La rinascita dell'altra Torino

Futuro, mercato, stadio: i progetti di Borsano nel giorno della festa Futuro, mercato, stadio: i progetti di Borsano nel giorno della festa La rinascita dell'altra Torino «Siamo pronti per il derby con la superjuve» Calcio e politica chi è peggio? Oggi Gian Mauro Borsano lancia la festa della promozione del suo Torino. Ha paura: «Le manifestazioni saranno prima della partita, non vorrei che i giocatori si rilassassero. Personalmente chiedo loro di battere, e bene, il Messina. Là abbiamo perduto, sia in Coppa Italia che in campionato, e siamo stati coperti di sputi. Proprio sputi, gratuiti, vigliacchi. Bisogna restituire il doppio ko con tanti gol: poi si vada pure a chiudere il torneo pareggiando a Monza. So che i giocatori sono caricati, so che quelli del Messina hanno promesso battaglia. Io avrei voluto un ritiro lungo, per la concentrazione massima. Fascetti mi ha detto che non era il caso, che la voglia di rivincita è cresciuta al punto giusto». Messina a parte, cosa resta della B, come esperienza? «Un campionato difficilissimo, con dure lezioni, anche: a Barletta, specialmente. Ero inesperto l'anno scorso, quando lo pensavo una sorta di formalità. Il Como in C con un organico da A spiega tutto. Per la B, uno bravo e tecnico come Cravero è un lusso eccessivo, Cravero sarà preziosissimo in A. Come Muller, spero. Comunque penso che abbiamo lasciato in B tracce di un Toro diverso da ogni altra squadra finita in quel campionato. Abbiamo fatto gioco, e gioco d'attacco, con tanti gol. A proposito: tanto tempo nelle aree avversarie, e solo due rigori a favore. Mistero. Mi costa sui 600 milioni di premi il primato in classifica, li sborso volentieri, a loro modo sono stati un investimento sulla nostra immagine». Borsano in un anno è diventato un innovatore, quasi un eversore per la vivacità delle sue idee. I tifosi granata lo hanno sostenuto anche con i famosi diciottomila abbonamenti, credendo in queste idee. Adesso i prezzi degli abbonamenti salgono, Borsano ne chiede ventimila, e non offre più tessere da 100.000 lire. «Comunque ci saranno offerte di curve a 160.000 lire, penso, e curve con migliore visibilità a 200.000. I prezzi della Juventus, per lo stadio nuovo. Sia chiara una cosa: che non avendo alle spalle una for¬ za economica come quella della Juve, noi dovremo chiedere ai nostri tifosi esborsi più alti di quelli dei bianconeri, se vogliono un Toro competitivo». L'intervista dovrebbe essere di celebrazione, ma i temi sono già avanti rispetto alla festa. Gli acquisti per esempio: «Ancora un marcatore, un centrocampista e una punta. Non necessariamente il terzo straniero: certe volte lo straniero è un alibi di fronte ai tifosi, per far sapere che si è pensato alla grande. Comunque faremo molta attenzione al mondiale». E Martin Vazquez? «L'annuncio a suo tempo. Mi piace il senso di attesa. E' poetico e regolamentare, considerando che a fine giugno finisce l'impegno suo con il Real Madrid, che fra parentesi ci ha telegrafato le congratulazioni per la promozione». La Juventus ha speso molto, moltissimo. «Sì, sono tramortito. Posso difendermi pensando che una squadra bene compattata, una squadra omogenea, può valere come e magari più di una squadra di tutti campioni». Borsano ha preso il Torino con i miliardi con i quali si compra, adesso, un Di Canio. Se volesse fare l'affarone, potrebbe incassare il doppio di quanto ha sborsato vendendo anche un solo giocatore: e pazienza se poi dovesse passare un annetto in esilio ai Caraibi. Lui non lo dice, ma il contratto con Martin Vazquez potrebbe, se ceduto ad uno squadrone, valere miliardoni. «Ma non è questo il discorso da fare. Esiste anche una impagabile soddisfazione per avere messo su un'azienda che va bene, e nel calcio poi, dove la programmazione non è certo legata alle leggi dell'industria. Se volevo speculare, un anno fa cedevo Muller e Cravero». Tanto Borsano, su tanti argomenti. «Abbiamo innovato anche con le domeniche per le famiglie, duemila prenotazioni per la partita con il Messina, il sessanta per cento va allo stadio, le donne vanno in giro per Torino, imparano la città». Fascetti? «Un rapporto civilissimo, complimenti a lui». L'Uefa il prossimo anno? «Di- Paracadutisti e sbandieratoli: kermesse prima del match col Messina La curva dei tifosi granata (in alto) che sarà protagonista della festa nell'ultima gara interna del Toro A sinistra, il presidente Borsano ciamo che la squadra è fatta per finire nei primi dieci, stiamo calmi, così magari arriva altro di buono». Collaborazione con la Juventus? «Sì, per i problemi dello stadio nuovo, la contesa con l'Acqua Marcia. Ma il derby sarà più acceso che mai». Oggi saranno regalati allo stadio quarantamila adesivi con il Toro, quelli piccoli e rotondi che si vedono sempre più sulle targhe delle auto. «Mi piacciono, mi riempiono d'orgo¬ Prove