MAGICO CARROLL

MAGICO CARROLL MAGICO CARROLL Una biografia di d'Amico sul reverendo Dodgson Le sue bambine svestite: «hobby lievemente folle IL reverendo Charles Lutwidge Dodgson, sia prima che dopo essersi sdoppiato (a 24 anni) in Lewis Carroll, risulta molto fortunato. Nell'obiettivo di Masolino d'Amico, autore del romanzo-biografia che sta per uscire per le edizioni Studio Tesi {Lewis Carroll, attraverso lo specchio, pag. 198, 42 mila lire), il grande acrobata dei nostri sogni sembra aver vissuto i suoi sessantasei anni (tra il 1832 e il 1898) in una situazione davvero meravigliosa. Per due motivi. Primo: le bambine inglesi della metà Ottocento da lui tanto amate erano assai belle. Secondo: Freud c'era, ma la psicoanalisi, anch'essa, era ancora piccola. E non è poco. Inarrivabile viaggiatore della fantasia, Dodgson nella realtà non ebbe alcuna vocazione al movimento. Passò quasi tutto il suo tempo ancorato alle proprie stanze nel Christ Church di Oxford del quale fu prima allievo, poi docente di matematica, infine inquilino-scienziato a vita. Fece un solo epico viaggio in Russia e un paio di traslochi tra l'ala Est e l'ala nord-occidentale del college. Le sue eroine le cercava nei giardini domestici, pri¬ ma in famiglia, tra le sorelle, poi nelle famiglie amiche di vescovi e diaconi; Alice Pleasance, «l'incomparabile rubacuori» con la quale è passato all'immortalità, era una delle tre figlie del potente decano Liddell. Diventato celebre, strinse amicizie molto alte anche con bambine reali, ma perché anch'esse gli arrivavano vicine, facevano cerchio attorno a lui insieme al Coniglio Bianco e al Cappellaio Matto di Alice nel paese delle mera: iglie e al Re e alla Regina Rossa di Attraverso 10 specchio. Erano lievi, risolute, sottili e sapienti. Al reverendo bastava guardarsi attorno, lanciare uno dei nonsense alla Edward Lear, inventare per l'uditorio rigorosamente minore di dieci anni qualcuno dei rebus che lo divertivano tanto da guarirgli provvisoriamente anche la balbuzie, e il gioco cominciava. Continuando poi con le celebri parodie, le lettere funamboliche (se ne contano 98.721), i non meno determinanti pic-nic, gli inviti a casa tra orari esilaranti, le gite sul Tamigi: da una di queste complicate avventure, nel pomeriggio del 4 luglio 1862, nasce 11 capolavoro a testa in giù della letteratura infantile. Ma il gioco più affascinante è con la macchina fotografica. Nel libro di d'Amico, elegante navigatore nello spazio «carrolliano», le fotografie sono una specie di secondo testo, una sponda cui arrivano e da cui rimbalzano la felicità e la malinconia, l'intelligenza e l'ambiguità del protagonista. Perché il mistero del creatore di Alice, più che negli importanti contributi euclidei, si nasconde in quel famoso studio-laboratorio sul tetto del college, pieno di oggetti magici e di sorprese, circondato di silenzioso rispetto appena disturbato dall'invadenza invidiosa dell'amico Ruskin. Lassù le bambine vengono messe in posa, pettinate con propensione per la maniera preraffaellita vista anche l'amicizia con i Rossetti, deliziosamente travestite poiché un altro grande amore del reverendo è il teatro. O, più preferibilmente, svestite. La passione per la tenera forza dei corpi impuberi è pari all'assoluta libertà con la quale l'uomo di Chiesa, convinto assertore della regola vittoriana, la proclama. Scampato felicemente, per poco, al tiro del «freudismo», Carroll-Dodgson raccoglie pur qualche brusio sul suo singolare hobby tanto che, nel 1880, abbandona repentinamente la fotografia. Masolino d'Amico sull'argomento ripassa con tocco leggero; anche perché, ricorda divertito, i sospetti dell'entourage sul padre di Alice riguardavano, alla fine, molto più la sua propensione per la scena che non l'assiduità all'infanzia. Il racconto e la scelta iconografica di d'Amico seguono con pari attenzione il curriculum letterario e scientifico di Dodgson, compresa qualche «vera» stranezza (il trattato sul tennis), benché al centro vi sia sempre il «libro più anarchico della letteratura inglese, dove l'autorità è mostrata come capricciosa e intollerante, le istituzioni sono incomprensibili e ingiuste, la divinità non è nominata, le poesie edificanti sono ridotte a nonsenso mediante una brillantissima tecnica di parodia». L'irriverenza del reverendo è trionfale. Mirella Appratii con la macchina fotografica. Nel libro di d'Amico, elegante navigatore nello leggero; anche perché, ricorda divertito, i sospetti dell'entourage sul padre di Alice riguardavano, alla fine, molto più la sua propensione per la scena che non l'assiduità all'infanzia. Il racconto e la scelta iconografica di d'Amico seguono con pari attenzione il curriculum letterario e scientifico di Dodgson, compresa qualche «vera» stranezza (il trattato sul tennis), benché al centro vi sia sempre il «libro più anarchico della letteratura inglese, dove l'autorità è mostrata come capricciosa e intollerante, le istituzioni sono incomprensibili e ingiuste, la divinità non è nominata, le poesie edificanti sono ridotte a nonsenso mediante una brillantissima tecnica di parodia». L'irriverenza del reverendo è trionfale. Mirella Appratii

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