«Dateci il tunisino lo ammazziamo»

A Genova dopo il sanguinoso raid del folle 200 persone hanno assediato la Questura A Genova dopo il sanguinoso raid del folle 200 persone hanno assediato la Questura «Dateci il tunisino, lo ammazziamo» «La polizia non sa difenderci» Scontri, fermate sette persone A Chieti Ha sparafo al figlio e si è uccisa GENOVA. Viveva in un'auto, alle spalle aggressioni e violenze. Nel quartiere, il tunisino lo conoscevano come uno squilibrato, lo evitavano. Ieri mattina, verso le nove, ha perso la testa. Ha rubato una mannaia in una macelleria, si è gettato sui passanti, in piazza delle Erbe, nel centro di Genova. Un raptus di follia durato dieci lunghissimi minuti. L'immigrato ha colpito chiunque gli capitava a tiro, tra cui i bambini di una classe d'asilo, che stavano andando in piscina. Otto persone sono rimaste ferite: gravi una piccola di 2 anni e una donna anziana. La tensione è diventata subito altissima. Duecento persone hanno assediato il distretto di polizia dove il folle, fermato da una guardia giurata, era stato portato: gli agenti lo hanno salvato dal linciaggio. Nel pomeriggio 500 abitanti del centro sono sfilati in corteo, scandendo duri slogan contro Martelli, forze dell'ordine, immigrati: «Abbiamo paura, via i neri». C'è stato anche uno scontro tra i manifestanti e alcuni studenti. Una delegazione ha parlato con il prefetto: «La macellaia che è stata colpita aveva più volte denunciato che davanti al suo negozio passava spesso un matto pericoloso. Il commissario di zona e i vigili lo sapevano, nessuno ha fatto nulla». Rahmani Abdemiacer El Sahab, nato in Tunisia, arrivato in Italia almeno sei anni fa, viveva in una vecchia Fiat « 132» abbandonata in via San Donato. Dalla polizia era conosciuto per storie di aggressioni, che gli erano costate diversi arresti ed un foglio di via, nell'84. Ma il tunisino non se n'è mai andato. Se fosse successo dopo l'approvazione della legge sugli immigrati, sarebbe stato riaccompagnato alla frontiera. Due mesi fa aveva lanciato una lastra di marmo contro Giovanni De Maro, un falegname. Era il suo modo per vendicarsi di chi, forse un bambino o un teppista, aveva rotto a colpi di pietra un finestrino della vecchia «132». Non si sa invece quale sia stata la molla che ha scatenato ieri mattina la furia dell'uomo. E' entrato nella macelleria con il viso stravolto, ha staccato dalla parete una mannaia con la lama lunga 60 centimentri e si è infilato nella retrobottega, sotto gli occhi spaventati della macellaia Anna Lami, 72 anni. Lì trova un dipendente, Emilio Scotti, 62. Il tunisino vibra un colpo, Scotti si copre con un braccio, è ferito. Nel frattempo accorre la macellaia. La mannaia scende anche su Anna Lami, che finisce all'ospedale con una profonda ferita alla testa: guarirà in 15 giorni. Rahmani Abdemiacer esce sulla piazza. Non dice una parola, si avvicina ad un gruppo di bambini. Sono i piccoli del¬ l'asilo di San Donato, in fila davanti al pulmino che li accompagna alle piscine «Doria». Il primo fendente sfiora lo zainetto di un bambino. Una donna, Albertina Coveri, 66 anni, intuisce che il secondo colpo è diretto contro una bambina e cerca a parole di dissuadere il tunisino, che risponde con una coltellata. Ferita alla fronte, l'anziana donna guarirà in una settimana. Poi il tunisino colpisce al capo Silvia Santagada, di 2 anni, la ferisce gravemente. I medici del Gaslini sospettano una frattura del cranio, la portano in sala operatoria. Le insegnanti mettono al riparo gli altri bambini in una drogheria; la maestra di Silvia l'assiste finché non arriva l'ambulanza. L'immigrato svolta l'angolo, in via Canneto la gente urla terrorizzata, fugge da tutte le parti. Ma vengono raggiunti e feriti Alfredo Borrelli, 46 anni, colpito al fianco de¬ colpita alla testa. La prognosi è riservata. Rocco Augimeri, guardia giurata in servizio in piazza Matteotti, vede la scena, intima l'alt, spara due colpi in aria. A questo punto Rahmani Abdemiacer El Sahab si ferma. Subito gli sono addosso un vigile urbano, la guardia e gli agenti del primo distretto di polizia, che lo immobilizzano a fatica e lo portano al commissariato. Ma gli attimi di panico hanno scosso gli animi della gente di San Donato e di tutto il centro storico, che da anni si batte contro il degrado e gli episodi di violenza nel quartiere. Dopo l'arresto del tunisimo la tensione sale. Circa duecento persone si ritrovano per le strade e assediano il distretto di polizia. Urla minacciose, richiesta di pena di morte per il folle. Soltanto la presenza in forza degli agenti riesce ad evitare il linciaggio. Per tutta la mattina il traffico in via San Lorenzo è rimasto paralizzato dalla barriera umana creata dagli abitanti della zona. In serata sette giovani sono stati fermati perché sospettati di aver fatto parte di un gruppo che ha cercato di sfondare la porta di un magazzino dove solitamente dormono alcuni extracomunitari. Due uomini di colore sarebbero stati colpiti con pugni in faccia. stro, Luigi Viani, 80, ad un braccio, Olga Casareto, 70, di striscio alla nuca. Maria Teresa Valle, 75 anni, ha un collasso e cade a terra. Tutti guariranno in una settimana. Grave invece Rosa Vasta, di 69 anni, che è stata raggiunta in un vicolo e La paura e il dolore dei parenti dei bambini assaliti dal tunisino In basso, l'arma con cui il giovane (31 anni, nella foto) li ha aggrediti CHIETI. Dopo aver tentato di uccidere il figlio di 11 anni, sparandogli un colpo di pistola alla testa, Giuseppina Bozzelli, di 35 anni, si è uccisa sparandosi alla fronte con la stessa arma. Il bambino, Fabio, è ricoverato in coma profondo al neurochirurgico dell'ospedale di Pescara. Il fatto è avvenuto a Francavilla ed è stato scoperto dal marito della donna, Ivano Esposito di 37 anni, un commerciante che ieri mattina era uscito molto presto per andare al lavoro. L'uomo, tornato a casa per prendere il figlio e accompagnarlo a scuola, ha visto i due corpi insanguinati sul letto matrimoniale. Giuseppina Bozzelli aveva acquistato la pistola - una calibro 6,35 - «abato scorso in un'armeria di l'escara, tenendone all'oscuro il marito. Al momento dell'acquisto aveva presentato un regolare permesso rilasciatole dalla questura di Chieti. Giuseppina Bozzelli, secondo quanto raccontato da Ivano Esposito, soffriva di stati depressivi, ma negli ultimi tempi sembrava tranquilla. Il marito ha trovato in un cassetto della camera da letto, in mezzo a quattro milioni di lire in banconote da centomila, una lettera testamento nella quale la donna non spiega i motivi del suo gesto ma dichiara di lasciare i suoi beni al marito e ai familiari. Oltre alla casa, si fa riferimento a circa 50 milioni in titoli o buoni fruttiferi.[Ansa] Paola Cavallero 69

Luoghi citati: Chieti, Genova, Italia, Silvia, Tunisia