La crisi della giustizia Ecco il Rapporto Csm
La crisi della giustizia Ecco il Rapporto Csm Prima «relazione» indirizzata alle Camere La crisi della giustizia Ecco il Rapporto Csm La «Relazione al Parlamento» varata in questi giorni dalla commissione Riforma del Csm (in massima parte dovuta alle eccezionali capacità di analisi ed elaborazione del giudice Borre) sta suscitando un forte interesse. Non soltanto tra gli addetti ai lavori. Era stato il Senato, con un voto del 29 gennaio 1969, a creare questo stra¬ mento di raccordo tra magistratura e Parlamento. La prima «Relazione», intitolata «Realtà sociale e amministrazione della giustizia», si ebbe nel 1970. Poche altre - da allora - ne sono seguite. Questo Consiglio ha ritenuto essenziale riproporla: perché il momento che la giustizia sta attraversando è carico di contraddizioni e difficoltà, ma anche non privo di prospettive. Occorreva rappresentare le une e le altre. Il primo capitolo della «Relazione» è dedicato al processo civile, oggi in crisi gravissima. All'enorme arretrato di cause (che se non altro rappresenta una «giustizia domandata») si aggiungono istanze che non riescono aa emèrgere % si disperdono o prendono vie alternative (dall'abitrato alla «supplenza^criminalè»). ATVff' La «Relazione» accoglie la filosofia di fondo del recente progetto Vasalli, al quale il Consiglio superoriore della magistatura ha dato un notevole contributo di riflessione con una risoluzione del maggio 1988 (estensore ancora Borre). Ma un processo più rapido che non sacrifichi il diritto di difesa - com è nella filosofia del progetto - sarebbe del tutto illusorio se non si ponesse mano ai necessari supporti organizzativi ed ordinamentali. Primo fra tutti una forte e rinnovata magistratura onoraria (giudice di pace). Quanto al nuovo processo penale, il messaggio culturale che esso esprime (oralità, cultura delle garanzie) è recepito dalla «Relazione». Che però non manca di sottolineare come siano necessarie numerose messe a punto, così da realizzare una maggior funzionalità senza «ritorni indietro». Il terzo capitolo -forse il più centrale - affronta i problemi di riforma dell'ordinamento giudiziario. Una riforma organica manca ormai da decenni. Alcune riforme di settore (consigli giudiziari; temporaneità delle funzioni e degli incarichi direttivi; incarichi extragiudiziari) giacciono in Parlamento. La parola d'ordine di questa parte della «Relazione» sta nel riconoscimento di garanzie ai magistrati in una logica non di prerogativa, ma di servizio. In quest'ottica gli incarichi direttivi hanno da essere temporanei, rappresentando essi non un blasone ma - appunto un servizio. Più in generale appare auspicabile una non eccessiva cristallizzazione delle funzioni, anche, allo scopo di evitare che si formino «centri di potere». La distinzione tràlfùnzióne requirente egiudicante costituisce, una giusta distinzione di «Épecialtsmon^neìl^ambito di una comune cultura della giurisdizione: non già una separazione di carriera preordinata alla soggezione del pm all'esecutivo (sbocco incompatibile col principio dell'obbligatorietà dell'azione penale). Altro punto forte del terzo capitolo è l'esame degli strumenti destinati alla crescita della professionalità, intesa come «il sale dell'indipendenza». Si parla poi di partecipazione popolare all'amministrazione della giustizia, con speciale attenzione alla difesa della corte d'assise contro tentazioni liquidatone. Segue il capitolo sulla responsabilità del magistrato. Non si ignora il significato del responso referendario. Ma la responsabilità civile rimane uno strumento marginale (perché casuale; perché calibrata sul danno e non sul disvalore del comportamento; perché assicurabile). Essenziale è invece la responsabilità disciplinare. Ma a patto di costruirla (anche questa riforma giace in Parlamento) in una chiave nuova: che guardi non al prestigio della corporazione ma alla correttezza del servizio; e quindi - in sostanza - ai diritti del cittadino. Nel quinto capitolo il Csm affronta il problema di se stesso: non organo di mera amministrazione (che senso avrebbero la presidenza del capo dello Stato e la presenza di laici eletti con speciali maggioranze parlamentari?); ma organo di complessiva salvaguardia dei valori dell'indipendenza, terzietà e imparzialità. Di qui l'esigenza di affrancare il consiglio da alcune subalternità: capacità di stare in giudizio; problema della forma degli atti; superamento dell'attuale scissione fra deliberazione e gestione esecutiva dei trasferimenti. Come si vede, il Consiglio ha voluto realizzare un rapporto collaborativo con il Parlamento, utilizzando la specificità della propria esperienza per suggerire itinerari di riforma. L'obiettivo è di contribuire ad una sempre più forte affermazione dei valori della giurisdizione, ma nel quadro di un arricchimento della professionalità dei magistrati. Al fine ultimo di rendere sempre più attenta la salvaguardia dei diritti e delle aspettative dei cittadini. Giancarlo Caselli I giudici del Csm hanno inviato al Parlamento una loro «relazione» che sta suscitando molto interesse
Persone citate: Borre, Giancarlo Caselli I
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