Si «commini» una pena agli autori di video-strafalcioni

Si «commini» una pena agli autori di video-strafalcioni LETTERE AL DIRETTORE Si «commini» una pena agli autori di video-strafalcioni Predatori dell'italiano sconosciuto Tristano Bolelli (La Stampa del 26 giugno) si dilunga in un divertito elzeviro sugli ultimi strafalcioni «mondiali» dei telecronisti sportivi. Non si è però soffermato su uno dei più diffusi e insidiosi, che infatti dilaga alla tv e sui giornali e di conseguenza, naturalmente, nel parlato. «L'arbitro commina un'ammonizione»: con tono solenne, il telecronista di turno si lascia andare ogni volta alla manifestazione più tipica dell'inciviltà linguistica: scambiare un termine corretto e comprensibile a tutti con uno più difficile. E, nel caso, soprattutto sbagliato. Cito dal Dizionario linguistico di Gabrielli: «Comminare, dal latino comminari, minacciare, vale in italiano "minacciare una pena a chi trasgredisce la legge"; ò quindi errato usarlo nel significato di infliggere una pena; diremo bene, perciò: "Per certi reati la legge commina la pena dell'ergastolo", ma dovremo dire: "Il tribunale ha inflitto all'imputato la pena dell'ergastolo": cioè, la legge commina e il tribunale infligge)). Lo stesso vale nel calcio. Peccato che il regolamento della Rai non commini nessuna sanzione per i disinvolti predatori dell'italiano sconosciuto. Albino Matteini, Firenze La «perfida Albione» riunisce l'Italia C'è un aspetto della «febbre mundial» che mi disgusta profondamente: un nazionalismo pallonaro e becero. In questi giorni, come si temeva, c'è scappato il morto. Un poveraccio inglese travolto da un'auto mentre tentava di sottrarsi al linciaggio. E' l'inevitabile conseguenza di un clima che si era fatto ormai insopportabile dopo che per mesi e mesi l'opinione pubblica è stata letteralmente bombardata, in maniera diretta e con messag¬ gi subliminali, sul rischio di un'invasione della «felice Ausonia» da parte di orde barbariche dedite al saccheggio e alla devastazione. Certamente: gli hooligans sono delinquenti, talvolta anche assassini. E dalla notte dell'Heysel nulla è stato più come prima. Ma temo che dietro alla fobia da teppista inglese ci sia qualcosa di più. Qualcosa, in un certo senso, ritornante nella nostra storia. Mi sembra che l'Italia non sia riuscita a superare, in quarantacinque anni e più, il complesso della «perfida Albione». Era successo ai tempi della guerra delle Falkland; è successo anche questa volta. E, sempre, puntualmente, spunta qualche idiota pronto a invocare «otto milioni di baionette». Ed ecco che per incanto l'Italia della Lega Lombarda o della Liga Veneta non esiste più. C'è un Paese finalmente unificato, che supera i piccoli frazionismi, gli egoismi regionali. Si dice che per conquistare un idem sentire un popolo debba passare attraverso prove difficili, vissute collettivamente: vincere una guerra insieme, perderla insieme, affrontare successi e subire cocenti delusioni. Ecco: finalmente, sbattendo l'hooligan in prima pagina abbiamo acquistato una nvova dignità nazionale: in vista u. un ingresso a pieno titolo nell'Europa del '92. Anche se a Napoli l'acqua è marrone; anche se i Cobas bloccano i treni senza preavviso; anche se il debito pubblico è pari al reddito nazionale; anche se i malati vengono ricoverati nei corridoi degli ospedali, l'Italia è fatta. Peccato che, come diceva Giovanni Amendola, questa Italia non ci piaccia. Claudio Lodici, Roma Napoli non ha chiesto nessuna deroga Mi riferisco all'articolo di Fulvio Milone (La Stampa) di giovedì 28 giugno, «Napoli, acqua vieta¬ ta in Municipio», nel quale si legge: «... La giunta aveva tentato di risolvere il problema con un cavillo legale: aveva chiesto alla Regione Campania una delibera che modificasse i parametri stabiliti dalla Cee di tollerabilità delle sostanze nell'acqua». Preciso che mai la giunta, che ho l'onore di presiedere, ha richiesto tale deroga. on. Pietro Lezzi sindaco di Napoli Il vascello delle Poste non è da affondare Rispondo al signor Gianni Rolando (lettera del 7 giugno). Mi sembra assurda questa ennesima polemica con le Poste. Ogni qualvolta si legge dei disservizi della categoria, si parla unicamente della fatidica lettera in perenne ritardo. L'ufficio postale paga pensioni, accetta versamenti, opera su depositi rimborsi e titoli vari, svolge servizi vaglia, servizi pacchi telegrafo ecc., espletando gli stessi servizi di una banca (che ha ben altri mezzi e stipendi). E-tutto ciò, con tanta disponibilità verso gli utenti, almeno da parte mia e di moltissimi miei colleghi. Possibile che tutto il «vascello» sia da affondare? Adriana Mar che Ui ufficio PT15070 Trisobbio (Al) Sono cristiano non voglio trapianti Su La Stampa del 22 giugno leggo una lettera intitolata ((Amore cristiano e donazione di orga^J». Anch'io sono cristiano, ma vedo quanto sia equivoca e autoritaria la legge italiana sui trapianti; so per esperienza diretta che il veto dei parenti al prelievo non viene rispettato; e so anche che la definizione «clinicamente morto» significa totalmente morto: nel respiro, nella circolazione, nel cervello; mentre chi è sotto respiratore è giudicato morto solo per indagini fatte sul tronco cerebrale, neanche sul cervello, e tutto il resto del corpo è perfettamente efficiente. Iò sono un cristiano che non vuole né donare né ricevere organi. Mi si lasci in pace. David Ramanzina, Bergamo La voce ragionata di un astensionista Finalmente una voce autorevole, serena, ragionata, libera da furori persecutori o da astruserie accademizzanti: mi riferisco all'articolo «Io anticaccia astensionista» di Marcello Pera (La Stampa del 13 giugno). Lo scritto consente di respirare in una atmosfera di equilibrio compensativo che, rispetto all'andazzo, guarda spassionatamente ai fatti quali sono, alle responsabilità dei singoli, della collettività e di coloro che hanno la delega politica a legiferare. Grazie a Marcello Pera. arch. Luigi Arrò, Saluzzo