Il cinema di Khomeini è un bambino che corre
Curiosità e sorprese alle giornate di Pesaro per la rassegna dedicata ai film iraniani sulla rivoluzione degli Ayatollah Curiosità e sorprese alle giornate di Pesaro per la rassegna dedicata ai film iraniani sulla rivoluzione degli Ayatollah Il cinema di Khomeini è un bambino ebe corre Un momento di «Bashu gharibeh kuchak» (Il piccolo straniero) PESARO. «Bashu, il piccolo straniero» di Bahram Beyza'i è un bambino del Sud dell'Iran, la zona più devastata dalla terribile guerra con l'Iraq. Ha visto il padre inghiottito dalla terra e la madre avvolta dalle fiamme durante un bombardamento ed è fuggito con mezzi di fortuna nella regione del Gilan, al Nord. Dove la terra è verde e ubertosa, dove si parla un'altra lingua, dove tutti hanno la pelle bianca e credono che lui sia nero perché è sporco. Bashu non è che uno dei tanti bambini che sono passati sugli schermi iraniani di Pesaro in questi giorni. Bambini che assistono in qualità di testimoni o mediatori a drammi familiari («Oltre il fuoco» di Kianush Ayyary). Bambini che non fanno altro che correre, nel senso letterale della parola, lungo le spiagge, nei campi e nei deserti, per raggiungere qualcosa, per aiutare qualcuno, per inseguirsi. E abbiamo anche visto cugini e fratelli aggredirsi per il possesso di una giumenta o di una vacca; abbiamo «inquilini» di un caseggiato che litigano come in Stasera l'attore italiano dirige a Parigi, nel tempio dei classici francesi, due farse di Molière Nessun prodotto celebrativo di regime, ma lavori di alto livello espressilo I registi: «Sotto lo Scià si facevano pellicole pornografiche e violente» Mostra dai delegati ufficiali del Paese. Il cinema sotto lo Scià era un cinema commerciale nel senso volgare della parola (non commerciale come un film di Spielberg, specificano) fatto di violenza e di pornografia. Dopo la rivoluzione, c'è stato un momento di sbando perché dei produttori cialtroni hanno riciclato alcuni film già in cantiere, sostituendone i dialoghi con altri pseudo-rivoluzionari. Ma l'establishment si è reso conto che queste opere non erano sincere e a una cattiva propaganda rivoluzionaria hanno preferito nessuna propaganda. Oggi i cineasti sono liberi di fare ciò che vogliono nei limiti delle regole stabilite dal codice di censura. In base al quale non si può parlare di sesso; di temi connessi con la religione; di aspetti sociali particolarmente delicati (vengono chiamati «sfere di disturbo»): riguardo agli argomenti della prostituzione e della tossicodipendenza bisogna vedere per esempio se la critica riguarda l'individuo o il sistema perché in quest'ultimo caso è necessario impedire che ciò avvenga. Sul tema politico non c'è restrizione. «Siete consapevoli di vivere in una teocrazia dove potere politico e religioso si identificano?» ha chiesto qualcuno. «Sì, lo siamo» è stata la laconica risposta. Non è facile smascherare i persiani. Per tradizione millenaria sono cortesi, impassibili, e conoscono la nostra cultura fanno gentilmente notare - molto meglio di quanto noi non conosciamo la loro. E se ti dicono con aria innocente che preferiscono Robert Bresson e Tarkovsky a Rambo come dargli torto? Raccontano: «Il cinema iraniano è un bambino mentre Rambo è un cane feroce. Può darsi che in casa ci sia bisogno di un cane feroce ma solo dopo che il bambino è cresciuto». Gli eroi alla Stallone non piacciono nel Paese di Khomeini. Di cosa possono parlare dunque i registi? Ha sintetizzato per tutti il cineasta Ayyary: «E' caduto il Muro di Berlino e si è affermata la perestrqjka. Sul finire del XX Secolo abbiamo assistito al crollo del radicalismo. Noi cineasti irania¬ una commedia all'italiana (genere di cui i cineasti iraniani sono estimatori); donne sempre in chador prima e dopo la rivoluzione. Abbiamo visto film di alto livello espressivo, mai banali, a volte decisamente belli, ma non abbiamo visto quello che pensavamo di vedere, ovvero il volto dell'Iran oggi. Non che dal Paese ove alcuni giorni fa 3 milioni di persone si riunivano a piangere fanaticamente l'anniversario della morte di Khomeini, dove le adultere vengono lapidate, dove si fa giustizia sanguinaria e sommaria dei prigionieri politici, ci si aspettasse un cinema del dissenso. Ci si aspettava prodotti celebrativi del regime, slogan, bandiere. Invece niente. Proviamo a riassumere alcune delle spiegazioni offerte nell'incontro ufficiale promosso dalla ni vorremmo essere coriiderati più artisti che messaggei. Il nostro è uno dei punti cadi del mondo. Invece che fareslogan preferiamo approfondje lo sguardo sulla gente delnostro Paese. La censura religiop è anche politica, sarebbe scinco negarlo. Rappresentare gli esseri umani è un modo per fan politica. Nei film che avete \ sto ce n'è molta. Esiste una grai le tradizione simbolista in mesto Paese, dovete ricordarlo» Proviamo a rivederli < ivanti agli occhi della mente i p Vagonisti di questi giorni. I b nbini che cercano inutilmente ] icqua in un lago prosciugato nel leserto fra carcasse di animai; che corrono per salvare sotto cocente un blocco di g fresco e splendente comi coppa di cristallo. Ripensi; fittizi lieti fini che nascondono un'infinita tristezza e alle disperate verso «Dio sa sotto l'apparente nati delle immagini vedremo a, il fantasma della libertà. g mi i; ondono le , Alessandra Leva itesi CASA D'ASTE e acquarelli secolo a dei Bossi 2 'arte poranea ardie 1950-1990 a dei Bossi 2 A D'ASTE S.p.A. Milano - Tel. 02/877041 - Telefax 02/867318 V \
Persone citate: Alessandra Leva, Bahram Beyza'i, Khomeini, Rambo, Robert Bresson, Spielberg, Tarkovsky
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