Masaccio e il mistero della sua prima scena

Masaccio e il mistero della sua prima scena Giovedì a Firenze si riapre la Cappella Brancacci e si inaugura la grande mostra in Palazzo Vecchio Masaccio e il mistero della sua prima scena Adamo e Eva nudi, piangenti e urlanti: un atto di coraggio FIRENZE ASACCIO ci guarda, severo, naso aquilino, occhi grifagni, capelli neri. Ha solo 24-25 anni, ma è già un pittore di spicco nella Firenze del primo '400, ricca di commerci e fiorini, politicamente inquieta. Con lui ci sono l'Alberti e il Brunelleschi e poi Masolino, piccolo e brutto. E' un brano di grande fascino degli affreschi della cappella Brancacci nella chiesa del Carmine, un particolare della scena con San Pietro in cattedra, dipinta da Masaccio, in cui tradizionalmente si riconoscono l'autoritratto dell'artista, i ritratti del socio Masolino, e dei due brillanti architetti. Lo rivediamo nel ciclo restaurato (Storie di San Pietro), che sarà inaugurato giovedì, alla presenza di Cossiga e De Benedetti. Giorno esplosivo per il '400 fiorentino: l'apertura della Brancacci, chiusa dall'84, avviene con quella della grande mostra «L'età di Masaccio» a Palazzo Vecchio. La prima impressione è quella di un capolavoro recuperato, dopo una storia secolare di vicende spesso distruttive. «La preferivo prima», dice una ragazza bionda, che sventola un manifesto con la Cacciata di Adamo ed Eva di Masaccio. Ogni restauro ha le sue polemiche. Ma i risultati della Brancacci sono sorprendenti. L'intervento durato sei anni (curato dalla Soprintendenza ai Beni Artistici e storici, dall'Istituto del restauro e sostenuto da Olivetti) è stato accompagnato da analisi sofisticate e sarà illustrato in due volumi (ed. Olivetti-Electa). Quali novità? Innanzi tutto, il colore: sono riemersi un Masaccio e un Masolino limpidi, chiari, luminosi, in linea con la pittura fiorentina della prima metà del secolo, dall'Angelico a Piero della Francesca. Poi, una revisione critica sui ruoli degli autori, rispetto all'impostazione del Longhi (1940): non più un rivoluzionario Masaccio, accanto a un bravo tardo-gotico, ma due artisti nuovi, che lavorano insieme, in sintonia, alternandosi sulle pareti. Stile e tecnica diversi, ma linguaggio e cultura omogenei. Infine, scoperte: due sinopie (Pentimento di San Pietro e Pasce agnos meos, pasce oves meas) ritrovate ai lati della finestra, sulla parete di fondo, non facilmente leggibili e di incerta attribuzione tra Masaccio e Masolino. Due teste bellissime, femminile e maschile, entro medaglioni, affrescate nello sguancio della finestra, con decorazioni a racemi, ottimamente conservate. E dietro un grande altare barocco, oggi in parte rimosso (ma che tornerà tutto intero a settembre), tracce forse della Crocifissione di San Pietro, dipinta da Masaccio. Ma rimangono punti oscuri: chi ha cominciato ad affrescare, Masolino, Masaccio o tutti e due insieme? E quando, esattamente? Perché quel soggetto? E' certo che sin dal 1422 Masaccio ventunenne (nato nel 1401 a San Giovanni Valdarno), pittore indipendente dopo cinque anni di apprendistato, faceva parte dell'elite intellettuale fiorentina, con commissioni di prestigio, e conosceva bene Masolino. Lo dimostra un disegno, che sarà esposto a Palazzo Vecchio, una copia anonima di fine '500 di una scena della Sagra, dipinta da Masaccio nel chiostro del Carmine — e precocemente distrutta — in cui sono ritratti, nel corteo per la consacrazione della chiesa del 19 aprile 1422 Masaccio stesso, Masolino, Donatello, Brunelleschi e