La difesa di Leoluca Orlando di Francesco La Licata

La difesa di Leoluca Orlando La difesa di Leoluca Orlando «Gli affaristi sono fuori dalla politica, ora sta ai giudici controllarli» L'ex sindaco Orlando: sono tranquillo , ho o fatto la mia parte O1 11 PALERMO1 1 DAL NOSTRO INVIATO «La nostra parte l'abbiamo fatta, togliendo legittimità politica al comitato d'affari. Siamo riusciti ad impedire che interessi finanziari e politici coincidessero. Adesso spetta ai giudici continuare, perché aver espulso i collusi dai palazzi della politica e del governo della città non vuol dire essersi liberati dal comitato d'affari». Leoluca Orlando non ci sta, rifiuta nettamente la maldicenza che vuole giudici e sindaco in contrapposizione. «Se la politica — dice — si riforma da sé epurando la liste elettorali da presenze inquinanti, se si cambiano i metodi di aggiudicazione degli appalti, rompendo una lunga catena di proroghe più o meno tacite, è evidente che necessita un maggiore controllo da parte dei giudici. Affinché non rientri dalla finestra ciò che è stato espulso dalla porta». Ma non era stata fatta pulizia? Essere riusciti ad isolare politicamente il comitato d'affari non significa avere vinto. E la prova di ciò viene pròprio dall'inchiesta per cui è stato di nuovo arrestato Ciancimino. La scoperta, fatta adesso, che Ciancimino sarebbe socio occulto, ripeto occulto, di un'imprésa finanziaria, dimostra che è cambiata la strategia. Sta dicendo che non c'è difesa? Alla politica si può chiedere l'estromissione dalle sedi formali dei comitati d'affari; ad altri, alla magistratura, che intercettino le operazioni sospette che avvengono fuori dalla politica. Ma, intanto, la gente è portata a pensare che anche la giunta Orlando ha continuato a dare appalti a Ciancimino. Il sindaco ha assegnato appalti in base a criteri di mercato, criteri oggettivi. E' lecito chiedersi come mai i magistrati abbiano riscontrato irregolarità solo ora. Se la magistratura interviene oggi, perché io, che avevo meno strumenti, avrei dovuto accorgermene prima? Ma dico di più: il pericolo l'avvertivamo e abbiamo agito, il documento fier la modifica della legge sul'appalto, l'intesa coi sindacati sui subappalti, il decreto Sicilia, sono tappe fondamentali del processo di rinnovamento. Ma non avevamo strumenti per accertare l'esistenza di collusioni. Il comitato d'affari, dunque, esiste, ma fuori dal palazzo della politica cittadina. Certo, questo è il nocciolo. Quindi, dice lei, spetta alla magistratura stanarlo, all'esterno delle sedi politiche. Perfetto. E siccome l'attività della magistratura ha riflesso sulla vita politica della città, il sindaco si occupa anche di quel che accade a palazzo di giustizia. Non so se è chiaro. Professor Orlando, mi consenta un dubbio: ma quando arrivò la fideiussione di sette miliardi firmata da Vaselli, a garanzia dell'impresa che aveva vinto l'appalto, la Cosi, non vi siete messi in allarme? Vaselli per noi era un imprenditore. Tutto secondo le norme. Non si sapeva che Vaselli era un prestanome di Ciancimino? Al momento dellvàggiùdicazibne dell'appalto era tutto in regola. La Cosi è un'impresa e noi abbiamo assegnato la gara d'asta al massimo ribasso. Se dopo avvennero modificazioni di fatto, in corso d'opera, bisognerà accertarne le modalità. E pure i giudici insistono: Ciancimino non è mai uscito dal Comune. Di quali protezioni gode? Di certo non sul versante politico. Ma se si vuol colpire Ciancimino non ci si può fermare a lui. Dobbiamo capire chi altri faceva parte del comitato d'affari. Non ho mai creduto che Ciancimino fosse un marziano a Palermo. C'è stato un sistema di potere politico-mafioso che non è stato scardinato. Non è forse vero che Ciancimino è stato arrestato nell'84 e non c'è ancora una sentenza? Per quanto ne so, fino a ieri, era libero. Il processo per le misure di prevenzione è stato rinviato diciotto volte. Se mettiamo a tacere le voci scomode, il comitato d'affari tornerà ad avere un ruolo politico. Francesco La Licata

Luoghi citati: Palermo, Sicilia