Com'è triste Venezia vista dall'Est
Com'è triste Venezia vista dall'Est Ventisei ore di viaggio e una settimana di stipendio per trascorrere la vacanza in coda Com'è triste Venezia vista dall'Est Un giorno sulla Laguna con i turisti cecoslovacchi VENEZIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Stavolta la città è salva», annuncia trionfante Emilio Greco, l'assessore al Turismo. I ceki sono calati: 900 pullman invece di 1200, 45 mila persone invece di 60 mila. Ma non per questo l'allarme cessa. I cecoslovacchi sono arrivati in massa anche in questo week-end. Il primo pullman stacca il biglietto del parcheggio alle 2,44 della notte. Il parcheggio sarà chiuso alle 7,45, dopo l'ingresso della cinquecentesima corriera. Le altre 400 che giungeranno più tardi verranno spedite in terraferma. Di questo assedio anche i ceki, ormai, cominciano a rendersi perfettamente conto. «L'abbiamo saputo dalla televisione», ammette Ludmilla, la guida di un gruppo in arrivo da Propad- Pronti ai sacrifici Lei all'estero c'è già stata, è più smaliziata dei suoi compagni di viaggio. Tanto da avere loro sconsigliato di sottoporsi a questo tour de force per passar? poche ore a Venezia: «Non mi hanno ascoltata e così siamo partiti ugualmente». Perché? «Ma perché per i cecoslovacchi ormai qualsiasi cosa è da conoscere, anche se a costo di grandi sacrifici». Lo ha finalmente capito l'ambasciata in Italia, che ha assicurato un suo funzionario martedì a Venezia per esaminare col sindaco la situazione. Lunedì toccherà ai polacchi, poi forse anche agli ungheresi. Non si spaventano certo per il sacrificio i 45 mila arrivati a valanghe, su pullman antidiluviani che riprenderanno nel pomeriggio, le lamiere arroventate dai 35 gradi al sole. Sanno bene che questo primo respiro di libertà costa: sacrifici tutto sommato abbordabili rispetto a quelli cui erano abituati. Nelle luci dell'alba c'è chi suona la fisarmonica, chi improvvisa un caffè sui fornelli portatili, chi cerca di dormire nell'afa dello scirocco la testa sulla spalla del compagno. La gran parte si mette in coda ai gabinetti fin dalle cinque del mattino, la prima coda del giorno. I servizi sono 20, uomini e donne stanno le mezz'ore ad aspettare il proprio turno e le quattro inservienti sono costrette ogni tanto alla serrata, per disinfettare. A nugoli, poi, si contendono le poche docce o le cannucce dell'acqua attaccate a rubinetti di fortuna: si lavano i denti, si fanno la barba. «Sono molto puliti», assicurano compiaciuti i vigili di servizio in zona. Per tutto il giorno chiederanno soltanto tre cose: gabinetti, Palazzo Ducale, Ponte di Rialto. Il ponte lo ricoprono letteralmente come mosche, per farsi l'un l'altro fotografie con le loro Zenith. Palazzo Ducale lo scelgono in molti come regale zonarancio, ma vengono cacciati. Di gabinetti, infine, ce n'è troppo pochi e mal segnalati: le code si allungano fino a 100 persone, e sono almeno cinque anni che l'assessore di turno assicura che sistemerà il servizio. Miraggi nelle vetrine Alle 9 e mezzo il centro è zeppo come un uovo, e i vigili devono organizzare per un paio d'ore i sensi unici pedonali. I ceki si adeguano senza problemi. Dal «change» qualcuno ritorna anche con 50 mila lire, poco meno di 2000 corone. Cosa comprano? «Io mi prenderò una guida di Venezia», dice Jan. In mano ha una fotocopia di una mappa della città: lui e i suoi si sono organizzati già a Bratislava, per risparmiare. Ma ci sono anche quelli che comprano la gondoletta, o le cartoline. «Comprano tantissime caramelle, o quelle scatole smaltate di bon bon con sopra scritto Venezia», racconta un barista. Non hanno abbastanza soldi per una bibita, ma le caramelle, che fanno mucchio, o le gomme americane, che sono una rarità, vanno come il pane. Ai ristoranti si accontentano di leggere i menù esposti e di an¬ nusare il profumo d'arrosto. Sulle rive si accontentano di mettere i piedi a mollo, mentre mangiano quei peperoni verdi, con il salame, le uova sode, e la «pastéta», un discutibile paté di fegato di maiale. Ai negozi si accontentano di guardare le vetrine, specie dove ci sono orologi, o vestiti, o gioielli. Qualcuno tenta anche l'acquisto, ma non ce la fa mai con i soldi. «Sono le nostre stesse banche a non lasciarci espatriare con troppe corone», dice Ludmilla. Il viaggio ne costa 1500, 40 mila lire, tre giorni di lavoro. Gli spiccioli per gli acquisti valgono altri tre-quattro giorni. Insomma, se ne va una settimana per poche ore nella città del «mito». C'è anche il rovescio della medaglia: si sono registrati piccoli furti, e molti bottegai, già insofferenti per questa invasione che non rimpingua le loro casse, hanno impedito ai ceki l'accesso ai loro negozi. Così, dopo molte cose annusate, poche veramente realizzate, la mezza giornata di visita a Venezia si conclude. L'esodo a piedi comincia fin dalle tre, la prima corriera accende il motore alle cinque, per l'altra metà della fatica del viaggio: ventisei ore tra andata e ritorno, 780 più 780 chilometri. Avanti, venerdì si replica. Mario Lollo Un gruppo di turisti cecoslovacchi si rinfresca sul Canal Grande [foto interpreti
Persone citate: Emilio Greco, Mario Lollo, Zenith
Luoghi citati: Bratislava, Italia, Rialto, Venezia
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