E la cogestione? Avanti con cautela di Valeria Sacchi
E la cogestione? Avanti con cautela E la cogestione? Avanti con cautela Ma prima le imprese vogliono relazioni migliori MILANO. E' praticabile in Italia la strada delle cogestione? Umberto Agnelli ha rilanciato due giorni fa a Venezia l'ipotesi come possibile, aggiungendo: «Se i sindacati sono pronti a farlo, le forme si troveranno». Gli ha fatto eco Cesare Romiti, affermando che l'ingresso dei sindacati nei consigli di amministrazione è «auspicabile». Il mondo imprenditoriale però è diviso. «E' una tendenza inevitabile», ammette con cautela Luigi Lucchini mentre più scettico appare Flavio Sottrici, presidente degli industriali di Varese e industriale cartario che la giudica «una proposta per il momento poco praticabile». C'è poi chi è del tutto contrario, come Enrico Gregotti; chi invece la auspica come un toccasana, ad esempio Cesare Manfredi, presidente dell'Ucimu. Qualcun altro ricorda come la faccenda fu sostanzialmente bocciata (nonostante l'entusia¬ smo di Giorgio Benvenuto) dai vertici sindacali italiani nei primi Anni 80. E c'è perfino chi rammenta che su questo tema spezzò una lancia papa Wojtyla nella sua prima visita a Milano. Secondo Lucchini, il problema del rapporto di identificazione del dipendente non solo sui temi economici ma anche su quelli gestionali della fabbrica è inevitabile. Ma «l'Italia avrà difficoltà a imboccare questa strada perché, tolte le 10 o 15 grandi imprese nelle quali esistono le possibilità culturali e organizzative per fare il passo verso la cogestione, le migliaia e migliaia di piccole imprese questo salto se lo porranno in termini molto, ma molto lontani». Anche in Germania, nonostante le premesse favorevoli, solo in pochi grandi gruppi i dipendenti siedono nel consiglio. Lucchini suggerisce una via diversa e due cose da fare subito: «Prima di tutto bisogna riporta¬ re le relazioni sindacali dentro e fuori la fabbrica ad un livello diverso, riscoprendo i temi della sostanza delle cose. Poi bisogna portare il maggior numero possibile di imprese in Borsa, e indirizzare il risparmio, magari con formule che comprendono parte del salario, in azioni. Così i dipendenti, invece di essere cogestori invitati, saranno azionisti a pieno titolo». Sul vincolo grande impresacogestione, non è però d'accordo Manfredi, padrone di un'azienda di macchine utensili con 90 dipendenti: «Non vedo nessuna contraddizione ad introdurre la cogestione anche nelle piccole aziende, purché siano società per azioni. Secondo me questa formula è auspicabile perché, in tal modo, i sindacati potranno affrontare i problemi alla nascita, ossia in consiglio, e non come avviene ora, solo alla fine. Il sindacato, seduto ad un tavolo, dovrà affrontare il pro¬ blema di gestire l'azienda, e dovrà necessariamente dimostrare maggiore maturità. Purché, naturalmente, si tratti di una cogestione effettiva, altrimenti non servirà a nulla». Meno ottimista è Sottrici perché «la tipologia delle aziende italiane è diversa da quella tedesca. Inoltre, da quattro anni, i rapporti tra Confindustria e sindacati sono in fase di stallo. Gli stessi sindacati attraversano una grave crisi di rappresentatività: farli entrare nella stanza dei bottoni creerebbe loro ulteriori difficoltà. Per arrivare alla cogestione, bisogna modificare la cultura di base. E invece, da qualche tempo, si sono fatti solo passi indietro. Questo rilancio della cogestione mi sembra estemporaneo e crea confusione». Più netto il giudizio di Gregotti, industriale cotoniero (400 dipendenti) che alla cogestione proprio non crede. Spiega: «Secondo il codice civile, gli operai sono prestatori di lavoro subordinato e come tali soggetti che non partecipano al rischio di impresa. Se partecipano alla gestione, devono allora assumersi i rischi di impresa»; il che, paradossalmente, potrebbe arrivare a costringerli ad autoridursi lo stipendio se l'azienda va male. Al di là dei pareri diversi, ima preoccupazione sembra unire tutti gU interpellati: il pessimo stato di salute dei rapporti tra imprenditori e sindacati. Se questa situazione non cambierà, qualsiasi ipotesi di nuove frontiere è destinata al naufragio. Valeria Sacchi Luigi Lucchini Giorgio Benvenuto
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