Liberia la caduta di un tiranno di Domenico Quirico

Tra stragi e saccheggi l'ultimo atto di uno dei più sanguinari regimi d'Africa Tra stragi e saccheggi l'ultimo atto di uno dei più sanguinari regimi d'Africa liberici, la caduta di un tiranno I ribelli assediano Monrovia Nessun embargo all'Occidente Sconfitti Iraq e Olp I moderati vincono ai vertice arabo Sulla pista dell'aeroporto Robertsfìeld, a quaranta chilometri da Monrovia, un Boeing 707 nuovo fiammante è pronto a decollare con un preavviso di pochi minuti. Samuel Doe, ex sergente da dieci anni padre padrone della Liberia, uno dei più spietati dittatori d'Africa, se l'era regalato (20 milioni di dollari) nel gennaio scorso: una decisione previdente, perché potrebbe essere la sua ultima via di fuga per non cadere nelle mani dei guerriglieri del Fronte nazionale patriottico che ormai assediano la capitale. Attorno a Monrovia si sta consumando, tra stragi e terrore, l'ennesimo dramma del continente: le avanguardie dei ribelli sono ormai a meno di cinquanta chilometri dalla città, dopo aver conquistato Buchanan, il principale porto del Paese da cui passano le vitali esportazioni di ferro e il nodo strategico di Kataka. Nella città ormai è il panico mentre i soldati, tra cui i famigerati pretoriani del presidente, si abbandonano a vendette e saccheggi (ieri hanno ucciso anche un casco blu di guardia alla sede dell'Onu che cercava di proteggere un gruppo di civili). Ma il peggio arriverà se i ribelli attaccheranno la città. Quando avevano dato inizio alla rivolta, nel dicembre scorso, sulle montagne del Nord erano 150, ora sono oltre cinquemila. Li comanda un ex uomo d'affari e alto funzionario improvvisa- MALAYSIA BAGHDAD. Al termine di tré giorni di acceso dibattito, i leader arabi riuniti per un vertice straordinario sul conflitto arabo-israeliano si sono impegnati a adottare misure economiche e politiche contro quei Paesi che riconoscono Gerusalemme quale capitale di Israele; hanno anche criticato la politica statunitense in Medio Oriente. Ma il documento finale del summit voluto dal presidente iracheno Saddam Hussein, è stato purgato da quei toni e quelle richieste avanzato dallo schieramento dei «duri», capeggiato dall'Iraq e dall'Olp in cui più aspre erano le critiche a Washington. I leader arabi si sono inoltre impegnati a intraprendere azioni comuni per assicurare ai cinque milioni di palestinesi sparsi in tutto il mondo uno stato indipendente di cui faccia parte il settore arabo della città santa, che ne sarà la capitale. Per questo nel comunicato congiunto i dirigenti arabi esprimono la loro condanna al Congresso americano per il sostegno dato a Israele che rivendica Gerusalemme come «capitale eterna» dello Stato ebraico. «Il summit ha sancito che le potenze arabe prenderanno misure economiche e politiche contro qualsiasi Paese riconosca Gerusalemme come capitale di Israele», si legge nel documento finale, in cui però non si specifica quali misure né si fa riferimento ad alcun Paese in particolare. «Lo scopo per cui il summit era stato convocato è stato raggiunto», ha dichiarato Yasser Abed-Rabbo, membro del Consiglio esecutivo dell'Olp. In realtà sono rimasti delusi quanti volevano che dal vertice uscisse una condanna unanime nei confronti degli Usa per la questione dell immigrazione degli ebrei, soprattutto sovietici, in Israele, che Shamir vorrebbe insediare nei territori occupati, per rovesciare a vantaggio di Israele l'equilibrio demografico. Ha prevalso su tutti i fronti lo schieramento moderato capeggiato da Egitto e Arabia Saudita - che ha saputo far valere la propria linea sostenendo che impiegare la ricchezza araba come arma politica contro l'Occidente non avrebbe fatto altro che aumentare la tensione, già alle stelle, e il clima di incertezza in Medio Oriente. L'Iraq, la Libia e l'Olp hanno dovuto accettare la linea morbida. «Se si insiste nel denunciare gli Stati Uniti in merito all'immigrazione degli ebrei sovietici - ha detto il principe Saud Al Faisal, ministro degli Esteri dell'Arabia Saudita - bisognerebbe allo stesso modo denunciare l'Unione Sovietica che sta mandando questi emigranti in Israele». Gli aiuti assegnati all'Olp non sono stati quantificati ma dovrebbero aggirarsi sui quaranta milioni di dollari al mese. bardi di lire, si sono dovuti convertire di fronte agli impressionanti dossier che documentano le violazioni dei diritti umani di un regime spietato. Bush ha ordinato lunedì il rimpatrio anche delle migliaia di funzionari del Corpo della pace, che puntellavano il regime. A fianco del presidente sono rimasti i consiglieri militari di Israele, che in Liberia aveva investito una parte consistente della sua strategia africana per uscire dall'isolamento. Il destino del «Dottor Doe» come ama farsi chiamare dopo aver ottenuto una laurea honoris causa dall'università di Seul, sembra ormai segnato: l'uomo che nell'80 fece giustiziare sommariamente sulla spiaggia di Monrovia i componenti del governo del suo predecessore per dare una lezione al popolo, ha subito otto tentativi di golpe e ha portato l'economia del Paese alla bancarotta (Monrovia apre il libro nero del Fondo Monetario: non ha mai restituito neppure un centesimo del miliardo e mezzo di dollari di debiti). Adesso a Monrovia si prepara la resa dei conti. Tra le truppe ribelli c'è un reparto denominato «Small Boy Unit», 400 guerrieri-bambini con meno di 15 anni. Tutti hanno avuto genitori o fratelli assassinati dagli squadroni della morte di Doe, hanno giurato vendetta. Domenico Quirico [Agi-Api

Persone citate: Buchanan, Bush, Rabbo, Saddam Hussein, Samuel Doe, Saud Al Faisal, Shamir, Yasser Abed