Il bau-bau giapponese stimola Detroit di Piero Casucci

Il bau-bau giapponese stimola Detroit Il bau-bau giapponese stimola Detroit Difficoltà per le aziende locali che forniscono componenti La massiccia presenza dei costruttori giapponesi negli Usa è così negativa come si è sempre sostenuto sinora? Si sta affacciando l'ipotesi che col passare del tempo l'industria e l'utente americani trarranno benefici dall'attività svolta in loco da Toyota, Nissan e Honda. L'industria Usa, tradizionalmente basata su tre grandi imprese, ha tratto alcune importanti conquiste sul piano della competitività a vantaggio dell'acquirente. I giganti di Detroit hanno acquisito inoltre una maggiore flessibilità produttiva. Ma è noto, del resto, che gli americani, in tema di tecnologia, erano rimasti indietro rispetto alle Case europee, molto più rapide nella modernizzazione e nell'automazione dei loro impianti. Ormai, negli Usa non si fa mistero del fatto che i giapponesi hanno insegnato agli american; un nuovo modo di fare le auto¬ mobili, in particolare quando si tratta di joint venture. E' il caso, ad esempio, di Toyota e General Motors in California. La Casa del Sol Levante ha stimolato il partner di Detroit e il prodotto ne ha guadagnato anzitutto in qualità. C'è un altro elemento che viene sottolineato dagli analisti americani. I costruttori giapponesi stanno progressivamente aumentando il contenuto di parti costruite localmente: oggi è del 60 per cento, ma nel 1992, assicurano, salirà al 75%. La dichiarata intenzione è di acquistare componentistica americana in quantità sempre maggiori. Avverrà nel campo dell'elettronica, delle pompe d'iniezione per motori Diesel e dei freni. • E' un argomento che anche gli inglesi giudicano importante visto che la Nissan si è installata nel Regno Unito. Quando questa Casa cominciò a co- struirvi la berlina «Bluebird» nel luglio del 1986 il contenuto locale era appena del 40 per cento. Nel novembre del 1989 era del 70-75 per cento e quest'anno dovrebbe raggiungere l'80 per cento. Ma il contenuto locale, com'è noto, è molto difficile da valutare. Non si è mai certi della sua reale incidenza. E' stato suggerito che venga basato sul peso ma con tutta probabilità non se ne farà nulla. Anche la Nissan ha creato in Gran Bretagna (dove è stata attratta dalla possibilità di ottenere sovvenzioni pubbliche vista la disponibilità di manodopera, dal costo relativamente basso dei salari e dal fatto che la lingua inglese è ormai famigliare a tutti i giapponesi di un certo livello), una rete di propri fornitori quasi tutti in esclusiva. E ad essi ha imposto le sue regole in fatto di qualità, costi e termini di consegna. ì' Sono le stesse vigenti in Giappone e hanno fatto la fortuna sia dell'industria automobilistica locale sia dei fornitori esterni, ma non è stato agevole raggiungere l'amalgama desiderato in Inghilterra e neppure in America. E' difficile per le aziende di componentistica anglo-americane adattarsi al ritmo di rinnovamento dei modelli che la Nissan, e in genere l'industria automobilistica giapponese, attua (30-36 mesi fra l'uno e l'altro). E' un criterio che probabilmente dovrà essere riveduto perché crea disagi alle reti di vendita. Com'è avvenuto in America, l'arrivo di un'impresa giapponese ha aperto la strada ad altre provenienti dalì^ stesso Paese. In pochi anni la zona dove sorge la Nissan ha attirato complessivamente una trentina di società del Sol Levante. Piero Casucci S