Carri armati contro la Kirghizia ribelle

Lo scontro etnico si è trasformato in una rivolta generale contro il potere sovietico: 40 morti Lo scontro etnico si è trasformato in una rivolta generale contro il potere sovietico: 40 morti Carri armati contro la Kirghizia ribelle Soldati e poliziotti disertano per unirsi ai rivoltosi MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La fiammata di violenza nel Sud della Kirghizia è diventata ormai un incendio che sta divorando tutta la piccola Repubblica asiatica sovietica. Nonostante la legge marziale imposta lunedì, dopo i primi incidenti e i primi morti nella cittadina di Osh, gli scontri si sono estesi a Uzghen, Alai, Aravan, Karassuysk, Naukan. Anche nella capitale, Frunze, la polizia ha sparato per disperdere migliaia di studenti che avevano invaso la piazza Lenin. E il bilancio complessivo delle vittime è impressionante: 40 morti e centinaia di feriti, come ha riferito il presidente del Soviet supremo dell'Urss, Anatoli Lukyanov, che ha interrotto i lavori parlamentari per informare i deputati sugli sviluppi di questa nuova tragedia. Michail Gorbaciov, già in difficoltà per la crisi economica, per la sfida di Boris Eltsin e per quella degli indipendentisti baltici, è stato costretto ad affrontare d'urgenza il capitolo Kirghizia nel tentativo di fermare il massacro. La linea scelta dal Cremlino sembra ricalcare quella impiegata non più di tre mesi fa a Baku, la capitale dell'Azerbaigian, dove fu inviato l'esercito a reprimere le violenze scoppiate tra gli azeri e la minoranza armena. Verso STATI UNITI una volta la sua assoluta fragilità. E questo per Gorbaciov è un ulteriore segnale d'allarme: a livello locale il potere è incapace di fronteggiare qualsiasi emergenza, quando non è addirittura schierato con le forze nazionaliste. A Frunze il segretario del partito comunista della Repubblica, Medet Sherimkulov, è stato preso a sassate dagli studenti che si erano riuniti nella piazza Lenin. Sherimkulov aveva tentato di prendere la parola per calmare i giovani che chiedevano l'abolizione dello stato d'assedio, ma il suo intervento ha moltiplicato la rabbia dei manifestanti e la polizia ha sparato. Secondo notizie non confermate — i collegamenti telefonici sono praticamente tagliati — nella capitale kirghiza ci sarebbero stati cinque morti. E' nei piccoli centri, tuttavia, che la violenza ha fatto il maggior numero di vittime. Uzghen, a 50 chilometri da Osh, in particolare, è stata devastata da combattimenti casa per casa durati fino a notte. A Mosca le autorità sovietiche non nascondono la loro preoccupazione e le previsioni sono pessimistiche per l'immediato futuro. Negli ambienti dei servizi di sicurezza si teme che le forze dell'esercito interno inviate in Kirghizia saranno costrette ad uno «scontro duro» con i gruppi armati ribelli. Tre Frunze, Osh e gli altri centri kifghizi in rivolta sono in marcia migliaia di uomini del cosiddetto «esercito interno», le truppe anti-sommossa che dipendono dal ministero degli Interni sovietico. Colonne corazzate sono partite dalla stessa Baku, da Alma Ata, da Tashkent; da Fergana. Reparti aviotrasportati sono già scesi all'aeroporto di Frunze, elicotteri armati sorvolano in permanenza Osh e Uzghen, la cittadina dove ieri ci sono stati gli scontri più violenti. Ma la situazione non è ancora sotto controllo. Tutt'altro. La battaglia che era cominciata tra gruppi di nazionalisti kirghizi e uzbeki si è trasformata rapidamente in una ribellione generale contro il potere. La scintilla della tensione inter-etnica ha innescato l'esplosione di tutti i problemi nazionali, di tutte le insoddisfazioni sociali e politiche. Sono state prese d'assalto le sedi del partito comunista e della Milizia, sono stati saccheggiati negozi, sono state bruciate case. I gruppi rivali hanno organizzato vere e proprie annate subito ingrossate da agenti di polizia e da soldati che hanno disertato, così come avvenne anche nella crisi del Caucaso tra azeri e armeni. Il tessuto amministrativo della struttura periferica dell'impero sovietico ha dimostrato ancora mesi fa, l'intervento a Baku provocò quasi duecento morti. Ma di fronte all'ampiezza delle violenze in corso, il Cremlino non ha altra scelta. Il massacro deve essere fermato e l'ordine ripristinato. Anche perché questa esplosione nell'Asia centrale sovietica arriva proprio alla