Guesh Patti, ex scandalosa di Marinella Venegoni

Guesh Patti, ex scandalosa La cantante francese l'altra sera al City Square di Milano Guesh Patti, ex scandalosa E' la capostipite della nouvelle vague musicale pittoresca d'oltralpe^. Il nuovo Lp «Nomades» lontano dalle atmosfere sexy del video «Etienne» MILANO DAL NOSTRO INVIATO Dagli Anni 60, con gli ultimi gloriosi chansonnier, la musica francese era scomparsa dalle scene europee, travolta dagli anglosassoni pigliatutto. Rigidamente protetta dentro i confini in tutto questo tempo, essa ha dovuto comunque tingersi di colori internazionali e delle allegre contaminazioni dei «Negresses Vertes» e dei «Mano Negra» per poter tornare ad esser ascoltata come mi tempo, dovunque. Capostipite di questa nouvelle vague cosmopolita e pittoresca è stata Guesh Patti, l'altra sera in concerto per la prima volta in Italia al City Sanare di Milano. Ancora una donna a segnare una nuova tendenza. La cantante e autrice era finora conosciuta da noi soprattutto fra gli appassionati delle passerelle sanremesi e fra i cultori di video per via della canzone «Etienne», illustrata nel clip da immagini ispirate a Erich Von Stroheim e giudicate da chissà chi tanto scandalose e sexy da esser proibite alla tv francese. Per la verità lo scandalo era inesistente; ma come sovente succede la montatura è servita a Guesh Patti, anche attraverso video successivi, come apriporta verso la notorietà. In concerto con l'album appena uscito «Nomades», ecco emergere interamente la verve rockettaro e postpunk di questa autrice e interprete saldamente legata alla tradizione francese per il modo enfatico dell'interpretazione. Guesh Patti è un curioso incrocio fra Edith Piaf (cui somiglia anche un poco fisicamente) e la pazzerellona tedesca Nina Hagen; ma evoca pure, in qualche passaggio ritmico particolamente scandito, il buon Nino Ferrer di «La pelle nera». E' un cocktail di sapori mutevoli, ai quali va aggiunta una presenza scenica notevole, frutto di una disciplina acquisita in anni di danza classica. Guesh Patti, che ha abbondantemente superato la trentina, ha ballato in passato perfino alla Scala, ma pareva molto a suo agio qui, davanti al¬ lo sparuto gruppo di fans (non più di trecento) venuto a festeggiare il battesimo italiano. Circondata di quattro musicisti davvero bravi, sulla scena dominata da un misterioso totem marmoreo che ricorda nella forma un martello, Guesh Patti lascia all'inizio presagire una totale libertà espressiva che si chiude poi in una performance rigorosa ma abbastanza canonica. I mezzi vocali sono interessanti, gutturali o acuti, e trascorrono verso una dimensione più ritmica verso la metà del concerto, a partire da «Cui Cui Man», vecchio brano contro il razzismo. «L'homme au tablier vert» è il clou del nuovo lp e stigmatizza, con citazioni di Baudelaire, il ritorno delle tentazioni autoritarie alla Le Pen attraverso la metafora di un uomo che coltiva fiori carnivori. La nazionalità, nello showbusiness, si paga. Se fosse stata di lingua anglosassone, Guesh Patti non avrebbe avuto bisogno di inventarsi gli scandali dei video e sarebbe forse già diventata famosa. Invece il trucchetto di «Etienne» pesa sulla performance, e quando alla fine la canzone arriva, fra l'esile folla serpeggia una certa delusione per non aver potuto assistere che a qualche educato sculettamento. Morale: mai gridare al lupo, se del lupo non c'è bisogno. Marinella Venegoni Guesh Patti, mito in ascesa

Luoghi citati: Italia, Milano