«Nessun parente povero in Europa» di Franco Pantarelli

Bush agli alleati Nato Armi nucleari in Europa solo come deterrente Tramonta la «risposta flessibile» Bush agli alleati Nato Armi nucleari in Europa solo come deterrente WASHINGTON NOSTRO SERVIZIO Più apparente che reale, più spettacolare che sostanziale la proposta di George Bush di cambiare la dottrina della Nato? Stando al modo in cui i giornali americani hanno diffuso la notizia (e stando al gioco delle indiscrezioni, questa volta più caotico che mai) si direbbe di sì..Il Presidente - è l'idea che si è diffusa in America - sta in realtà cercando di mettere le mani avanti per evitare che gli alleati europei, al vertice della Nato che si terrà a Londra giovedì e venerdì prossimi, si spingano troppo lontano. La proposta, da lui avanzata, di cambiare la dottrina su cui la teoria militare della Nato si è retta per decenni consiste in pratica in un declassamento delle armi nucleari: non più risposta flessibile, cioè una reazione nucleare da adottare immediatamente nel caso in cui le forze del Patto di Varsavia (in un ipotetico attacco) avessero ottenuto un iniziale vantaggio, anche solo sul piano convenzionale; la armi nucleari diverrebbero solo un'ultima risorsa. La Nato, insomma, prima di arrivare a usare i propri armamenti nucleari contro il nemico dell'Est, dovrebbe tentare in tutti i modi di contrastarlo con i suoi armamenti convenzionali, e soltanto un attimo prima di soccombere dovrebbe ricorrere alle armi nucleari. Lo scopo di questo cambiamento di dottrina è naturalmente quello di rassicurare l'Unione Sovietica affinché diventi più accomodante sull'adesione alla Nato della Germania unificata. L'Alleanza atlantica - è il messaggio che l'adozione di questa nuova dottrina invierebbe a Michail Gorbaciov - è chiaramente meno minacciosa di un tempo, quando da parte sovietica si insisteva molto per ottenere da parte di Washington l'impegno a non fare uso per prima delle armi nucleari. Ma questa nuova dottrina oggi è realistica? E' adeguata alla nuova situazione? Secondo i primi commenti no. Nella migliore delle ipotesi, dicono un po' tutti, la mossa di Bush prende atto della situazione determinatasi nel Patto di Varsavia, palesemente non più in grado di sferrare un attacco convenzionale come quello contemplato nella dottrina della risposta flessibile. E' una revisione opportuna e dettata dalle cose, dicono ancora i commentatori, ma non è certo sufficiente a dare ai sovietici le garanzie promesse. Il problema, tuttavia, per Washington, è proprio quello di evitare che con le garanzie si esageri. Una messa a punto definitiva della posizione con cui Bush si presenterà al vertice di Londra era prevista ieri sera a Kennebunkport, dove il Presidente ha convocato tutti i suoi uomini (il segretario di Stato Baker, il consigliere per la sicurezza nazionale Scowcroft, il capo degli stati maggiori riuniti Powell, eccetera) nella sua casa di vacanza nel Maine. La preoccupazione di tutti era che da parte di alcuni alleati (con il quali ci sono ancora alcune divergenze, ha detto Bush in mattinata ai giornalisti che lo hanno tallonato durante la sua ora di jogging) si possa pretendere di fornire all'Unione Sovietica delle garanzie (riduzione di truppe, ritiro di testate nucleari, eccetera) che in realtà dovrebbero essere decise solo dal buon esito dei negoziati in corso (quello di Vienna sulle armi convenzionali e quello di Ginevra sugli armamenti nucleari). A spingere di più su questa strada è naturalmente la Germania, ansiosa di ottenere il sì sovietico all'unificazione. E Bush, che fin dall'inizio di questo processo si è posto come il più comprensivo degli alleati nei confronti della fretta del cancelliere Kohl (i due sono già d'accordo su alcune cose importanti, come la limitazione delle truppe di prima linea della Nato, che all'atto pratico vuol dire soprattutto di quelle tedesche, e il fatto che a guidarle ci sia un comando multinazionale), teme ora di ritrovarsi nella veste di frenatore. Il problema era dunque di fare del vertice di giovedì e venerdì non il momento di cambiamento ma il momento di partenza della nuova Nato. E per ottenere questo, la proposta di una revisione della dottrina militare, che per sua natura richiede tempo, è sembrata la cosa migliore. Franco Pantarelli