La Juventus entra nella zona Maifredi

Presentato ieri il tecnico che porterà a Torino il modulo tattico del Milan: voglio subito lo scudetto Presentato ieri il tecnico che porterà a Torino il modulo tattico del Milan: voglio subito lo scudetto La Juventus entra nella zona Maifredi «Zoffper me è un mito, non ho mai tramato alle sue spalle» Chi è «Finalmente sono a casa» TORINO. Si definisce un «portatore di zona». Non il «sostituto di Zoff». Ha un solo obiettivo: «Rivedere fra un anno sulle maglie bianconere lo scudetto tricolore». Gigi Maifredi non ha paura di misurare le sue teorie con il glorioso passato della Juventus, non teme paragoni con il mitico Zoff. Anzi: «Potevo venire qui due anni fa, non l'ho fatto perché dopo un solo campionato di B con il Bologna mi sembrava avventuroso. Adesso sono più sicuro. Non è presunzione, mi piace la sfida. Fare qualcosa più di niente sarebbe stato troppo facile, fare qualcosa in più di chi ha lasciato vincendo due Coppe mi alletta». Elegante, imponente, ma sì, diciamolo pure, il perfetto uomo immagine che Chiusano e Montezemolo volevano, Maifredi si presenta senza enfasi ma neppure senza complessi di sudditanza. Ha conosciuto Agnelli, ha parlato a lungo con Montezemolo e Chiusano, la Juve dei tre avvocati crede in lui. «E dire che io non sono neanche ragioniere». Chiusano: «Però non è un-imputato...». Non dimentica Boniperti: «Lui per primo due anni fa mi voleva. Si è chiuso il suo ciclo, resta quello della Juve, una squadra per cui ho sempre tifato proprio perché ogni anno partiva per vincere tutto. Così sarà anche con me. Non ci sono traguardi. Si parte con la convinzione di vincere campionato, Coppa Coppe e Coppa Italia, poi c'entrerà anche la fortuna». La Juve vede in lui TantiSacchi per eccellenza, l'uomo adatto a sfidare il Milan. Maifredi accetta: «E' chiaro che ci si dovrà confrontare con loro anche perché avremo un'impostazione tattica vicina a quella dei rossoneri. Ma noi vogliamo instaurare una filosofia vincente, un modello per il futuro che sarà solo nostro. Oltre al Milan, poi, dovremo concorrere con Napoli, Inter e Sampdoria». Per Maifredi è una Juventus già competitiva, anche senza il terzo straniero: «Se arriverà bene. Ma dovrà essere un vero fuoriclasse, al di sopra della media, uno che pur facendo magari il comprimario lo sappia fare egregiamente. La Juve ha potenziato una squadra che aveva già vinto perché conscia di non poter altrimenti essere all'altezza delle altre grandi. Non ho timori ad assemblare tanti campioni, basterà il ritiro e qualche amichevole». E ancora, quasi da tifoso: «Dopo tanti anni la Juve è tornata a prendere i pezzi migliori sul mercato. Lo spazio che avranno i giovani Di Canio, Orlando e Corini in mezzo a tanti campioni dipenderà solo da loro. Orlando ad esempio gioca trequartista, è mia intenzione impostarlo da mezz'ala pura». Parlando di Julio Cesar, Maifredi scivola anche sul discorso della zona: «Il brasiliano è un punto interrogativo perché viene da quattro campionati soft come sono quelli francesi. Ma è stato il miglior difensore del mundial '86, l'ho visto di recente in gran forma, mi ha confidato di essersi seduto in Francia perché tradito dai dirigenti che non l'hanno ceduto al Real Madrid o al Barcellona, pronti a ingaggiarlo. Sembra lento, ma non è così. Inoltre è umile e gioca divinamente con entrambi i piedi. Sarà uno dei centrali, non ho mai usato il libero neppure a Bologna, non posso nascondermi dietro un dito qui, dove parto per ottenere il massimo». Torino è una piazza più esigente di Bologna, altri sono gli obiettivi. «E se in campagna portavo gli zoccoli, qui a palazzo porterò le scarpe ma la mia filosofia resterà la stessa». E spiega: «Dicono che mi piace divertirmi, ma divertente non fa coppia con barzellettiere anche se qualche volta una può scapparci. La mia filosofia ha un solo scopo, quello di scendere in campo senza stress». Aggiunge: «Ho stipulato un contratto annuale proprio perché non vorrei dover restare a Torino solo per onorare un impegno scritto». E ai tifosi juventini che inneggiavano a Zoff e non volevano Maifredi risponde: «A Bologna dicevano anche a me resta con noi...». «Sia chiaro - puntualizza non vorrei che tutto si riducesse a una sfida Zoff-Maifredi. Lui per me è stato