Sciopero generale, che miccia!
Sciopero generale, che miccia! Un'altra visita di Cossiga ad Andreotti; colloquio riservato per 40 minuti Sciopero generale, che miccia! Rischia di riaccendere scontri nel governo ROMA. «Se si vuole un chiarimento costruttivo, sarà bene che Craxi abbandoni la provocatoria polemica contro presunti destabilizzatori». Con questo invito a firma di Luigi Granelli, la sinistra de saluta il ritorno dalle Americhe del segretario socialista che, a Caracas per impegni internazionali, tra un incontro e l'altro sui debiti del Terzo Mondo aveva appunto espresso una gran voglia casalinga di «chiarimento», unitamente a palese insoddisfazione nei confronti di Andreotti e Forlani, incapaci di tenere a freno De Mita e i suoi amici. Dunque è guerra. Soltanto annunciata, per ora. Ma sicura. Le schermaglie iniziali ci sono già tutte, con annunci e successive smentite di vertice a cinque per metà luglio, qdasi-crisi accertata per il governo, previsioni di elezioni anticipate a dieci mesi. A nulla sembrano valere le esortazioni del Quirinale, preoccupato per l'immagine da offrire durante il semestre di presidenza italiana nella Cee; ma sei mesi sono troppi per i nostri tempi politici, che al massimo reggono una tregua casualmente legata ai mondiali di calcio. Così questa sera saranno tutti sulla tribuna d'onore dell'Olimpico, i reggitori della cosa pubblica, pronti a sostenere le italiche insegne sino al traguardo della partita finale. Ma le ostilità politiche divamperanno al più tardi il giorno dopo. Anche perché per l'I 1 luglio è ormai proclamato lo sciopero generale, il primo dopo otto anni; e la battaglia sindacale in difesa della scala mobile potrebbe fornire il detonatore per la guerra tra i partiti della maggioranza. Lo stesso Craxi, sempre da Caracas, si era detto preoccupato anche «per le tensioni sociali»; e se il psi, con una parte consistente della de, è decisamente schierato con Cgil, Cisl e Uil, in altri settori governativi prevalgono le simpatie per le tesi confindustriali. Quale esca migliore e meglio presentabile all'opinione pubblica? E' ben vero che Andreotti, fedele all'adagio di cavarsi un dente alla volta, sta cercando con pazienza di disinnescare la mina della scala mobile. Ieri il presidente del Consiglio ha ricevuto nel suo studio privato di San Lorenzo in Lucina la visita di Cossiga, e i due sono rimasti a colloquio riservato per quaranta minuti. Ormai questi abboccamenti del capo dello Stato sono diven¬ tati abituali, Cossiga sta vedendo un po' tutti, sempre a quattr'occhi e sempre informalmente; e le sue preoccupazioni spaziano dalla tragedia di Ustica alla lotta contro la criminalità, dalla crisi del Csm a quella che serpeggia nella maggioranza. Di quest'ultima e dello scontro tra sindacati e .imprenditori - oltre che dell'appuntamento a Dublino dove è atteso oggi il presidente del Consiglio e della nostra presidenza Cee che scatta il 1° luglio - avrà parlato ieri con Andreotti. Si attende ora l'esito della mediazione di Donat-Cattin, il quale ha convocato per domani al ministero del Lavoro i tre segretari confederali e Pininfarina. Una mediazione tutt'altro che facile, anche se il Consiglio dei ministri si riunirà il giorno dopo con l'intento di affrontare e risolvere proprio questa tematica che Cristofori non esita a definire la «più rilevante rispetto a quelle che sono presenti nell'odierno dibattito politico». Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio promette «un deciso impegno del governo» per favorire «una soluzione nei tempi brevi» della vertenza tra sindacati e Confindustria. E per le altre «questioni in discussione» tra i cinque, Cristofori ritiene fiduciosamente che ai primi di luglio (questa settimana Montecitorio inaugura la pausa mensile) si registrerà «uno sblocco delle difficoltà incontrate» sinora. Tanto ottimismo non è condiviso da Altissimo, che invece invita la sinistra de a riflettere sul proverbio che recita «tanto va la gatta al lardo...». E sulla falsariga socialista, anche il segretario liberale annuncia che in quell'atteso incontro a cinque di «chiarimento politico», chiederà ad Andreotti se della coalizione fanno parte cinque partiti, «o se invece questi sono diventati sei». Gianni Pennacchi Giulio Andreotti Francesco Cossiga Bettino Craxi
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