Perastrojka nel campus di Giancarlo Masini

Perestrojka nel campus Docenti e ricercatori possono finalmente uscire dall'Urss: e l'America li accoglie a braccia aperte Perestrojka nel campus Studiosi sovietici invadono gli Usa SAN FRANCISCO. In questi ultimi tempi gli scienziati russi stanno diventando entità comuni come le provette, negli istituti scientifici e nei laboratori delle università americane. In particolare sono biologi e matematici, ma in gran numero si contano anche fisici e soprattutto ingegneri elettronici, nonché economisti. Dalla California al Connecticut, non c'è praticamente ateneo i cui dipartimenti scientifici non registrino la presenza di «visiting scientists», o «visiting professore», provenienti dall'Urss. L'invasione degli studiosi russi è una delle positive conseguenze della mutata situazione politica internazionale che gli accordi di Gorbaciov, prima con Reagan e poi con Bush, hanno determinato. Dall'Unione Sovietica arrivano giovani ricercatori e maturi professori, accademici e tecnòlogi industriali. «Non soltanto stanno arrivando - ha dichiarato il rappresentante di Washington dell'American Physical Society (l'associazione che raccoglie i fisici di tutta l'America) - ma sembra che molti vengano per restare». Le genuine reazioni dei russi che sbarcano qui per la prima volta fanno tenerezza. Di questi bravi studiosi colpiscono non tanto i ben noti e mal repressi «oh...» davanti ai supermercati aperti 24 ore al giorno e colmi di ogni ben di Dio, bensì le espressioni di meraviglia e di ammirazione per la facilità con cui si opera nella ricerca americana: la semplicità dei rapporti umani indipendentemente dai gradi accademici; la disponibilità e l'assoluta libertà di qualunque studioso a discutere di tutto senza problemi di segretezza; la reperibilità immediata di qualunque tipo di pubblicazione; l'accesso istantaneo alle «banche dati» via computer anche con i «network» della Difesa tipo «Darpanet»; la libertà dell'uso delle fotocopiatrici; il rapporto privo di formalismi fra docenti e studenti. Poi ci sono piccoli risvolti economici che però contano molto. Dalle prebende che gli scienziati russi percepiscono da parte americana, il governo sovietico preleva notevoli percentuali didenaro. Allora si ricorre a piccoli stratagemmi. Le amministrazioni degli atenei non possono certo dichiarare il falso su quanto pagano; invece i privati che nell'ambito dei campus universitari cedono le camere o gli appartamenti, possono ospitare gratuitamente i russi o farli pagare e far apparire un prezzo superiore a quello reale. In tal modo qualche centinaio di dollari resta in tesca degli ospiti russi. Generalmente gli scienziati sovietici giungono con visti di soggiorno e con precisi programmi limitati nel tempo: qualche settimana o qualche mese al massimo. Ma già dopo pochi giorni di permanenza, moltissimi palesano le intenzioni di restare o comunque il desiderio di essere richiamati presto e per periodi più lunghi, da parte americana. Fra gli atenei più ambiti dai russi soprattutto per gli studi economici, per la biologia e per l'elettronica c'è Stanford. E' l'ateneo privato più capitalista d'America, ma anche uno dei più prestigiosi, dove regna assoluta la meritocrazia: uno può essere ricco quanto vuole, ma se non studia viene eliminato. Prima dell'arrivo di Gorbaciov al potere il numero dei russi presenti qui era irrilevante. Nel 1987 il numero degli studiosi sovietici in visita a Stanford con l'aggiunta di pochi appartenenti all'Europa dell'Est era già salito al 7 per cento del totale degli scienziati stranieri nel campus. Nell'88 è stato registrato il 9%; nell'89 la cifra è salita al 13% su un totale di 1200 «visiting professore» stranieri. Quest'anno tutto lascia prevedere che ci sarà una ulteriore escalation. «Prima della perestrojka - ha dichiarato il prof. Alexei Efros, fisico dell'Università di Leningrado, che ora insegna con un contratto triennale alla California University - non mi era mai stato possibile avere il permesso di recarmi all'estero. E posso dire che contattare i colleghi stranieri è la cosa più importante che uno scienziato possa fare per ampliare i propri orizzonti e affinare le idee». Resterà qui per sempre? «Ora sto utilizzando tre anni sabbatici. Poi...» La liberalizzazione iniziata da Gorbaciov ha avuto i suoi effetti anche a Berkeley. Nel campus più importante e più grande dei nove che costituiscono l'University of California, nel 1982 era stato creato l'Istituto di ricerca per le scienze matematiche (Msri) e da allora numerosi erano stati gli inviti per i matematici sovietici a tenere lezioni, seminari, corei o conferenze. Molto spesso - ha detto il direttore dell'Istituto prof. Irving Kaplansky - le nostre profferte non avevano nemmeno risposta. E le risposte che giungevano erano del tono «grazie mille, ma sono veramente spiacente ...»; «purtroppo i miei impegni già presi...»; e cosi via. Con il 1989 - aggiunge Kaplansky - le cose sono completamente mutate. L'anno scorso infatti, dopo il benvenuto dato al primo ospite russo del Msri - il fisico matematico Ludwig Faddaeev di Leningrado -, seguirono a ruota altri quindici scienziati. Al momento c'è un solo ospite russo (molti altri sono nei vari dipartimenti di Berkeley), il matematico Andrei Suslin, specialista della «teoria K», una teoria che analizza i problemi del mondo naturale, come ad esempio quelli della topologia, trattandoli come se fossero problemi di pura algebra. Ora sono attesi altri gruppi di studiosi. Comunque, l'acquisto più significativo finora fatto dall'America nel parco degli scienziati russi è quello dell'Università del Maryland. Quell'ateneo ha assunto come professore Roald Sagdeyev, un «top specialist» di scienze spaziali, consulente dello stesso Gorbacev. Ad attrarre in Usa tanti cervelli dall'estero, da Ovest e ora anche da Est, non è il miraggio di migliori condizioni economi¬ che (ci sono ovviamente anche quelle), bensì le migliori condizioni di lavoro e la libertà di ricerca, che per ogni scienziato, sono i fattori più importanti. Nel caso dei russi c'è anche da ricordare che la maggior parte degli esponenti del mondo scientifico sono ebrei, con tutto quello che ne consegue. Certamente Gorbaciov sa tutto questo e ha valutato i prò e i contro. D'altra parte - fa notare il matematico Shepp - egli non poteva più continuare con il vecchio slogan: «L'Urss è il migliore e più grande Paese del mondo, però non potete uscire da qui». Ma quello che ha cercato di agganciare in Usa va ben al di là del mondo accademico: riguarda soprattutto i settori più sofisticati della tecnologia tipo Silicon Valley per le attività produttive. Una storia che merita un discoreo a parte. Giancarlo Masini Il presidente sovietico Gorbaciov a San Francisco, la scorsa settimana, mentre visita la fabbrica di computer «Apple»