Quando il pallone diventa spettacolo (al cinema)

Quando il pallone diventa spettacolo (al cinema) Che porterà di nuovo il campionato che si sta disputando nel controverso rapporto tra pellicola e partite di calcio? Quando il pallone diventa spettacolo (al cinema) Dall'atroce «Lady Football» con Mino Reitano a «Libero» su Beckenbauer Che cosa porterà di nuovo questo campionato mondiale nel controverso rapporto tra cinema e calcio? Se dovesse vincere la Germania ricca dei nostri prestiti in maglia nerazzurra e giallorossa, forse qualcuno si arrischierebbe a togliere dal limbo il film Libero dedicato nel '73 da Wigbert Wicker all'attuale allenatore dei bianchi Franz Beckenbauer. Era un discreto prodotto d'impostazione semidocumentaristica, dove il famoso campione tedesco si barcamenava tra personaggi pittoreschi come il ragazzino fuggito di casa per imitarlo, il compagno stroncato da un grave infortunio e la tifosa che gli offre volentieri un passaggio. Non vorremmo invece che, se dovessero imporsi gli azzurri di Vicini, qualche sala o qualche tv tirasse fuori in segno di malaugurato omaggio ai nostri vincitori una Lady Football di dieci anni or sono giustamente di¬ menticata dal momento che il protagonista era Mino Reitano e le atlete sembravano pin-up (Claudio Bertieri e Ugo Casiraghi nel loro aggiornato Filmario dello Sport parlano di 11 calciatrici 11). L'atrocità dell'esempio vale a introdurre una nota deludente perché finora è mancato il capolavoro cinematografico destinato alle evoluzioni d'una palla rotonda. Pensiamo a un grande cartoonist del tipo Borowczyk prima maniera che firmi un disegno animato dove Maradona figuri come un'immensa mano che schiaffeggia la sfera e avversari. 0 a un documentarista del livello di Folco Quilici che segua passo per passo l'avventura d'un Gullitt tra affermazioni e scandali, trionfi e paure. In realtà la costante che regna tra il football e il cinema si riduce ai 90 minuti che di regola ne esauriscono la vicenda. Allo stadio il diagramma delle emozio¬ ni, dal gol al palo al rigore magari non rilevato, si conclude con l'assegnazione dei due punti e con l'apertura di discussioni a non finire; sullo schermo le emozioni variano a forza di tecnica e di suspense lasciando uno spazio critico nei confronti del proprio beniamino. A volte è il campione in persona che scende in campo davanti alla macchina da presa. Nel caso di Omar Sivori sbaglia clamorosamente {Idoli controluce di Enzo Battaglia) e finisce dileggiato in primo luogo dai suoi suppoters di Juventus e Napoli. A volte la presenza è meramente occasionale e, quando nell'ultimo Don Camillo il regista e primattore Terence Hill chiama a rinforzare la squadra parrocchiale alcuni assi, questi sono autentici e rispondono ai nomi dei nazionali Ancelotti, Pruzzo e Spinosi. Meglio sono andati in passato gli attaccanti che hanno centra¬ to una loro carriera drammatica, a ridosso ma senza connessione con quella precedente sportiva. Parliamo di Piero Pastore, centravanti della Juventus e della Nazionale B che esordisce in Ragazze, non scherzate e nel '33 primeggia in Acciaio girato in Italia da Walter Ruttman su soggetto di Luigi Pirandello. E parliamo soprattutto di Raf Vallone, mezzala del Torino e della Nazionale Universitaria che da quarant'anni furoreggia in cinema e in teatro (concedendo al primo amore solo un'apparizione commovente con Gli eroi della domenica di Camerini accanto a Mastroianni, Interlenghi, Cosetta Greco, Elena Varzi e al Milan del trio svedese Gren-Nordahl-Liedholm). Finalmente in Italia la musa curiosa e gentile di Pupi Avati si è soffermata sul campionato offrendo una bella parte a Ugo Tognazzi, direttore tecnico d'una squadra inguaiata che si caverà d'impaccio soltanto all' Ultimo minuto. E' un passo verso il cinema d'arte e il cinema di spettacolo: per il primo citeremo Prima del calcio di rigore di Wim Wenders da un romanzo di Peter Handke e Garrincha, alegria do póvo di Nelson Pereira Dos Santos che colloca la formidabile ala destra brasiliana in un esatto quadro sociale e sentimentale; per il secondo dovremo rifarci a Fuga per la vittoria di John Huston che mette confusamente ma con astuzia l'uno accanto all'altro i divi alla Stallone e alla Cam e i divi alla Pelè e Moore. Poco forse nel complesso. Eppure in qualche sequenza - l'arresto del povero colpevole in Ladri di bicilette di De Sica, le pedate a un barattolo sconquassato ne I vitelloni di Fellini - il calcio suggerisce sprazzi di genialità. Piero Perona Mino Reitano. Da dimenticare

Luoghi citati: Germania, Italia, Napoli