Nel pri voglia di opposizione di Augusto Minzolini

Giorgio La Malfa apre un dibattito sulla «Voce» prima di decidere se uscire dal governo Giorgio La Malfa apre un dibattito sulla «Voce» prima di decidere se uscire dal governo Nel pri voglia eli opposizione Ma i ministri non ci stanno ROMA. D'improvviso, s'affaccia nel pri la voglia di opposizione. All'inizio erano solo i giovani repubblicani a non dimenticare mai nei loro documenti di segnalare «il sostanziale esaurimento dell'esperienza del governo Andreotti» o di decretarne «l'eutanasia». Poi è spuntato il capogruppo dei deputati del pri, Antonio Del Pennino, a confessare di aver avuto «dei dubbi già al momento dell'ingresso in questo governo, figuriamoci adesso». Quindi, all'ultimo consiglio nazionale, è stata la voce autorevole di Bruno Visentini a pronunciare la fatidica parola «opposizione». E alla fine, ieri, Giorgio La Malfa s'è deciso e ha posto il problema al partito: discutiamone, ha scritto in sostanza in una nota della Voce repubblicana, e poi decideremo che cosa fare. La questione è posta in questi termini dall'organo ufficiale del pri: «Il problema è quello di intravvedere o meno come maturino i tratti di una nuova e diversa fase politica italiana». E la Voce si lascia andare ad una serie di digressioni sul tema: tra l'altro il giornale nota che il pei, travolto nella sua crisi, «non può più egemonizzare» l'opposizione nel Paese e che l'attuale maggioranza potrebbe andare avanti sul piano dei numeri anche senza il pri, per cui i repubblicani, usciti dal governo, non potrebbero essere accusati di voler «destabilizzare le ìmk PAGINA OCCHETTO A PASSO DI GAMBERO fra una prospettiva di rifondazione del partito, che prendesse atto della crisi strutturale di ogni variante del comunismo, e quella di un ambiguo «revisionismo comunista»; fra una difesa conservatrice e «quantitativa» del proprio partito e una strategia politica che creasse le premesse di una grande alleanza delle sinistre riformiste. Ma, di fronte alle scelte rese inevitabili da un autentico «nuovo corso», alle non comprimibili contraddizioni emerse all'interno del partito, il segretario comunista è sembrato spaventarsi dell'ombra del proprio «coraggio». E allora ha preso a correre all'indietro per cancellarne i contorni, saltando un po' qua e un po' là, riprendendo con la mano sinistra quel che ha concesso con la destra. Siamo, ancora una volta, negli equivoci propri all'evoluzionismo compromissorio comunista. Prima, critica degli «errori» commessi dai fratelli sovietici; poi un «eurocomunismo» che non doveva diventare eurosocialismo; poi ancora una via nuova che doveva però essere «terza» e non «seconda», e così via. E ora? Adesso sembra che siamo a questo: occhettiani e ingraiani, nonostante le differenze che li dividono, sentono quale interesse prioritario di partito la difesa da un pericolo di «egemonia» socialista. Se ciò fosse, se una simile linea dovesse consolidarsi e prevalere, allora il partito dell'avvenire sarebbe una «cosa» incapace di districarsi tra il vecchio e il nuovo. E la de potrebbe dormire sonni tranquilli per l'eternità. Massimo L. Salvador! ROMA. Sulla legge per l'emittenza la sinistra de ha deciso di passare all'attacco. Ciriaco De Mita e Guido Bodrato hanno infatti ribadito di non volersi uniformare alle direttive della maggioranza. Il testo in discussione è quello già approvato al Senato e che dovrebbe essere approvato dall'aula della Camera entro la fine di luglio. I nodi da sciogliere sono due. Il primo riguarda la norma che vieta le interruzioni pubblicitarie nei film trasmessi in tv, una norma votata a palazzo Madama col parere contrario del governo. De Mita e Bodrato sono intenzionati a confermare il voto anti-spot anche alla Camera: se la questione non sarà chiarita, la posizione della sinistra de potrebbe creare forte imbarazzo al governo. Ancora più incandescente la questione del tetto pubblicitario per la Rai, sulla quale era stato raggiunto un accordo: la sinistra de, che propone l'abolizione del canone, vorrebbe ridiscutere tutto.[Ansa] LEGGE TV Giorgio La Malfa. Il leader invita il p fuori da questo governo»). Potrebbe essere attratta da questa prospettiva anche gente come Del Pennino. Spadolini, invece, assumerà probabilmente una posizione più cauta lasciando all'altro grande vecchio del partito, Bruno Visentini, propugnatore dell'alternativa democratica, il compito di benedire pubblicamente questa prospettiva. L'ipotesi, invece, non troverà consenziente l'ala filo-ministeriale del partito, dai ministri Mammì e Battaglia, a Susanna Agnelli, agli altri sottosegretari al nemico giurato del segretario, Aristide Giumella. Un gruppo che ha un certo seguito nel partito e che difficilmente La Malfa riuscirà a pri a pronunciarsi sul futuro del governo convincere. Basta, ad esempio, porre la domanda a Stelio De Carolis, sottosegretario all'Interno, per avere questa risposta: «All'opposizione? Ma chi? I ministri non di certo e nemmeno io. Gli unici che ci vogliono andare sono quelli che sono fuori dal governo, come Ravaglia che in Romagna non conta più nulla, Dutto o Pellicano. Spadolini invece, che ho sentito qualche giorno fa, continua a dire che bisogna andare avanti». E se De Carolis interpreta l'anima maggioritaria del pri, anche questa volta il dibattito sulla Voce rischia di diventare solo un confronto accademico e niente di più. Augusto Minzolini

Luoghi citati: Roma, Romagna, Stelio De Carolis