Trovata cadavere in Arno

Trovata cadavere in Arno Trovata cadavere in Arno AREZZO. Il cadavere di Maria Lorenza Marangoni, la moglie di Pietro Mancini consigliere comunale a Cosenza e figlio dell'ex segretario del psi ed ex ministro, Giacomo Mancini, è stato recuperato ieri pomeriggio dalle acque dell'Arno. I vigili del fuoco sono intervenuti su segnalazione della polizia stradale ed hanno tratto a riva la salma della donna che si trovava su un fondale, nei pressi di San Giovanni Valdamo, in provincia di Arezzo. Maria Marangoni, 42 anni, era originaria di Padova, ma risiedeva da parecchio tempo a Roma. La sua auto, una «Lancia Prisma», è stata trovata dagli agenti della Polstrada, abbandonata sulla corsia Nord dell'autostrada del Sole, la «A/1», proprio in prossimità del casello di Valdarno. Sulla vettura, tra gli oggetti trovati dalle forze dell'ordine, c'era pure una bottiglia di whisky semivuota. La donna, secondo le prime ricostruzioni, sarebbe precipitata dal ponte «Romito» che unisce le due sponde del fiume. La magistratura aretina ha subito aperto un'inchiesta ed ha disposto il trasferimento del corpo della signora Marangoni Mancini ad Arezzo dove oggi sarà sottoposto ad autopsia per accertare le cause della morte. ta ideale sono la spina dorsale del movimento delle Leghe, proiettate verso il futuro. «Salta» la Messa in dialetto, pare per l'opposizione delle gerarchie ecclesiastiche e i «leghisti» passano la mattinata ad attendere il momento solenne del giuramento, parlando di politica, di maggioranze e opposizioni nei vari paesi, di strategie. Poco dopo le 11 arriva la «star», Umberto Bossi, accompagnato dai cori della gente che lo adora, conteso da fotografi, giornalisti, cineoperatori: la platea, disposta in un prato di fronte al palco, riconosce le telecamere della Rai ed esprime il suo disappunto per il trattamento ricevuto dalla Lega durante le trasmissioni elettorali con un «Via Rai, via Rai» («Ci hanno presi per un milione e mezzo di cialtroni» accusa una signora). In un discorso di un'ora e mezzo Bossi tocca tutti gli elementi del programma della Lega Lombarda, individuando di volta in volta i «nemici» fra i partiti e i giornali, legati a quel DALLA PRIMA PÀ Spezzare le frontiere dell'odio profondo Ut paura dello stermi-^ nio giacche la propaganda bombastica di certi regimi arabi e quella allarmistica di casa, hanno alimentato 'm'^lui quel senso di insicurezza che da sempre tormenta gli ebrei. E non per caso. Allorché il palestinese medio si domanda se Shimon Peres (o il generale Rabin) sia sincero quando dice di volere, col piano Baker, il dialogo con i palestinesi è certamente in buonafede perché da tutta una vita s'è sentito ripetere che gli israeliani non vogliono la pace con gli arabi bensì un patto leonino, ovviamente sulla pelle dei palestinesi. Senza dubbio l'israeliano di 21 anni che ieri ha massacrato sette e più «schiavi» palestinesi è uno squilibrato anche se pare abbia agito «con estrema freddezza». Nel febbraio del 1988 cinquecento tra psicologi e assistenti sociali israeliani chiesero pubblicamente al governo di porre fine all'occupazione dei Territori. La repressione, scrivevano, colloca i nostri giovani soldati in una situazione moralmente insostenibile; facendo vivere i nostri figli in un clima di discriminazione e di razzismo rischiamo di creare dei mostri. E parimenti squilibrati sono gli ultras palestinesi che giustiziano crudelmente presunti collaborazionisti, suscitando lo sdegno e la condanna, preoccupata, di Arafat che sa come quei giovani siano plagiati dai fondamentalisti islamici di Hamas. Interrogato sul «perché» del rigurgito antisemita in Francia, 10 scnttore ebreo Marek Halter, scampato all'Olocausto e residente in Israele, ha proposto al giornale Haaretz due motivazioni: l'aver i francesi rimosso i quattro anni bui nei quali la polizia cooperò coi nazisti per inviare novantamila ebrei nelle camere a gas; la repressione di Tsahal nei territori occupati: «Vedendo tutti i giorni alla tv i nostri soldati fare quello che fanno, la gente giunge alla conclusione che gli ebrei non sono diversi dagli altri popoli e pertanto non hanno diritto ad alcun privilegio». Chaim Weizmann, l'aristocratico primo presidente di Israele, il 14 di maggio, venerdì, di 42 anni fa, subito dopo la proclamazione dello Stato disse: «Sono sicuro che il mondo ci giudicherà da come riusciremo a convivere coi palestinesi». Davanti alla fanatica violenza della destra fonda mentalista israeliana, com mentando l'annivsrsario di Israele, Time si è domandato se 11 «bambino» di allora una volta giunto alla maturità «non ab