tecniche di promozione: conduce Piero Chiambretti in diretta dal Comunale glio. Ne avevo ordinati trentamila, volevo regalarli per Torino-Avellino, ce li hanno rubati. I vigili di Torino sono in maggioranza granata, uno di loro mi ha detto che se sulla targa vede il Toro diventa meno severo». Il Torino e i giovani: «Insistiamo, quella è la via sana. Sia chiaro che nella nuova squadra ci sarà posto anche per i prodotti del vivaio. Aspetto Zago, lo voglio in campo a Monza, almeno per un po', è una specie di acquisto speciale, il migliore». Torniamo a temi grossissimi. Sempre più seria la frattura fra club ricchissimi e il resto? «Senz'altro. Si va verso un campionato europeo vero e proprio., con altissima valenza televisiva; chi vi prenderà parte si staccherà sempre più dalle squadre relegate al solo campionato nazionale. La frattura è destinata ad ampliarsi». Borsano non dice da quale parte della crepa starà il Torino, ma sente la squadra pronta per respirare grosso. Gian Paolo O COME alcuni lettori già sanno, il senatore de Leonardi è stato costretto a ritirare il decreto legato all'istituzione di quattro concorsi del Totocalcio durante Italia 90: per inciso i quattrini delle schedine sarebbero serviti per risarcire le società danneggiate dalla ristrutturazione degli stadi mondiali. Il numero legale è venuto a mancare due volte in Senato per cui il provvedimento è scaduto venerdì a mezzanotte con buona pace di Roma e Lazio, Samp e Genoa, Fiorentina e Palermo... Un bagno di decine e decine di miliardi per questi club, a meno che il governo non ripresenti il provvedimento finalmente con successo. La notizia è importante, ma lo è di più il corredo degli interventi, durissimi verso il mondo del pallone. Fiori, indipendente di sinistra: «E' una delle più grosse indecenze. Non posso pagare una tassa di 100 lire su una bottiglia di acqua minerale e poi assistere a questo balletto di miliardi nel calciomercato». Lievers, radicale: «L'argomento configura un vero vilipendio per le istituzioni». Libertini, senatore pei: «Un decreto immondo: mentre si chiedono sacrifici agli italiani, si regalano 150 miliardi ai club di calcio». Espressioni di parte, nel senso di partito, però vere. Il calcio spende al di là dei propri mezzi che sono divenuti notevoli grazie ai diritti televisivi, ai proventi pubblicitari e alle sponsorizzazioni che si aggiungono alle entrate ai botteghini. Intanto il merchandising sta divenendo una voce sempre più interessante. Eppure la forbice tra ricavi e spese si allarga in continuazione, con ritmo esponenziale. Il problema è generale. Poche le eccezioni: la Samp di Mantovani, la Juve di Agnelli, il Milan di Berlusconi. E, delle piccole, solo il Como vanta una situazione patrimoniale e finanziaria largamente positiva. Però i lariani sono caduti in C. I giocatori costano di più, quelli bravi e quelli meno bravi. Ma soprattutto incidono in misura straordinaria bra\ no gli ingaggi, ormai a livelli miliardari. Nella jungla della serie A è normale incontrare calciatori che guadagnano due-tre milioni netti al giorno. Magari quattro. Lo spirito di bandiera ha lasciato il campo al miraggio dell'ingaggio grosso, grossissimo, impensabile fino a pochi anni fa. Rapportati ad oggi, i guadagni di Facchetti & C, cioè dei giocatori più pagati attorno al 1965, appaiono ridicoli. I calciatori fanno bene ad approfittare della munificenza dei presidenti, peccato che pochissimi di loro abbiano il coraggio di dire: cambio società per soldi. Macché. La motivazione ufficiale parla di «scelta di vita». Un ritornello, di italiani e stranieri. Le istituzioni (la Lega più della Federazione) non fanno abbastanza per creare argini a questa situazione che risponde alle leggi di mercato per la concorrenza spietata dei signori presidenti. Di Maradona ce n'è uno. E magari anche di Baggio, Gullit, Vialli, Van Basten. Ma gli altri? Possibile che siamo in presenza di cento e passa campionissimi, tutti da arricchire con stipendi faraonici? Da Palazzo Madama è giunta una indicazione precisa che può costare carissima al calcio. A Montecitorio ricordano che la certificazione dei bilanci societari è in ritardo di parecchi anni. D'accordo, quindi, con le dichiarazioni di voto dei senatori. Ma con due pregiudiziali. Il mondo politico che condanna le spese del calcio è lo stesso mondo politico che non sa gestire la spesa pubblica e che è addirittura costretto a tassare le bottiglie d'acqua minerale per arginare il deficit statale. Il mondo politico che condanna le spese del calcio è lo stesso mondo politico che si serve spesso, spessissimo, del calcio per oscurare e mascherare governi traballanti, tasse nuove, situazioni di crisi in genere. E adesso certe condanne che pure partono da premesse legittime sanno di ipocrisia. Chi è peggio, il calcio o la politica? j qbravno i1 bra\ I no sia siaj Filippo Grassia sia rmezzano