Le ferrovie rimangono senza guida di Emilio Pucci

Con l'amministratore straordinario se ne va anche il direttore generale De Chiara Con l'amministratore straordinario se ne va anche il direttore generale De Chiara le ferrovie rimangono senza guida Schimberni cede dopo la lunga guerra con Bernini I retroscena La riforma bocciata rapida rassegna i momenti qualificanti della sua attività di amministratore straordinario e conclude senza dare, in realtà, una spiegazione esauriente dei motivi della sua decisione. «Si apre ora - dice la lettera, indirizzata al ministro - la fase nella quale è possibile attuare, in un arco temporale di medio periodo, la ristrutturazione e lo sviluppo del traffico ferroviario ed il miglioramento sostanziale dell'esercizio e del servizio alla clientela. Considero quindi concluso il mandato affidatomi e rassegno le dimissioni dall'incarico di amministratore straordinario». Aggiunge: «Sulla base dell'esperienza acquisita all'interno dell'Ente, mi permetto di segnalare alla Sua attenzione e valutazione le proposte di trasformazione in una società per azioni a capitale pubblico, regolata dal codice civile, e del contratto di programma fra Stato ed Ente, come strumenti di adeguata risposta all'efficienza del servizio pubblico ferroviario ed al mercato. Ringrazio i dirigenti, i ferrovieri tutti e Lei, signor ministro, per la collaborazione avuta ed auspico di cuore il miglior successo allo sviluppo delle ferrovie italiane». Anche Bernini non ha dato chiarimenti, rimanendo sul generico. «Non sono rimasto del tutto sorpreso - ha dichiarato dato che Schimberni mi aveva più volte fatto presente che non avrebbe voluto essere il futuro presidente dell'azienda ferroviaria. Prolungandosi il periodo di gestione straordinaria oltre ogni previsione (all'inizio si era fissato un termine di tre mesi), per sue valutazioni peraltro più che comprensibili, l'amministratore straordinario non ha potuto mantenere ulteriormente questo incarico». Dopo aver rilevato chtf'di fronte alle notevoli difficoltà «1' impegno di Schimberni è continuato con intensità ed efficacia», il ministro ha precisato: «I nostri rapporti, improntati sempre a stima e franchezza, hanno consentito diversità di opinioni, come sulla riforma, ma anche una buona collaborazione, come per il piano delle Fs». Non un cenno alla possibilità di respingere le dimissioni, mentre divampa la polemica sulla gravità della situazione. Forse, secondo Mancini della Filt-Cgil, la decisione di Schimberni è da collegarsi al giro di poltrone pubbliche in corso: «Comunque le dimissioni non debbono essere accettate». Arconti della Fit-Cisl insinua che Schmiberni probabilmente vuole verificare se ha ancora i sostegni politici che lo hanno portato al vertice della Fs. «Peccato - osserva Aiazzi della Uil-trasporti - perché alla fine aveva capito che senza i sindacati difficilmente sarebbe riuscito a portare avanti il risanamento delle Ferrovie. Siamo molto preoccupati». Gian Cario Fossi ROMA. L'avventura di Mario Schimberni ai vertici delle ferrovie è finita ieri a sorpresa, con una lettera di dimissioni, scritta ad un anno e mezzo esatto dall'inizio del suo mandato. Ma la guerra tra lui e il ministro Bernini che si è visto consegnare la lettera, durava ormai da mesi. Il lungo braccio di ferro sulla gestione e sulla riforma di uno degli enti più disastrati d'Italia, si è così risolto con un gesto clamoroso. Bernini e Schimberni si sono visti ieri di buon mattino e i comunicati ufficiali parlano di un colloquio «lungo e cordiale». Ma l'incontro ha in pratica segnato la fine di un serrato duello. L'ex amministratore delegato della Montedison (è rimasto alla guida del colosso chimico fino al 1987), chiamato a gestire il «dopo Ligato» e a far dimenticare lo scandalo delle «lenzuola d'oro», alla fine ha alzato le braccia, consegnando la resa nelle mani del «nemico». Schimberni, subito dopo l'incontro con Bernini, è andato in Banca d'Italia, arrivando fra i primi invitati di riguardo all'assemblea. Sorridente e bersagliato dai fotografi, si è ben guardato dall'annunciare le sue dimissioni, che poi sono state rese note solo nel pomeriggio. Per la verità, gli osservatori più attenti ai tristi fatti delle ferrovie si aspettavano l'uscita di Schimberni già nei mesi scorsi, quando i rapporti tra i due «duellanti» erano al culmine della tensione e quando la trattativa per il rinnovo contrattuale sembrava destinata al fallimento, con gravissime conseguenze per i collegamenti dei treni. Invece, l'addio è venuto a contratto firmato e proprio nel momento in cui i rapporti con Bernini sembravano volgere al meglio. Solo un'impressione, dal momento che il ministro non ha mostrato particolare sorpresa per l'uscita di Schimberni e, pur mostrando «apprezzamento e gratitudine», non ha mancato di ricordare la «diversità di opinioni» sulla riforma delle ferrovie. E il progetto Schimberni per portare il nostro servizio ferroviario a livelli europei e non da Terzo Mondo, non sembra destinato a fare molta strada. A bocciare la riforma (che, tra l'altro, prevede il taglio di 29 mila posti di lavoro), fu, sul finire dello scorso gennaio, Bernini in persona, con una gelida dichiarazione: «Restituisco il provvedimento e non lo approvo. Non corrisponde alla legge, non è stato contrattato con i sindacati e non tiene conto delle indicazioni del risanamento». Un compito che ora toccherà al futuro presidente delle Ferrovie. Per Schimberni, vicino ai socialisti, si prospettano adesso nuove avventure. Si parla con insistenza di una sua candidatura alla presidenza dell'Elmi, in sostituzione del socialdemocratico Valiani. Ma sono solo voci, e il ministro per le Aree Urbane ha dichiarato ieri sera che «in direzione psi non si è parlato di una candidatura di Schimberni alla presidenza dell'Efori». I liberali sospettano invece una ricandidatura alle Ferrovie. Da oggi, comunque, Schimberni tornerà ad occuparsi a tempo pieno della Armando Curdo editore, di cui è amministratore delegato. Proprio recentemente la casa editrice italiana ha rilevato dal gruppo Springer l'editrice spagnola Sarpe, per rafforzare la sua presenza in campo europeo. Ma per un uomo che è stato alla guida del colosso italiano della chimica e che ha tentato, sia pure con scarsa fortuna, di risollevare il servizio ferroviario, la sola attività editoriale potrebbe non bastare. Emilio Pucci

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