Si dimette giudice Csm di Gio. Bia.
Si dimette giudice Csm Si dimette giudice Csm In polemica con il Presidente «che ha criticato i magistrati» ROMA. La «sinistra» del Consiglio superiore della magistratura si ribella a Cossiga. Elena Paciotti, consigliere di «Magistratura democratica», si è dimessa; Giancarlo Caselli e Pino Borre, gli altri due rappresentanti di Md, dicono che la loro collega ha ragione, e non se ne vanno anche loro solo «per non provocare la crisi del Csm». Da San Marino, dove si trova in visita ufficiale, Cossiga ha replicato: «Sfortunatamente ci sono problemi ben più gravi nel Paese, che non le dimissioni di un componente del Csm. Inoltre i poteri di presidente del Csm sono stati da tempo delegati e'non è mia abitudine parlare dei fatti interni quando mi trovo all'estero». E' rultimo_strascico polemico della vita di un organo di autogoverno dei giudici giunta ormaj agli sgoccioli. Il Consiglio scadrà tra venti giorni, ma in questi quattro anni non ha mai avuto buoni rapporti con il Capo dello Stato, che è anche presidente del Csm. Le ultime dichiarazioni fatte da Cossiga a Milano - «un organo dello Stato disinvolto e tumultuoso» - hanno ribadito questa situazione. E nei commenti alle dimissioni di Paciotti, gli altri giudici del Csm non risparmiano risposte polemiche a Cossiga. Elena Paciotti, giudice istruttore fino al 1986, coordinatrice di tutte le più importanti inchieste sul terrorismo di sinistra a Milano, ha comunicato ieri le sue dimissioni con una lettera a Cossiga. «Vi sono momenti - ha scritto - in cui la propria dignità personale appare l'unico residuo valore da difendere...». Ricordando poi di «aver dedicato la vita al servizio della giustizia», Elena Paciotti spiega: «Di recente si è giunti al punto in cui nell'opinione pubblica si è formata un'immagine del Csm come dedito nel suo complesso a pratiche "disinvolte" e "tumultuose", al di fuori dunque di un corretto ambito istituzionale... Ed Ella stesso, signor presidente, agendo anche nella Sua veste di Capo dello Stato, è parso avallare tale - a mio avviso ingiustificata - pubblica e generalissima disistima. In questa situazione ritengo di non avere alcuna concreta possibilità di un confronto sereno sulle cose: come Ella ha ammonito "chi non è d'accordo si tenga le sue opinioni"...». Ecco dunque il motivo delle dimissioni. Ma il rappresentante di Md aggiunge: «Auspico che i complessi problemi che hanno dato luogo all'attuale, per me dolorosa, situazione, vengano esaminati con maggiore approfondimento. Altrimenti vi è il rischio che anche i futuri componenti del Csm si trovino a svolgere il loro compito in una condizione di preventiva delegittimazione...». A Palazzo dei Marescialli,-la lettera di Elena Paciotti ha provocato reazioni e polemiche. Caselli e Borre hanno immediatamente espresso solidarietà alla loro collega: «Elena Paciotti - dicono - ha ragione. Ha inteso difendere la dignità del Consiglio oltre alla sua personale. Non ci siamo dimessi perché ciò avrebbe determinato la crisi e il suo gesto è contro la crisi. Si tratta di un gesto che impone a tutti di prendersi in carico le ragioni istituzionali che l'hanno determinato». Altri «togati» del Csm giudicano diversamente le dimissioni di Paciotti, ma in generale tutti difendono l'operato del Consiglio. Vito D'Ambrosio, della corrente «Movimento per la giustizia», ritiene «inopportuno alimentare polemiche nei confronti di un organo ormai in scadenza e destinato ad essere integralmente rivoluzionato». Tra i «laici», Massimo Brutti (pei) sostiene che Cossiga è stato frainteso, mentre dall'esterno del Csm il de Claudio Vitalone considera le dimissioni di Elena Paciotti «un gesto giuridicamente sterile e politicamente irrilevante», [gio. bia.]
Luoghi citati: Milano, Roma, San Marino
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