UNA BATTAGLIA VINTA DALLA GENTE di Sergio Romano
UNA BATTAGLIA VINTA DALLA GENTE UNA BATTAGLIA VINTA DALLA GENTE Lj EXPO veneziana è il muro di Berlino del governo italiano. Non è crollata per meditata decisione del Consiglio dei ministri, ma per «furore di popolo» quando il governo sperava ancora di salvarne il principio. Avremmo preferito che la candidatura di Venezia non fosse mai stata presentata e che le autorità italiane non avessero dovuto ritirarla. Soprattutto in politica estera i governi che tornano sulle loro decisioni e cedono alle pressioni della pubblica opinione non sono mai autorevoli. Ma non ci parrebbe giusto infierire. Meglio un governo che si accorge di avere sbagliato piuttosto di un governo che continua a sbagliare per scaltrezza elettorale o amore di coerenza. Fra l'onorevole Andreotti che accetta di tornare indietro e la signora Thatcher che impone la poll-tax contro la volontà del Paese, preferiamo il primo. Diremo quindi, con un po' di generosità, che per l'immagine dell'Italia ufficiale la partita veneziana si chiude alla pari. E per Venezia? Abbiamo due elementi positivi. In primo luogo la città si è liberata da una prospettiva che ne avrebbe pregiudicato il futuro. In secondo luogo il risultato è stato ottenuto grazie ad una straordinaria mobilitazione dell'opinione italiana. Per molto tempo Venezia è stata il tema privilegiato di circoli stranieri e di piccole élite italiane. In Europa ed in America si era diffusa la convinzione che la città andasse difesa non tanto dai guasti del tempo, quanto dalle cattive leggi, dall'assenteismo dello Stato, dalle ciacole dei suoi amministratori e dalle interminabili baruffe dei suoi abitanti. Come fìriand disse a Lloyd George che la guerra era una cosa troppo seria per lasciarla ai militari, così di Venezia si diceva in giro per il mondo che era un bene troppo importante per lasciarlo agli italiani. E' sostanzialmente la tesi di un libro che due giornalisti del Sunday Times, Stephen Fay e Philip Knightley, dedicarono nel 1976 alla «Morte di Venezia». Non credo che oggi avrebbero il diritto di giungere alla stessa conclusione. Anche se l'i n telligcncija straniera ha fatto la sua parte, Venezia è stata salvata dall'opinione italiana e, in un secondo momento, dai voti del Parlamento. La vicenda dell'Expo sarà ricordata per una delle più belle campagne di opinione che siano mai state lanciate nel mondo per la salvezza di un bene culturale. Ma se la partita si concludesse semplicemente con questi due risultati, la vittoria di Venezia contro l'Expo sarebbe effimera e la sorte della città una condanna sospesa. Chiuso finalmente il capitolo di una esposizione che non si doveva fare, converrà ricordare che i problemi di Venezia e della sua regione rimangono quelli di sempre. L'Expo avrebbe messo in pericolo il futuro della città, ma avviato a soluzione probabilmente alcuni problemi infrastrutturali del Veneto. Molti industriali veneti avevano accettato il progetto nella speranza che il governo facesse «a caldo» ciò che non aveva mai saputo realizzare «a freddo». Fra le idee elaborate per l'esposizione universale ve ne sono certamente alcune che meritano di essere studiate e realizzate. Abbiamo evitato il rischio di una disastrosa fiera affaristica e clientelare, ma vi è un altro pericolo, non meno grave: che il governo tratti la vicenda dell'Expo come il referendum sulla caccia, vale a dire come un'implicita autorizzazione ad archiviare il problema. Sergio Romano
Persone citate: Andreotti, Lloyd George, Philip Knightley, Stephen Fay, Thatcher
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