Terremoto, tremano i sindaci di Flavia Amabile

Terremoto, tremano i sindaci Dossier della Finanza: hanno guadagnato miliardi firmando progetti Terremoto, tremano i sindaci In Irpinia accuse a quattro amministratori ROMA. Terremoto. Politica. Interessi personali. Sindaci e assessori che firmano i lavori di ricostruzione. Piccole imprese a caccia di guadagni facili. Opere, pagate con denaro pubblico, mai iniziate. Sono gli intrecci che da dieci anni ormai si legano alle sorti dell'Irpinia. E che ora vengono di nuovo a galla con i risultati dell'attività svolta dalla commissione d'inchiesta sugli interventi per la ricostruzione nelle zone colpite dal sisma in collaborazione con la Guardia di Finanza. Un'attività che, dopo numerosi sopralluoghi in dieci Comuni fra i più danneggiati, ha portato alla stesura di altrettante relazioni. Le prime relazioni della Guardia di Finanza giunte sui tavoli della commissione riguardano i casi di Conza della Campania (Avellino) e di Santomenna (Salerno). Due Comuni, quattro sindaci, quattro persone che hanno messo la loro firma sotto un buon numero di progetti di ricostruzione: 85 per Gaetano Salandra, ingegnere, sindaco di Santomenna dal 1985, 32 per Pietro di Maio, architetto, che ha guidato il Comune salernitano fino al 1984. Quasi cento per Felice Imbriani, geometra, sindaco di Conza della Campania fino al 1988, di questi, 10 li ha firmati direttamente, mentre per gli altri si è dovuto appoggiare all'architetto Walter Bordini di Roma perché, come geometra, non poteva eseguire alcune opere. Centinaia e centinaia per Giuseppe Rosa, geologo, attuale sindaco di Conza. Né mancano all'appello altri membri della giunta come Gerardo Venutolo, ingegnere e assessore a Santomenna che di progetti ne ha firmati 55. O ex sindaci che, lasciato l'incarico, si sono dati anima e corpo ad altre attività. Ad esempio, Pietro di Maio che, lasciata la carica di primo cittadino, si è fatto assegnare gratis locali e impianti per una cooperativa di cui è presidente, il caseificio e frantoio «Montepetrella» da cui, però, non è mai uscita una forma di formaggio, né una bottiglia d'olio. O, infine, consiglieri che hanno tentato di spacciare fienili danneggiati per case, per ottenere il contributo. E' il caso di Febee Foselli, amministratore di Santomenna dal 1980 al 1984. Qualcuno tenta di giustificarsi. «Come avrei potuto fare altrimenti? - dice Felice Imbriani -. Con le quattrocentomila lire di indennità che mi passava lo Stato come primo cittadino non avrei potuto vivere. Non bastavano neanche per i caffè e i rinfreschi che offrivamo. Potevo anche farne a meno? Ma, sa, qui siamo gente ospitale. E poiché facevo il geometra anche prima del terremoto, ho solo continuato a svolgere la mia attività». Quanto possono averci guadagnato questi signori? La Guardia di Finanza abbozza un calcolo molto prudente, ma che non va, comunque, al di sotto del miliardo e mezzo per Imbriani o del miliardo e cento per Salandra. Accanto ai politici, imperversano le aziende private. Dovrebbero fare i lavori di ricostruzione. Invece, una volta divenute concessionarie delle opere, in molti casi preferiscono optare per il classico «prendi i soldi e scappa». Che può anche essere letto come «prendi i soldi e fallisci», una variante sul tema, ma che conduce poi alla stessa conclusione. «La colpa è della legge che prevede che alle imprese venga dato il 20 per cento di anticipo subito. Bastano quattro anticipi ed è fatta», spiegano gli addetti ai lavori. Esempi ce ne sono sia a Santomenna che a Conza. A Santomenna la società che ha ricevuto la concessione dal Comune era la cooperativa «Ars et Labor» di Udine. Dopo aver ricevuto circa due miliardi di anticipo e un altro miliardo e mezzo per l'aumento dei prezzi nel periodo che va dall'82 all'85, la <Ars» è stata dichiarata fallita nell'87. Molto simile la vicenda di Conza. Qui la ditta concessionaria è la «Giovanni Maggio» di Caserta. Anche in questo caso, viene subito versato l'anticipo di un miliardo e mezzo e, poi, oltre quattro miliardi nel periodo che va dall'82 all'86. Nell'87 la commissione di collaudo, l'organo di controllo del Comune sullo stato di avanzamento delle opere, si accorge che i lavori sono stati abbando¬ nati. Perché se ne accorge così tardi? «Perché non era materialmente possibile rendersene conto prima», risponde Imbriani. Ma la relazione promette «ulteriori e approfondite indagini» sulle «responsabilità della commissione di collaudo, nonché dell'amministrazione comunale». Come se non bastasse, la Maggio aveva anche subappaltato parte dei lavori ad altre due società, nonostante il divieto previsto nella legge. «Tutto regolare», afferma Imbriani, si tratta di una concessione, per cui è possibile affidare parte dei lavori a altre imprese». Non è d'accordo la Guardia di Finanza che parla anche di «mancanza delle garanzie di idoneità», soprattutto per una delle duo società subappaltatrici, la «C.P.S.» di Paolo Simeoli di Pozzuoli. Sia Maggio che Simeoli, poi, sono falliti. Le conseguenze di questo pasticcio sono in alcune cifre. A Conza: nessuna delle case del nuovo centro è «completa e abitabile», mentre sono già stati distribuiti finanziamenti per 47 miliardi. A Santomenna: dal 1982 a oggi è stata ultimata la ricostruzione di una casa su 435 progetti finanziati per un totale di 14 miliardi. I lavori sono iniziati solo tra il 1987 e il 1988, sette anni dopo il terremoto e 160 famiglie vivono ancora nei prefabbricati. Flavia Amabile Un'immagine di Conza dopo il terremoto del 1980