L'ombra di De Mita sull'armata-referendum

L'ex segretario de divide il fronte che ha finora raccolto 250 mila firme per cambiare la legge elettorale L'ex segretario de divide il fronte che ha finora raccolto 250 mila firme per cambiare la legge elettorale L'ombra di De Mita sull'armata-referendum Molte le rivalità dietro le quinte ROMA. Venerdì 9 giugno erano tutti lì per l'ennesima volta. Proprio loro, quel gruppo variopinto di politici, dalle tendenze diverse se non opposte, che sta mettendo a soqquadro la politica italiana con i referendum elettorali. Da Mario Segni e Bartolo Ciccardini, esponenti di spicco della dèstra tecnocratica democristiana, a Pietro Barrerà, ingraiano del fronte del No, da Pietro Scoppola, intellettuale di punta dei cattolici democratici, al radicale Giuseppe Calderisi, a Franco Bassanini, presidente dei deputati della sinistra indipendente. E dietro a loro un esercito ancor più potente che vede schierati insieme Achille Occhetto, Marco Pannella e Ciriaco De Mita. A vederli tutti insieme, in bella mostra davanti alle telecamere, danno l'impressione di essere un gruppo compatto, ma già dietro le quinte della conferenza stampa ne succedono di tutti i colori. Un bigliettino da Segni scivola sul tavolo fino a un Calderisi, che scalpita sempre più di fronte alle parole di Bassanini. In quelle quattro righe c'è scritto: «Se credi correggi, ma mi sembra enormemente sbagliato fare polemiche. Sai che la penso come te, ma ti prego proprio di stare attento a non offrire argomenti ai nostri avversari». Il radicale si trattiene fino a quando i cronisti non mettono via i block-notes. Poi sbotta: «Bassanini è proprio una capatosta, i referendum non sono solo uno stimolo, ma rappresentano già una proposta di riforma elettorale». Risponde Bassanini: «Se i radicali sono inferociti con me io lo sono più di loro. Sia chiaro: per noi i referendum sono un grimaldello per riuscire a fare le riforme in Parlamento. E se non si rispettano gli accordi il rischio che quest'alleanza si spacchi è molto forte». Sotterranei, trattenuti e per lo più messi a silenzio, i dissensi che dividono i generali di quella che qualcuno ha già chiamato un'armata Brancaleone stanno venendo alla luce. Ma non si tratta solo delle incomprensioni fisiologiche che possono nascere tra chi è agli antipodi per formazione culturale e per militanza politica. La realtà è che ognuno partecipa a questa avventura con un suo disegno e un suo particolare obiettivo. Cartina di tornasole di questo stato di cose è l'odio-amore verso Ciriaco De Mita. L'ex-segretario de, infatti, è considerato dai promotori dei referendum, a seconda del giorno, o l'invitato di lusso o l'ospite sconveniente, quello che dà agli avversari (in particolare al psi) la possibilità di agitare contro i referendum lo spauracchio di un ritorno al rapporto prefe- renziale tra de e pei. Eppure De Mita, «insieme ad altri esponenti della sinistra de (a partire da Leoluca Orlando), si sta facendo in quattro per la riuscita dell'operazione. Finora, infatti, sono state raccolte 250 mila firme da tutte le forze in campo (42 mila solo dal pei) e da quelle raccolte nelle segreterie comunali emerge un dato significativo: il maggior successo si è avuto in provincia di Avellino (l'ex-segretario ha promesso di raccogliere 50 mila firme nel suo feudo) e a Cosenza (finora 7290, grazie ad un certo Perelli, un democristiano indigeno ancora sconosciuto). Ma, malgrado le buone intenzioni del leader della sinistra de, sul suo nome è scoppiata una grana proprio nell'ultima riunione del comitato promotore, quella di mercoledì scorso nell'ufficio di Mario Segni a largo del Nazareno. Da un mese il comitato aveva in mente di preparare una grande manifestazione nazionale a Roma con Segni, Occhetto, Pannella e, magari, De Mita. L'idea era nata tempo addietro, quando la raccolta delle firme non prendeva quota, sulla scia di una lettera recapitata a tutti gli interessati in cui si teorizzava di «aumentare lo scontro con gli avversari dei referendum» per richiamare l'attenzione dei media. Ma mercoledì scorso le cose sono andate diversamente: qualcuno ne ha parlato nella riunione (da Calderisi, al parlamentare comunista Willer Bordon, ad altri) ma il fatto che la notizia uscisse su un'agenzia di stampa ha spinto il comitato promotore a fare una precipitosa smentita. Motivo? Innanzitutto la paura della reazione del psi di Craxi (che non è mancata); poi, forse ancor più importante, il fatto che a non tutti i promotori fa piacere l'invadenza di De Mita. «Forse - ipotizza Bassanini - qualcuno vuole salire in groppa al referendum per riproporre il vecchio rapporto dc-pci. Per questo è un rischio mandare in piazza insieme Occhetto e De Mita. Anzi, per me ha sbagliato anche Veltroni a partecipare ad un comizio con l'ex-segretario de ad Avellino: lì De Mita è uguale a un qualsiasi altro boss de», Se questa è l'aria che tira, è difficile che il variopinto gruppone possa andare d'accordo per molto tempo. E, probabilmente, gli interessati sanno che, innescata tutti insieme la mina dei referendum (cioè raccolte le firme), la compagnia comincerà a sciogliersi, ognuno prenderà la sua strada e userà quell'arma per i propri fini. «Non posso mica essere diventato - dice Ciccardini - uguale a Calderisi e ad Occhetto». Augusto Minzolini Ciriaco De Mita: I socialisti lo accusano di voler riproporre un rapporto privilegiato dc-pci Andò - senza prodursi in pericolose incursioni nei territori altrui, in sterili protagonismi, Occorre soprattutto che si evitino pericolose commistioni tra le questioni della politica e quelle della legalità». Andò critica esplicitamente il Consiglio superiore della magistratura: «Pericolosi, destabilizzanti, sembrano gli intrighi, le interferenze provenienti da un Csm preoccupato solo di difendere il proprio potere nei confronti di altri poteri dello Stato». Giudizio positivo anche dal presidente del Senato, Giovanni Spadolini: «Condivido la denuncia accorata del presidente Cossiga e condivido soprattutto l'auspicio del Capo dello Stato che tutti i poteri tornino a muoversi nel rispetto della Costituzione». Pierferdinando Casini, de, vicepresidente della Commissione stragi, cita la sua esperienza sul caso Ustica: «Il monito del Capo dello Stato si attaglia alla perfezione al ruolo ambiguo e per certi versi sconcertante che, in sede parlamentare, svolgono le commissioni d'inchiesta. La doverosa ansia di verità è sembrata troppe volte lasciare il posto ad una disinvolta manipolazione della realtà, ad una spettacolarizzazione della politica e addirittura ad un tentativo di intromissione nel lavoro della magistratura». (Agi-Ansa]

Luoghi citati: Avellino, Cosenza, Roma, Ustica