altri. E' probabile dunque che due anni dopo, nel 1524, Masaccio sia chiamato a lavorare nella cappella del Carmine, di patronato dei Brancacci dal 1386, dall'amico Masolino, forse già all'opera nell'ordine superiore (distrutto nel 1746), come sostiene il Vasari nel'500. Nel 1424-5 i due lavorano alle Storie di San Pietro, ordinate da Felice Brancacci, e piene di sottili allusioni alla vita contemporanea politica e sociale: otto episodi per ciascuno, su due ordini. A Masolino spetterebbero anche gli affreschi delle vele con Evangelisti e due lunette (perduti) e a Masaccio il Martirio di San Pietro, di cui si è ritrovato, come si è detto, qualche frammento. Nel settembre del 1425 Masolino parte per l'Ungheria, Masaccio continua il lavoro da solo, lo interrompe nel 1428 per andare a Roma, dove muore. Nel testamento del 1432 infatti il committente cita la «sua» cappella, con gli affreschi ancora incompiuti. Li completa cinquantanni dopo, nel 1481-5, su incarico dei frati o degli stessi Brancacci riabilitati dopo una serie di disavventure politiche, Filippino Lippi. Quale sia stata la prima scena dipinta da Masaccio, non si sa con certezza. Ma nella famosa Cacciata di Adamo ed Eva c'è già tutto l'umanesimo fiorentino: l'anatomia classica, mescolata alle nuove interpretazioni di Donatello (il Cristo di S. Croce) e alla drammaticità del Brunelleschi. Quelle forme nude, piangenti e urlanti sulla preparazione grigioazzurra, allora ricoperta di azzurrite, sono il primo atto di coraggio nella pittura del secolo. Ancora completamente nude nel 1652 [«formate affatto ignude» si dice nel Trattato della Pittura e scultura, uso et abuso loro, composto da un teologo (Oltonelli) e da un pittore (Pietro da Cortona)], furono coperte da pudiche foglie tra il '600 e '700, sotto il bigotto Cosimo III. Giusto liberarle, oggi. Suggestivo il Tributo, brilla con architetture brunelleschi ane e paesaggi innevati, bianchi e azzurri, che continuano senza limiti nelle altre scene, superando spigoli e angoli della cappella, per intrecciarsi a quelli di Masolino. I volti sani e barbuti degli apostoli, simboli della nuova umanità, sono veri e propri ritratti (in Tommaso si cela forse Febee Brancacci) che rendono «vivo» il racconto, secondo le teorie dell'Alberti. Insomma, l'attualità calata nella storia: altro fatto nuovo a Firenze. Audace per realismo 1'«ignudo che triema» nel Battesimo dei neofiti, molto ammirato nel '500. Nella stessa scena il restauro ha confermato di Masaccio e non di Filippino, come credeva il Longhi, i due personaggi col turbante, a destra, del resto affini a quelli della Sagra. Spicca per modernità, su quelle pareti, anche Masolino. La guarigione dello storpio e la resurrezione di Tabita è una sorpresa. Con le case dai colorì pastello, le piazze, le logge, rappresenta una straordinaria immagine-documento della città di allora, da confrontare con quella di oggi. Zeppa di dati realistici quasi fiamminghi: panni stesi, fiori, cesti che calano dalle finestre, scimmiette al guinzaglio sui cornicioni. E poi, Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre, dal sapore nordico, pendant di quelli di Masaccio, defogliati e candidi come due bambini. Non invecchieranno mai, grazie a un sofisticato impianto che d'ora in poi filtrerà l'aria della cappella come in una clinica svizzera. Maurizia Tazartes Masaccio: «Cacciata di Adamo e Eva dal Paradiso terrestre» (particolare) Masolino: «Adamo e Eva» (Firenze, Chiesa del Carmine)

Luoghi citati: Cortona, Firenze, Roma, San Giovanni Valdarno, Ungheria