Greyhound in piena crisi

Greyhound in piena crisi Greyhound in piena crisi Sul quotidiano Daily News di New York, Gail Collins ha scritto con perfidia che «è uno di quei momenti magici della città in cui la gente di tutte le religioni, razze e redditi è unita da un solo pensiero: gli sta bene!». La columnist alludeva alle disavventure finanziarie del mega miliardario Donald Trump, re dei grattacieli e dei casinò Usa, businessman con un pelo sullo stomaco così, «l'uomo che l'America ama odiare», come ha commentato una radio di Manhattan. Non sono disavventure da poco. Nella costruzione del proprio impero, basata sullo sfratto dei comuni mortali e sull'assalto alle aziende in difficoltà, Donald Trump ha contratto debiti per circa 2 miliardi di dollari, 2500 miliardi di lire, su cui a metà del mese deve interessi di 81 milioni di dollari, 100 miliardi di lire. Sino ad aprile, il super-palazzinaro è riuscito a far fronte ai propri obblighi. Adesso rischia la bancarotta. Dei problemi di Trump, New York incominciò a sussurrare a maggio, quando «the king», il re, mise in vendita una delle gemme della sua corona, lo shuttle che collega Boston e Washington alla metropoli. Trump smentì «le calunnie», come le chiamò, affermando di essere alla ricerca di liquidità per espandersi sul mercato im- La Greyhound, mitica compagnia Usa di autobus «coast to coast» è alle corde. Schiacciata da debiti per 800 milioni di dollari ha chiesto l'amministrazione controllata, appellandosi al «capitolo 11» della procedura fallimentare statunitense. La decisione è stata presa per mettere l'azienda al riparo dalle sempre più pressanti richieste dei creditori e, contemporaneamente, per permettere alla società di continuare a funzionare su tutto il territorio degli States. La Greyhound ha totalizzato una così imponente mole di debiti anche accumulando arretrati per circa 10 milioni di dollari nelle rate del leasing, oltre non aver effettuato un pagamento di interessi su obbligazioni proprie per altri 9,8 milioni di dollari. Le difficoltà finanziarie sono infine state aggravate (per 70 milioni di dollari) da una controversia sindacale, tuttora in corso, che vede da oltre tre mesi in agitazione 6300 autisti. mobiliare. Negli Usa, il mercato immobiliare sta attraversando la crisi forse più grave dalla fine della guerra: «E' destinato a riprendersi» spiegò Trump, «e chi acquista ora accumulerà una fortuna». Era un goffo escamotage. La settimana passata, le grandi banche gli hanno dato l'ultimatum: o tagli subito i costi e ristrutturi il debito, lo ha minacciato la Citycorp, il suo principale creditore, o noi chiediamo l'amministrazione controllata. Trump ha obbedito: nei suoi casinò di Atlantic City, al celebre albergo Plaza di Manhattan, allo shuttle sono fioccati i licenziamenti. Ieri, i primi contraccolpi. I «junk bonds», titoli spazzatura ad altissimo rischio e interesse, da lui emessi per alcune delle sue imprese, sono crollati del 10-15 per cento, e un gruppo di investitori lo ha querelato per truffa: avrebbe contraffatto le previsioni delle sue principali aziende, soprattutto dei casinò di Atlantic City. Una banca - si ignora quale - si è posta al riparo dalla sua possibile insolvenza strappandogli la comproprietà di un grattacielo. In segreto, lo stesso Donald Trump ha chiesto a una casa editrice di rinviare la pubblicazione della sua autobiografia «perché non so come finirà l'ultimo capitolo». Facendo buon viso a cattiva sorte, il miliardario ha dichiarato alla tv che «è prossimo un accordo reciprocamente vantaggioso coi grandi istituti fi-

Persone citate: Boston, Donald Trump, Gail Collins, Trump

Luoghi citati: America, Manhattan, New York, Usa, Washington