Il Manifesto rimane senza padri

La redazione del quotidiano si spacca, i «giovani leoni» quarantenni rifiutano di appoggiare ufficialmente il No a Occhetto La redazione del quotidiano si spacca, i «giovani leoni» quarantenni rifiutano di appoggiare ufficialmente il No a Occhetto Il Manifesto rimane senza padri Dopo lafossynda, se ne vanno anche Pintor e Parlato ROMA. Anche Luigi Pintor se ne va. E ora II Manifesto rimane senza i suoi «grandi vecchi». Sei giorni fa Rossana Rossanda si è dimessa dal comitato editoriale del quotidiano, rimproverando ai suoi discepoli di fare un giornale troppo poco comunista. Due giorni fa è toccato a Pintor. Poche righe, ironiche e risentite, per dimettersi anche lui: «Cari compagni, ho letto sui giornali che mi avete ucciso. Peccato, avrei preferito affondare sparando fino all'ultimo barile di polvere». E così, poco prima del suo ventesimo compleanno, l'ultimo «quotidiano comunista» è entrato nella crisi di vertice più dolorosa e difficile della sua vita. Il distacco dei tre padri fondatori (dal comitato editoriale e dalla guida del giornale si è dimesso anche il direttore Valentino Parlato) sembra una resa, polemica, piena di amarezza, dei «vecchi» ai «giovani leoni» che negli ultimi sei mesi si sono graniticamente opposti al disegno di Pintor, Parlato e Rossanda: fare del Manifesto un gior- Intervista a Martelli naie fiancheggiatore del fronte del no all'interno del pei. Ma l'addio dei tre è davvero definitivo? E nella pattuglia dei redattori allevati in questi anni nella redazione di via Tomacelli, è già pronta la squadra in grado di guidare un giornale per tanti versi così difficile come Il Manifesto? La fronda dei «giovani leoni» è guidata da un gruppo di quarantenni assai diversi tra loro, ma «uniti dal terrore di diventare fiancheggiatori di chicchessia», come dice uno di loro rompendo il «silenzio stampa» che da ieri regna al Manifesto per decisione unanime. Chi, per esempio, non vuol sentir parlare di «fronte del no» è Guido Moltedo, uno dei notisti politici. Aria casual, con le sue giacche di tweed liso, Moltedo fa spesso l'invidia dei colleghi degli altri giornali: è proprio lui e soltanto lui che Bettino Craxi ama chiamare a sé nelle sue puntate nel Transatlantico di Montecitorio. Un altro che non si vuole allineare è Carmine Fotia, capo del servizio politico Nel vertice tra governo e del giornale. Calabrese, un'eleganza meridionale fatta di impeccabili «principi di Galles», Fotia ha sempre guardato con attenzione alla sinistra democristiana. Un passato da seminarista a Trento, già direttore del giornale e molto stimato in redazione, anche Mauro Paissan stavolta si è schierato contro i fondatori. Decisamente schierata con il «no» (e più vicina ai «tre»), è la «normalista» Rina Gagliardi, coltissima, simpaticamente ribattezzata in redazione «Gagliardova». Un gruppo eterogeneo, che tra l'altro non ha certo tramato per defenestrare i «tre»: la guida del Manifesto passerà a loro? «Chissà - risponde uno dei capi-servizio, chiedendo l'anonimato -, non è la prima volta che Luigi e Rossana fanno le loro impennate e poi rientrano nei ranghi: quello che nessuno potrebbe sopportare in tutta questa vicenda sarebbe veder rientrare dalla finestra di via Tomacelli la chioma bianca di Lucio Magri». In un giornale, la cui storia è e capigruppo di maggioranza l'impegno a difendere la manovra '90 ricca di ricorsi storici, può essere utile un passo indietro. Fondato nel 1971 dal gruppo di ex comunisti radiati due anni prima dal pei, Il Manifesto non è nuovo a convulsioni interne. Dopo i primi, «eroici» anni di vita (quattro pagine incorniciate in una grafica disadorna), a metà degli Anni Settanta la fusione colpdup impone il primo bivio: organo di partito o quotidiano autonomo? La redazione, anche allora, sceglie la seconda strada. Un percorso lastricato di collette, stipendi sotto i minimi contrattuali. A metà degli Anni Ottanta, anche se un po' defilati, a guidare il giornale sono sempre loro: Parlato, Pintor e Rossanda. La «svolta» di Occhetto, nel novembre dell'anno scorso, li fa tornare in prima linea. In un'assemblea propongono di appoggiare il «fronte del no». La redazione recalcitra, ma alla fine accetta. Ma non del tutto. La prima pagina, seguita personalmente dai «tre», è in linea. Ma nelle pagine interne è difficile trovare articoli apertamente schierati. Una vivacità di posizioni che fa impennare le vendite, che in poche settimane passano da 33.000 a 45.000. Ma i «tre» non demordono. Dopo il Congresso comunista di Bologna, la resa dei conti. Il 26 aprile, all'assemblea decisiva che dovrebbe sancire la trasformazione del Manifesto nell'organo Luigi Pintor (sopra) - e Valentino Parlato (a sinistra). Le loro dimissioni saranno discusse il 26 giugno in assemblea «ufficiale» degli oppositori di Occhetto, la sorpresa. La redazione, da sempre percorsa da divisioni, gelosie, cordate, stavolta fa muro, ripudia i «padri». Definitivamente? La risposta ai redattori, in assemblea il 26 giugno. Fabio Martini LA STAMPA Quotidiano fondato nel 1867 Direttore Responsabile Paolo Mieli Vicedirettori Lorenzo Mondo, Luigi La Spina, Pierangelo Coscia Redattori Capo Centrali Vittorio Sabadin, Roberto Beliate Redattori Capo Giorgio Calcagno Società & Cultura Roberto Franchini Edizioni regionali, Cesare Martinetti Cronaca Torino Piero Bianucci Supplementi, Marcello Sorgi Redazione romana Servizi Sergio Ronchetti Interno, Mario Varca Estero, GianPaolo Boetti Cronache italiane Ugo Bertone Economia, Filippo Grassia Sport, Alessandra Co mazzi Spettacolo Nico Orengo Tuttolibri, Alberto Sinigaglia, Iniziative e Supplementi speciali Pio Remotti Segreteria di redazione Editrice la Stampa spa Presidente Giovanni Agnelli Vicepresidenti Vittorio CaÌBsotti di Chiusane Umberto Cuttica Amministratore Delegato e Direttore Generale Paolo Paloschi Amministratori Enrico Autori, Luca Corderò di Montezemolo Giovanni Giovannini, Francesco Paolo Mattioli, Alberto Nicolello Stabilimento Tipografico La Stampa, via Marenco 32, Torino Stampa in Facsimile * La Stampa, via Giordano Bruno 84, Torino Soc Tip. 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