E il prete dice: ne faremo a meno

E il prole dice: ne faremo a meno E il prole dice: ne faremo a meno «Ma non denunceremo chi abbandona la cura» coordinatore dei servizi pubblici di Torino dice: «Nessuno può venire a chiederci nulla su chi si è rivolto a noi spontaneamente: il segreto professionale è garantito. Quanto al soggetto che ci viene affidato d'autorità si confondono i due piani: quello peritale e quello terapeutico. Qui potrà nascere il conflitto. Purtroppo la soluzione sarà questa: nascerà il caso e se ne occuperà la magistratura». Insomma, il senso è quello di una diffidenza generale verso compiti di controllo affidati a chi deve invece essere un sostegno per il recupero. Rincara don Ciotti: «Il testo di legge considera la ricaduta come colpa del soggetto. E se, invece, fosse un errore terapeutico?». E poi si concede uno slogan finale: «Il senso finisce per essere il più amaro: ti curo punendoti, ti punisco curandoti. Mentre il recupero è fondato sul libero consenso». TORINO. Senza ira né polemiche, la risposta è netta: «In questo modo tagliano fuori non il Gruppo Abele ma 230 comunità che aderiscono al Coordinamento nazionale e alla sua linea», ci ha dichiarato ieri sera don Luigi Ciotti poco prima di parlare a ragazzi e genitori di una scuola nella prima cintura della città. Al centro della sua replica alla minaccia romana («se rifiutano di rivelare i nomi di chi interrompe il programma perderanno i finanziamenti») non c'è livore, soltanto la difesa di quel che fino a oggi si è riuscito a fare contro il sommerso: «Non dev'esserci ambiguità fra i ruoli, guai se la persona che deve aiutare a trovare risposte positive diventa consigliere di un provvedimento negativo. Non collaboreremo all'articolo 82. Lavoreremo con chiunque prefetto o pretore - punterà al positivo». Per qualcuno l'ultimatum romano è un ricatto: senza fondi

Luoghi citati: Torino