Chi gioca non sempre è il migliore di Mas. Gra.

Chi gioca non sempre è il migliore Chi gioca non sempre è il migliore Questa è una squadra, non una hit-parade Così Marocchi, ennesimo escluso della Juve CodesalMendez il raccomandato figlio del Lo Bello d'Uruguay il fischietto di stasera MARINO DAL NOSTRO INVIATO E la Juve resta a guardare. Al lungo elenco di panchinari di lusso, da impiegare con parsimonia anche quando - come nel caso di De Agostini e Schillaci contro Svizzera e Austria - hanno la curiosa abitudine di segnare i gol decisivi, si aggiunge da ieri la faccia paffuta di Giancarlo Marocchi. All'ora di colazione Cicciobel- 10 era ancora titolare e si è scoperto riserva poco prima di pranzo, quando l'eminentissimo et ha declamato ai parrocchiani 11 più recente parto del suo cervello: la formazione che dovrà spezzare le reni agli States. Un meraviglioso manipolo di eroi che non contempla la presenza di calciatori bianconeri, adatti a compiti di piccolo cabotaggio come la vittoria in due coppe, di cui una europea, e il terzo posto in campionato, ma non a sostenere la concorrenza o la vicinanza di talenti purissimi del calibro di un De Napoli e di un Giannini. Marocchi mostra di reggere la botta con disinvoltura. Se è arrabbiato lo nasconde benissimo: «Non è colpa mia se sui giornali MARINFiCaDAL NOOttavito perdi Monprovinto, gli ma di le, attaè quastenzioche sadi Vialtaglio sito nosta provolmeto - sp avevate scritto che giocavo io». Il ripescaggio di Berti ha scavalcato gerarchie ormai consolidate, ma è cosa diversa dall'esclusione sistematica di Baggio o Schillaci e, più che a ima congiura anti-juventina, obbedisce ad esigenze contingenti che Marocchi intuisce con una lucidità mai sporcata dal rancore: «Ancelotti non ha fotocopie. E poi, io non sono il suo "vice" designato. Dipende dall'avversario. Contro ima squadra che presumibilmente si chiuderà in difesa fin dal primo minuto, Vicini deve aver pensato che serva di più uno come Berti: infatti Nicola ha un tiro migliore del mio». Rispetto a lei, l'interista è un centrocampista più offensivo..., abbozza un aspirante cittì. «Non più offensivo. Più conclusivo», lo gela Cicciobello con quegli occhi d'acqua ghiacciata, specchio di ragazzo buono che però dà sempre l'impressione di volerti saltare al collo da un momento all'altro. I cronisti annusano e soppesano le parole dell'escluso, confidando nel suo sangue romagnolo, refrattario a compromessi e ingiustizie, l'ideale per far nascere finalmente un caso anche in questa nazionale gover¬ nata dalla frenesia dell'obbedienza. Ma lo slalom dialettico delle domande velenose si infrange sui paletti del buon senso marocchiano: «Non mi lamento. E non certo per paura. Non ne ho mai avuta quando c'era da dire quel che pensavo». Allusione fin troppo chiara al clamoroso sfogo della scorsa primavera, nel quale accusò Domini di aver tentato di «impapocchiare» il risultato di Cesena-Juve. Nessuno, a cominciare dai compagni, gli diede retta e l'inchiesta finì in una bolla di sapone, lasciandogli addosso quella fama di bigotto un po' fanatico che in questo Paese viene appiccicata a chiunque abbia il coraggio di rompere il paniere dell'omertà. E' un Marocchi consapevole ma non rassegnato. E se Baggio accetta la sua subordinazione a giocatori meno dotati di lui con un'acquiescenza che ormai sconfina nell'accidia, Cicciobello non rinuncia alla sua dignità professionale: «Qui si deve fare una squadra, non un top 11. Quindi, io accetto tutto. Ma sia ben chiaro che quelli che vanno in campo non sono necessariamente i migliori». Speriamo che l'ex-putto fiorentino abbia preso appunti. [mas. gra.] ROMA. Italia-Stati Uniti questa sera allo stadio Olimpico sarà arbitrata da un messicano che messicano non è, ma in compenso è tante altre cose non meno importanti: figlio di papà e raccomandato dal suocero, ad esempio. Mica male come «ambo», no? Persino Roma, capitale mondiale delle «aderenze», si inchina ammirata davanti a questo autentico professionista della spintarella: el senor Edgardo Codesal Mendez da Montevideo. E' nato 39 anni fa: esibisce una laurea in medicina, un babbo che è stato il Lo Bello d'Uruguay (ha diretto Portogallo-Bulgaria ai Mondiali inglesi del '66) e il matrimonio con una ragazza messicana in grado di rifinire il suo pedigree, garantendogli un nuovo passaporto e illimitati orizzonti di carriera. Per puro caso, infatti, la consorte di Codesai è figlia di Javier Arriaga, esponente del paese dei sombreri in seno alla commissione arbitrale della Fifa. Quando quei malignazzi dei suoi colleghi hanno appreso che la scelta di rappresentare il Messico a Italia '90 era caduta proprio su di lui, Codesal non ha potuto sottrarsi a una sottile pioggerella di allusioni pettegole, che con l'avvicinarsi dell'evento si sono tramutate in un temporale di inaudite proporzioni, al punto da indurre alcuni fra i migliori arbitri messicani a prendere ufficialmente posizione contro una designazione definita, senza mezzi termini, «clientelare». Benché in queste saghe all'insegna del sospetto il particolare possa sembrare abbastanza insignificante, resta da stabilire se il fischietto più raccomandato dei campionati del mondo sia pure bravo. Non si sa mai: può anche capitare, a volte. Ebbene, i precedenti non autorizzano acritici ottimismi: il Codebal ha diretto senza infamia e con poche lodi lo spareggio per Italia '90, vinto dagli Stati Uniti sul Salvador. In compenso, pur godendo fama di arbitro autoritario, ha rischiato una lunga sospensione in campionato per non aver sufficientemente tutelato un giocatore che nel corso della partita Nuovo Leon-Ciudad Juarez rimase gravemente infortunato, [mas. gra.]