggia: e via in contropiede «Quel rigore decisivo con laJugoslavia poteva rovinarmi» NAPOLI DAL NOSTRO INVIATO La prossima stagione giocherà probabilmente in Serie B, ancora nella Cremonese, a meno che il Mondiale gli regali un ingaggio in un club della massima divisione, l'uomo sul quale Carlos Bilardo punta, stasera al San Paolo, per violare l'imbattibilità di Walter Zenga e spingere l'Argentina verso la finalissima dell'8 luglio all'Olimpico. Si chiama Gustavo Abel Dezotti ed è nato a Montebuey, in provincia di Buenos Aires, ventisei anni fa. La Lazio acquistò Dezotti nella stagione '88-89 dal Newell's Old Boys. A Roma non riuscì a sfondare (29 partite, 3 gol): con Materazzi non ha mai legato per ragioni tattiche poiché era costretto a frequenti ripiegamenti. E, in provincia, nella Cremonese ha ritrovato la vena del goleador (13 centri) anche se le sue reti non hanno evitato la retrocessione. Proprio le imprese compiute nell'ultimo campionato avevano indotto Bilardo a promuovere Dezotti nella Selección che pareggiò 0-0 a Cagliari con l'Italia nel dicembre scorso. Pur di far giocare Dezotti, il et biancoceleste era arrivato ad inventare Balbo come laterale volante. Ma le tre palle-gol, tutte procurategli da invitanti assist Maradona, maldestramente sprecate da Dezotti a Tel Aviv nella vittoriosa partita con Israele, tappa voluta da Bilardo e Dieguito nel cammino della fede e della scaramanzia verso Roma '90, gli costarono il posto da titolare. Finì addirittura fuori dalla rosa dei sedici con il Camerun, per tornare poi in panchina nelle altre partite. Bilardo lo fece debuttare nel Mondiale con la Romania, a Napoli, nell'ultima mezz'ora al posto di Burrucha¬ ga e l'ha ributtato nella mischia a Firenze, all'87', in luogo di Calderón. E Dezotti ha ricambiato la fiducia segnando il rigore del 3-2 con la Jugoslavia, anche se sono state le due parate di Goycoechea a tenere in corsa l'Argentina. Quel rigore, la freschezza di Dezotti e la sua perfetta conoscenza dei difensori italiani hanno determinato la scelta di Bilardo. «Su quel rigore - confessa Dezotti - mi giocavo tutto, potevo rovinarmi la carriera. Ero talmente carico e arrabbiato che ho fatto una cosa da incosciente. Mentre piovevano i fischi, ho preso una rincorsa lunga per calciare di potenza, per spaccare la porta, poi all'improvviso ho pensato che fosse meglio piazzarla, metterla nell'angolo. Ho cambiato idea in corsa. E questa palla, lenta, ci ha impiegato una vita ad entrare. Però è entrata. Mi sono voltato e ho visto i compagni che saltavano. Scena diversa, rispetto a quella di poco prima, quando il tiro di Troglio, dopo il rigore parato da Ivkovic a Maradona, s'era stampato sul palo». Dezotti non si sente appagato. «Non è vero che siamo già soddisfatti di essere tra le prime quattro migliori del mondo, vogliamo battere anche l'Italia: possiamo fare una grossa impresa pur sapendo che dobbiamo battere i padroni di casa, ma siamo abituati da quattro anni a giocare in trasferta», dice l'attaccante. A Napoli, però, l'ambiente non sarà ostile come a Milano, Torino e Firenze: «Forse è per invidia, perché non hanno un Maradona in mezzo al campo. Almeno i napoletani ci rispetteranno e ci lasceranno cantare il nostro inno, senza il sottofondo di fischi che ci ha accompagnato dappertutto». Ricorda i problemi che ha avuto la Selección, dagli infor¬ tuni all'affiatamento tra giocatori sparsi in mezzo mondo: «Volete un esempio? Comizzo non lo conoscevo e abbiamo scambiato le prime parole in ritiro a Trigoria». Ritiene che l'Argentina sia al 70 per cento del suo potenziale ma che abbia un margine di miglioramento: «Siamo rimasti gli unici a difendere il prestigio del Sud America. Cercheremo di smentire la legge che vede sempre in difficoltà le squadre sudamericane nei Mondiali europei». E si appella alla fortuna: «Ce n'è bisogno anche se tutti dicono che noi ne abbiamo già avuta troppa. Per vincere un titolo non sempre sono sufficienti le capacità tecniche. L'Italia ha il gol difficile però ha anche la difesa imbattuta. Non c'è un favorito. E' un derby come Brasile-Argentina. Però noi non abbiamo nulla da perdere. E invecel'Italia sì che ha qualcosa da perdere». [b. b.] MARADONA AL SAN PAOLO PIÙ DI MEZZO GOL A PARTITA