vigilia di impegni decisivi per Gorbaciov che non può apparire ancora più indebolito di quanto già non lo sia. Il primo di questi impegni comincerà oggi: è il vertice dei Paesi del Patto di Varsavia che deve affrontare la questionechiave della riforma dell'alleanza militare. Per il capo del Cremlino si tratta, ufficialmente, di avviare la costruzione di quel nuovo sistema di sicurezza europeo proposto anche nel summit di Washington. Ma, più concretamente, si tratta anche di gestire in qualche modo il processo di decomposizione del Patto di Varsavia già in atto per le trasformazioni politiche avvenute in Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria e Germania Est. Il secondo impegno cruciale per Gorbaciov è il varo della riforma economica-bis, corretta dopo l'ondata di panico che la prima versione ha provocato. E per questo, sabato e domenica, un plenum del Comitato centrale del pcus sarà chiamato ad esaminare il nuovo progetto. Enrico Singer REGIONE A MOSCA. Paese di montagne, di pascoli, di strette valli coltivate a cotone, attraversato dalle ultime tribù nomadi di origine mongola, al terz'ultimo posto nella graduatoria del reddito delle 15 Repubbliche dell'Urss, la Kirghizia è un territorio di frontiera in una delle zone di confine più delicate dal punto di vista militare e politico. Centonovantotto mila chilometri quadrati schiacciati tra la Cina ed altre tre Repubbliche sovietiche dell'Asia centrale: l'Uzbekistan, il Tagikistan e il Kazakstan. Una regione-cuscinetto dove anche i ceppi etnici sono intrecciati: dei 4.143.000 abitanti, il 48 per cento è composto di kirghizi (popolo di radici mongole e uralo-altaiche), il 25 per cento è arrivato dalla Russia, il resto è uzbeko. Anche le religioni s'intrecciano. La maggioranza è di fede musulmana sunnita, la minoranza è cristiana con una componente di tradizione sciamanica pre-islamica. La Kirghizia fu conquistata nel 1855 dall'impero zarista che la inglobò nel Turkestan russo. Dopo la rivoluzione del 1917 il potere sovietico mantenne la Kirghizia all'interno della sterminata Federazione russa fino al 1924 quando tutta la zona asiatica fu «ridisegnata» da Stalin. Dal '24 al '36 la Kirghizia ebbe lo statuto di regione autonoma. Dal '36 è una Repubblica. La capitale, Frunze, prende il nome da Michail Vassilievich Frunze che fu il primo «commissario del popolo» (ministro) della Difesa bolscevico. Michail Frunze, al quale è dedicata anche l'Accademia militare di Mosca, era nato nella capitale kirghiza il cui nome originale era Pishpek. La città è abitata da 630 mila persone. Nuovo motore 1.3 HCS a combustione magra r TERGILUNOTTO POST. - GOMME LARGHE 175/70 - ALZACRISTALLI ELETTRICI CHIUSURA CENTRALIZZATA ■ VETRI ATERMICI AZZURRATI DOPPI SPECCHI A COMANDO ELETTRICO E SBRINATORE BERLINA MOSCA. Oltre alla Kirghizia, altre quattro delle quindici Repubbliche che compongono l'Urss si trovano in Asia centrale e tutte, ormai, sono percorse dalla rivolta nazionalista che nasce dalle tensioni interetniche, una delle maggiori preoccupazioni che pesano sul futuro della perestrojka. UZBEKISTAN. La presenza di una minoranza di turchi mesketi (musulmani sciiti deportati da Stalin) nella valle di Fergana ha innescato delle violenze feroci. Nel luglio '89 più di cento mesketi sono stati massacrati dagli uzbeki (che sono musulmani sunniti) e, nel marzo scorso, sono scoppiati incidenti (con quattro morti) anche nella capitale della Repubblica, Tashkent. TAGIKISTAN. Nel febbraio scorso si è combattuto nelle strade di Dushambé, la capitale, con un bilancio ufficiale di 22 morti e 500 feriti. Negli scontri rimase coinvolto anche l'attore Michele Placido che si trovava nella zona per un film sulla guerra in Afghanistan. KAZAKHSTAN. Qui gli scontri sono avvenuti nel giugno dell'89 tra le minoranze georgiana, azera e armena da una parte e i nazionalisti kazaki dall'altra. Gli incidenti più gravi ci sono stati nella città di Novy Uzen con tre morti e 50 feriti. TURKMENISTAN. E' la più piccola delle cinque Repubbliche ed anche quella che presenta la maggiore coesione etnica. Ma nel maggio dell'89 la capitale, Ashkabad, è stata teatro di una rivolta, con negozi saccheggiati e incendi, scatenata dalle infime condizioni di vita. La notizia di bambini morti di fame in Turkmenistan è stata rivelata dai giornali sovietici un mese fa. le. s.] IN ASIA LA SPINA DI MO