Rangoon, plebiscito contro i militari di Fernando Mezzetti

Rangoon, plebiscito contro i militari Rangoon, plebiscito contro i militari Trequarti dei voti alla leader-dissidente Aung HONG KONG DAL NOSTRO INVIATO democrazia» affermano di aver già conquistato la vittoria in almeno 38 delle 61 circoscrizioni di Rangoon e di essere primi anche a Mandalay, l'altro grande centro del Paese, 750 chilometri a Nord della capitale. La giunta militare ha già comunicato che accetterà i risultati delle elezioni «nel rispetto della legge» e che cederà il potere, secondo le promesse fatte a suo tempo dal generale Saw Maung. E' già un segnale che la giunta ricorrerà ad artifizi legislativi per bloccare lo sviluppo democratico messo in moto dalla consultazione, svoltasi in un regime di monopolio del potere da parte dei militari e di impossibilità per l'opposizione di adeguata propaganda, con una popolazione ancora sconvolta dalle stragi dell'agostosettembre 1988. Domenica si trattava di eleggere 485 amministratori locali, tra i quali la giunta sceglierà i componenti di un'Assemblea nazionale che dovrebbe elaborare una nuova Costituzione nel giro di tre anni. Nulla è stabilito per il passaggio dei poteri, nulla è stabilito sul rapporto tra la giunta e la nuova Assemblea che avrà comunque una legittimazione popolare, nulla è stabilito sulla liberazione della signora Aung e degli altri due leader dell'opposizione, Tin Oo e U Nu. L'opposizione proclama vittoria nei centri urbani, ma non è più chi ha vinto, ma se i militari appunto accetteranno il verdetto. Il significato dei primi dati, comunque, è chiaro. La Birmania è un ulteriore fallimento del socialismo reale, trasferito nei Paesi del Terzo mondo. In Asia, un continente in vigoroso sviluppo, restano indietro solo i tre Paesi del socialismo reale: Vietnam, Laos, Birmania. Tutti e tre governati da regimi esportati, imitazioni degli originali e quindi anche peggiori di questi ultimi. La Cina è un caso a sé. Dopo tre decenni di regime autoritario sfociato nell'aperto terrore e nel sangue nell'agosto-settembre '88, appena ha avuto una minima possibilità di esprimersi la gente ha formulato il suo verdetto. Spetta ora ai generali rispettarlo, senza nascondersi dietro artifici e pandette, invocando legalità che essi per primi hanno sempre violato. Un piccolo Stalin come Ne Win, il generale al potere dal 1960, apparentemente ritiratosi nell'88 in realtà organizzatore della repressione, non appare come il più rispettoso dei verdetti popolari. I risultati definitivi si avranno soltanto tra alcune settimane, ma sarebbe arduo sperare che Ne Win e i suoi generali traggano le conseguenze politiche dai primi dati. WASHINGTON. Prendete un depresso e fategli passare la notte in bianco: forse starà un po' meglio. L'insonnia come cura anti-depressiva è stata proposta e discussa ad un seminario dell'American Psychiatric Association a New York. Ellen Leibenluft del «National Institute of Mental Health» ha illustrato una ricerca condotta su un campione di 1500 persone con problemi di depressione: quasi due terzi hanno dato segni di miglioramento dopo una notte passata in bianco. Secondo il parere di alcuni medici, molte depressioni vengono esasperate da un qualche ormone prodotto dal cervello durante il sonno. [Ansa] La dissidente Aung San Suu Kyi nulla si sa di quanto avverrà nelle campagne e nessuno esclude brogli su vasta scala. Prima ancora del voto i militari, con la scusa di una riorganizzazione territoriale e urbana di Rangoon e degli altri grandi centri, hanno spostato nelle campagne decine di migliaia di persone, in zone inospitali, prive di qualunque struttura, nelle quali è difficile immaginare l'organizzazione del voto. La questione tuttavia adesso Fernando Mezzetti

Persone citate: Ellen Leibenluft, Saw Maung, Stalin