Appalti un'ombra su Orlando

SE GLI ASSENTEISTI SONO I GOVERNANTI SE GLI ASSENTEISTI SONO I GOVERNANTI Appalti, un'ombra su Orlando Ciancimino gestiva gli affari di Palermo DI bene in meglio. Nelle elezioni del 6 maggio abbiamo scoperto che ci sono partiti, ormai abbastanza agguerriti e battaglieri, che mirano alla disgregazione dello Stato nazionale, sinora mai messo in discussione da nessuno. Non è passato un mese, e scopriamo che una delle gemme della nostra Costituzione repubblicana, il vantato istituto di democrazia diretta, attraverso il quale i cittadini prendono loro stessi le decisioni che li riguardano senza delegarle ad altri, è una spesa inutile per lo Stato e un perditempo per i buoni cittadini che considerano ancora il voto come un dovere morale. Uno scacco dopo l'altro. Ma su questa astensione dal voto, che ha toccato la cifra nel nostro Paese sino a ieri inimmaginabile del 57%, occorre fare una prima osservazione, anche rischiando di dire cose ovvie, che tuttavia non tutti sembrano aver capito. Per astensione dal voto s'intende abitualmente il rifiuto di andare alle urne per indifferenza o ignavia o stanchezza o avversione per i partiti che conducono il gioco. Nell'astensione di questi referendum sono invece confluiti coloro che volevano votare «no». Altrimenti, come si spiegherebbe che i «sì» hanno raggiunto la cifra incredibile del 92%? In questo caso, l'astensione ha rivelato non già una mancanza di interesse, quella che i politologi chiamano «apatia», ma, al contrario, proprio un interesse ben preciso, orientato unicamente a ottenere lo scopo, consentito dalla Costituzione, dell'invalidazione. Di per se stessa, dunque, la somma degli astenuti, che comprende in questo caso, oltre agli astenuti abituali (pur considerando che nei referendum sono in numero maggiore che nelle prove elettorali), anche coloro che se fossero andati a votare, avrebbero votato «no», non è allarmante. Che gli amici della caccia e dei pesticidi abbiano incoraggiato l'astensione è certo. E' chiaro quindi che l'astensione è, questa volta, un'astensione diversa da tutte le altre. Quel che è accaduto è, se mai, allarmante da un altro punto di vista. Vogliamo renderci conto che se questo espediente, o trucco, di non votare, anziché votare «no», continuerà, ben pochi referendum d'ora innanzi resisteranno alla prova richiesta per la loro validità, e la gemma della nostra Costituzione sarebbe spacciata? Presto detto: i fautori del «no», non andando a votare, costringono i fautori del «sì» a superare la prova della validità, e quindi ad ottenere il 50% più uno non dei soli votanti ma degli aventi diritto al voto, vale a dire a raggiungere una maggioranza molto più alta, di fatto difficilmente raggiungibile, di quella necessaria in una competizione normale. Era sufficiente che un 10% di fautori del «no» fosse andato a votare che il referendum sarebbe stato valido, e la maggioranza che i fautori del «sì» hanno ottenuto sarebbe stata sufficiente per la loro vittoria. Del resto, la stessa osservazione poteva essere fatta per i referendum precedenti sulla giustizia e il nucleare. Arrotondando le cifre, 46 milioni erano stati gli aventi diritto al voto. Se i fautori del «no» non fossero andati a votare, per rendere valido il referendum sarebbero occorsi 23 milioni di voti. Tale è la cifra che i fautori del «sì» avrebbero dovuto raggiungere per vincere. Siccome una buona parte dei fautori del «no», circa il 5%, meno smaliziati dei cacciatori e dei loro alleati, erano andati a votare, e votando hanno fatto superare la soglia del 50%, cioè la quota necessaria per la validità della prova, ai fautori del «sì» sono bastati per vincere solo 21 milioni circa di voti. Una volta capito il trucco, chi mai oserà proporre nuove prove referendarie? I promotori di un referendum dovranno procurarsi da soli i voti necessari non soltanto a superare i voti contrari ma anche quelli indispensabili per far sì che il referendum sia valido, e questi sono sempre tassativamente, PALERMO. Nuove ombre sul futuro politico dell'ex sindaco de Leoluca Orlando dopo l'arresto di Vito Ciancimino. Con la carica inquinante dei suoi affari, «l'ex padrone della città» avrebbe contagiato anche l'amministrazione «anomala» che per cinque anni ha governato Palermo. Nulla di preciso, per il momento si tratta di voci sull'interpretazione di un passaggio del comunicato con cui la procura della Repubblica ha dato notizia dell'arresto di don Vito e su qualche «maldicenza» raccolta ieri mattina a Roma nel Palazzo dei Marescialli, durante la riunione del Consiglio Superiore della Magistratura. I carabinieri, dal canto loro, avrebbero pronto un rapporto giudiziario con cui si adombra l'ipotesi che le imprese addette alla manutenzione di strade e fogne del Comune siano aneli esse «emanazioni» di Vaselli e di Ciancimino. Leoluca Orlando in un'intervista a La Stampa si difende: «I giudici colpiscano gli affaristi». La conferenza conclusa tra le polemiche

Persone citate: Ciancimino, Leoluca Orlando, Orlando Ciancimino, Vaselli, Vito Ciancimino

Luoghi citati: Palermo, Roma