E Dunga ai Pontello: «Contratto fino al '94» di Claudio Giacchino

Il M Il M E Dunga ai Pontello: «Contratto fino al '94» tus e Torino per godere della sua travolgente carica nel prossimo campionato e detta un ultimatum alla Fiorentina: «Entro domenica mi faccia sapere se accetta le mie condizioni: prolungamento del contratto sino al 1994 e squadra rafforzata». Tanto per ingraziarsi i suoi datori di lavoro, sibila: «Da dieci anni i Pontello promettono una grande formazione e poi svendono soltanto. O si decidono a fare ciò che dicono da Un'eternità o me ne vado. Pretendo garanzie, non voglio fare la fine di Baggio». Quasi l'ex viola, invece di passare alla Juve e guadagnare come uno sceicco, fosse stato sbattuto alla Cajenna. Qualcuno punzecchia: «A Firenze non dovrebbe arrivare Aldair?» e riceve una risposta livida: «Il suo ingaggio era stato deciso cinque mesi fa, Lazaroni aveva dato l'okay. Poi, come al solito, non se n'è saputo più nulla». Pochi metri più in là Aldair (un altro acciaccato) descrive così, per la gioia dei reporter connazionali, lo svedese Magnusson, suo compagno nel Benfica e avversario domenica: «E' uno che non tiene grande coraggio». Delizia le orecchie dei compatrioti anche Careca: «Là davanti Muller e io siamo soli. Dato che le nostre trame sono tutte in velocità, è necessario che qualcuno del centrocampo ven- ga in soccorso». L'uditorio, smanioso di sempre nuovi appigli per poter criticare il già ultracriticato Lazaroni, è felice: eccola, bell'e servita dal candido centravanti, la polemica di giornata contro il conducator. Povero Careca: dalla padella alla brace. Perché, pochi attimi prima, aveva scansato le domande degli italiani: «Siete cattivi, con voi ho chiuso. M'avete fatto dire invenzioni». Ovvero, il suo desiderio di trasferirsi alla Sampdoria. Il silenzio, ad uso nostrano, del bomber pare avere un papà, Moggi, che ieri ha tenuto un sermoncino al linguacciuto campione. Parla molto, e forse ne farebbe volentieri a meno, Lazaroni. Nell'efficiente centro-stampa allestito da Asti '90 allo stadio, davanti ad una bandiera dispiegata dagli «Amici della terra» invocante salvezza per gli indios e le foreste amazzoniche, assolve al rito quotidiano delle interviste. Sebbene la partitella testé conclusa sia stata alquanto deprimente e l'abbiano visitata leggeri infortuni a Ricardo Rocha e Aldair, ribadisce: «La squadra cresce, siamo quasi al massimo. Conto su Dunga: sennò, è pronto Silas». Paziente, ripete per la millesima volta: «Questo Brasile sa anche essere offensivo». Ma la folla di reporter continua a non fidarsi. DAL NOSTRO INVIATO I muscoli dei campioni scricchiolano e la stampa ulula «Stiamo avviandoci al disastro», mettendo a dura prova la pazienza di Giobbe-Lazaroni e facendo strame di quella di tal Luiz Enrique, preparatore atletico della «Selecao». Il quale, punto sul vivo dal veleno di oltre duecento cronisti piovuti su Asti da ogni angolo del Brasile, fa ampio spreco di stizza: «Non capite niente, voi. Tutto previsto, non c'è problema. Credetemi». Ma, in questo caravanserraglio che è il ritiro degli eroi in maglia verde-oro, quando mai sarà possibile prestar fede ad una voce se altre mille', d'incanto, nascono e muoiono per sostenere tutto e il contrario di tutto su qualsiasi argomento? Comunque, checché ne dica il vituperato Luiz, almeno metà dei pedatori carioca lamentano gambe imballate e/o perseguitate da quei dolorini che vanno sotto il nome di «risentimento, stiramentino». La peggio messa è la destra di Dunga. Però, il suo padrone nicchia: «Niente di particolare, contro la Svezia ci sarò». Laconico sull'immediato futuro, su quello a più lunga gittata il focoso «anima e core» del centrocampo brasilero è un fiume in piena. Nega un'asta tra Juven¬ Claudio Giacchino INGHILTERRA

Luoghi citati: Asti, Brasile, Firenze, Inghilterra, Svezia, Torino