un mito, non ho mai tramato nell'ombra. E, ripeto, sarei sicuramente stato più tranquillo due anni fa. Ma io mi incendio quando c'è da conquistare qualcosa, quando vivo sui tizzoni ardenti». Ha parole belle per Baggio e Marocchi. Dice del primo: «Le sue dichiarazioni così sensibili in un momento tanto difficile come quello dell'annuncio del passaggio alla Juve depongono a suo favore. Anche per me non è stato facile chiudere con Bologna. A quella piazza, a quei tifosi devo tutto. Ma la Juve è la squadra più importante del mondo, fra un mese Baggio parlerà benissimo dei colori bianconeri. In quanto a Marocchi c'è forse stata qualche incomprensione dettata dall'amore calcistico, ci tengo a sottolinearlo, calcistico^ che avevamo uno verso l'altro. L'ho rivisto una, due, tre volte, alla quarta ci siamo abbracciati». Nella valigia che cosa ha messo venendo a Torino? «Una grande carica e molto orgoglio per l'offerta della Juve. Per me, nato juventino, è come rivivere negli Anni 90 la favola di Cenerentola. Da ragazzo ho pianto per una foto di Sivori. E se fossi venuto solo due anni fa, beh, avrei chiesto a Platini di giocare ancora, da playmaker». Franco Badolato Per un anno. Il contratto di Maifredi scadrà per volere del t ecnico il 30 giugno '91 : ma tra il presidente C hius sano e l'allenatore l'intesa è sembrata subito perfetta TORINO. Finalmente è approdato a quella che fin da ragazzo chiamava «la casa madre del pallone». Gigi Maifredi, nato il 20 aprile '47, e la Juve progettavano da anni di incontrarsi. Ma non erano riusciti a sincronizzare i tempi. E adesso che sarà costretto a vestire qualche volta di più in giacca e cravatta, chissà se «Gigione» avrà tolto dal deposito semiabbandonato di Lograto (Brescia) il cartello «Maifredi Luigi, rappresentante di commercio». Sì, perché il tecnico bianconero prima di diventare allenatore (dal 4 all'8 giugno e dopo i Mondiali concluderà il corso di Coverciano per il patentino di Prima Categoria), girava la Lombardia per vendere panettoni Alemagna e Vecchia Romagna. Gigi Maifredi è un tecnico senza pedigree. Ma, per carattere, stima e risultati, la cosa non gli ha mai pesato. Come giocatore ha alle spalle una carriera modestissima. Prima mezz'ala, poi stopper, tirò i primi calci veri nel suo paese, per essere poi ceduto al Rovereto, provincia di Trento, con il quale militò due anni in D e uno in C. Poi fu richiesto dal Savona e quasi contemporaneamente dall'Akragas, che scelse su consiglio del suo «secondo padre», Renato Cavalieri. Un'esperienza disastrosa, come egli stesso ne parla adesso. Maifredi resta in Sicilia due mesi, poi una notte fugge, non ancora ventenne. Finì al Portogruaro, provincia di Venezia, che lo accolse dal fondo della classifica della serie D veneta. Alla fine la squadra si salvò, ma con la permanenza in D arrivò anche il licenziamento di Maifredi, sacrificato ancora giovanissimo per far posto ad alcuni ragazzini del vivaio locale. E a quel punto il signor Maifredi, emerito sconosciuto, apre il capannone di dolci e liquori, che rimarrà aperto per sette anni di fila. Poi una parentesi, ancora come calciatore, nel Desenzano in Promozione: sei partite, il tempo per trovare un chiodo libero dove appendere le scarpe bullonate. Gli ultimi anni sono i più intensi: Cavalieri, ancora lui, gli propone di andare a fare l'allenatore in seconda a Crotone, lui accetta ma ci resta solo due campionati, guidando anche la prima squadra. Tornato da Crotone passa al Lumezzane (tre anni e mezzo), si sposa, passa al Pontevico dove per la prima volta si mette a copiare la zona, con discreti risultati. Un breve periodo nel Leno (Prima categoria), poi finalmente l'Orceana, la sua prima squadra professionistica (C2). E, alla fine, l'Ospitaletto e la telefonata di Corioni, presidente del Bologna, con un'«intromissione» del Parma, in cerca di un allenatore per scalare la serie B. E adesso, tre anni dopo essere diventato allenatore, la Juventus. Un sogno che Maifredi culla da anni. Quando firmò il contratto con la società rossoblu gli chiesero: «Chiuda gli occhi. Se il Bologna non esistesse, dove allenerebbe volentieri?». Lui rispose: «Sono sempre stato un tifoso della Juve. Riapro gli occhi, o devo andare a Torino?». La partenza, allora, era solo rinviata. (fla. cor.]