Orlando danza la sua follia di Luigi Rossi

Orlando danza la sua follia Orlando danza la sua follia Musica espressiva eAlbertazzi voce recitante VERONA. Il prode paladino ariostesco diventa un ragazzo d'oggi e la fascinosa Angelica potrebbe essere una nostra teen-ager senza troppe inibizioni. «La follia d'Orlando», il balletto di Goffredo Petrassi che conta quasi mezzo secolo, è tornato al «Filarmonico» di Verona in una nuova versione curata da Giuseppe Carbone, da poco rientrato alla direzione dei corpo di ballo dell'Arena. Immutato il fascino di una musica espressiva e potentemente teatrale, è cambiata soltanto la parte narrativa, non più affidata ai recitativi per baritono, ma alla declamazione di Giorgio Albertazzi che ha letto le ottave dell'«Orlando Furioso». Il compito di presentare l'azione, «liberando la danza di qualsiasi esigenza narrativa», com'era intenzione di Petrassi, è stato reso meglio dalla recitazione di quanto non avvenisse in precedenza con il canto. Carbone ha potuto costruire così un balletto di chiare connotazioni neoclassiche, aiutato anche dall'impianto scenico di Elio Ciola che ricordava molto l'impalcatura usata da Balanchine nella sua ultima versione dell'«Apollon Musagète». Il ragazzo Orlando, con maglione e calzoni neri come un giovane del nostro tempo, inizia il suo sogno ariostesco incontrando la futile Angelica (la sensuale e intensa Rosalba Garavelli) e poi le sue numerose controfigure. I paladini Rinaldo e Astolfo (impersonati con grinta da Frangois Perron e Offer Zaks) e il fortunato Medoro (interpretetc da Hans Vancol) conservano invece ancora richiami tradizionali così come si era soliti vederli nell'«0pera dei pupi». I costumi di Giorgio Arvati non trascurano infatti elmi e cimieri, così come la simbologia araldica è presente nei Minotauri e negli Unicorni. La severa e malinconica immagine di Orlando si cala senza fatica neU'mquietudine dei giovani d'oggi e persino l'apoteosi finale, un barocco «trionfo della ragione» sulle disavventure derivate da una passione insana, accompagnata dal bellissimo «rondò» in forma di gagliarda, sembra riferibile alla realtà contemporanea. La scena (eliminante della follia, con la sua violenta trama ritmica, serve al coreografo per un efficace «assolo» che offre la completa misura della validità del mirabile protagonista Christian Craciun, liberatosi dai leggeri abiti «casual» per esprimere la sua disperazione, quando «da gran furor commosso / e maghe e piastre si stracciò di dosso». Petrassi, presente alla prima, si è detto soddisfatto della bella esecuzione dell'orchestra areniana diretta da Giuseppe Garbarino col violino solista Enrico Baiboni. Luigi Rossi

Luoghi citati: Unicorni, Verona