Arafat parla all'Onu ma a Ginevra di A. Rap.

Baker: siamo pronti a discutere l'invio di Caschi blu nei Territori occupati Baker: siamo pronti a discutere l'invio di Caschi blu nei Territori occupati Arofot parla all'Onu, ma a Ginevra Gli Usa e l'Olp aggirano il problema del visto L'Internazionale socialista «L'unica soluzione è lo Stalo palestinese» E Peres non si oppone WASHINGTON DAL NOSTRO COR Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu si riunirà a Ginevra tra domani e lunedì prossimo, con la partecipazione del leader dell'Olp Arafat, per discutere l'eccidio dei palestinesi in Cisgiordania e a Gaza. Dietro l'annuncio, dato ieri per prima dalla Lega Araba, si cela un compromesso dell'ultimo minuto tra Arafat e il segretario di Stato Usa James Baker. Il leader dell'Olp ha rinunciato a chiedere formalmente il visto d'ingresso negli Stati Uniti, e quindi a causare tensioni ulteriori tra Washington e Israele, in cambio dell'appoggio americano alla sua proposta che l'Onu invii osservatori nei territori occupati. Arafat ha chiesto il visto in via privata martedì, tramite il segretario generale dell'Onu de Cuellar, ma Baker, pur dicendosi disposto a darglielo, ha suggerito di spostare il Consiglio di Sicurezza a Ginevra, e di preparare una mozione «accettabile a tutte le parti». A una conferenza stampa alla Casa Bianca, Baker ha confermato indirettamente il compromesso, dichiarando che «gli Stati Uniti sono pronti a dibattere la questione dell'invio di una squadra di osservatori dell'Onu in Cisgiordania e a Gaza se il Consiglio di Sicurezza la affronterà». Il segretario di Stato americano ha aggiunto che «non è stato dato il visto per gli Usa ad Arafat perché non ha inoltrato formale richiesta». Baker ha infine sottolineato che il presidente Bush «ha espresso profonda preoccupazione per i sanguinosi incidenti a Israele, ha invitato le forze armate israeliane a esercitare il massimo autocontrollo, e ha pregato per le famiglie a. delle vittime». «Il pericolo - ha concluso - è che la escalation della violenza continui in assenza di un processo di pace che offra speranza ai palestinesi». L'intesa tra Washington e l'Olp, maturata oltre che nei contatti all'Orni anche in quelli a Tunisi tra Arafat e l'ambasciata americana, non garantisce tuttavia il successo della linea araba al Consiglio di Sicurezza a Ginevra. Gli Stati Uniti vogliono rilanciare il piano di pace di Baker, che prevede li¬ OSTRO CORRISPONDENTE Bush in persona è impegnato nel tentativo di riavvicinamento al governo israeliano. Bush ieri ha avuto un lungo colloquio telefonico col presidente egiziano Mubarak. I due leader si sono trovati d'accordo sulla necessità di un'azione congiunta per ridurre le tensioni in Cisgiordania e a Gaza e per riprendere il dialogo con Israele. Bush ha chiesto a Mubarak di mediare presso i Paesi arabi «affinché non aggravino la crisi con iniziative avventate». Sembra che il Presidente americano abbia telefonato anche al premier israeliano Shamir, ma su questo colloquio la Casa Bianca ha mantenuto un rigido riserbo. A nome della Lega Araba, l'ambasciatore del Kuwait a Washington Al Sabath si è recato dal sottosegretario di Stato Kimmitt, chiedendo che gli Stati Uniti «facciano cessare le atrocità israeliane nei territori occupati». Kimmitt gli avrebbe risposto che «la soluzione della crisi dipende dalla comune buona volontà», [e. e] bere elezioni in Cisgiordania e a Gaza, e stanno trattando dietro le quinte con Israele. Se domani o lunedì a Ginevra emergesse una mozione troppo dura nei confronti degli israeliani, l'America si opporrebbe per non danneggiare il negoziato. Nella conferenza stampa, Baker ha indicato che gli Usa non supereranno certi limiti: ha messo in rilievo a esempio che non ridurranno gli aiuti economici e militari a Israele «storicamente un alleato per noi molto importante». Dopo dodici ore di lavoro in commissione, sette ore di dibattito in sessione plenaria, e tre ore di comitato ristretto, l'Internazionale socialista ha approvato una risoluzione su Israele e i palestinesi che ha ottenuto il silenzio-assenso anche dell'israeliano Shimon Peres. Tanto discutere ha portato a cinque stesure di questo documento che alla fine, malgrado le limature e i rimaneggiamenti che hanno smorzato l'iniziale forza di condanna per la repressione israeliana nei territori occupati crea un fatto nuovo. I partiti socialisti dell'Internazionale, e quindi anche quello israeliano, s'impegnano a seguire il principio che per la soluzione del problema palestinese, tra le altre soluzioni, c'è anche la nascita di uno Stato dei palestinesi. Soluzione, questa, sempre avversata dagli israeliani che sono caso mai favorevoli ad una federazione giordano-palestinese. L'affermazione di questo principio da parte di un'organizzazione che è composta da partiti che possono influire molto sulla sorte del conflitto in Medio Oriente, è una posta molto alta. Tanto alta da giustificare, forse, una procedura di approvazione insolita pur di poter dire che il documento è stato votato all'unanimità. E' successo che il presidente dell'Internazionale, Willy Brandt, ha letto la risoluzione e poi ha chiesto ai presenti se c'era qualcuno contrario. Nessuno ha obiettato e il testo è stato dato per approvato all'unanimità, quindi anche da parte del silenzioso israeliano Peres, che il giorno prima ave¬ IL CAIRO DAL NOSTRO INVIATO va ripetuto che si voleva invece astenere (e un delegato israeliano ha commentato che la posizione di Tel Aviv «esce erosa»). Ora, volendo, Peres potrà comunque dire che lui non ha votato esplicitamente a favore. Ma forse occorrono anche questi percorsi tortuosi per far fare un passo avanti ad una vicenda che sembra altrimenti senza sbocchi. Quel che non è detto nel documento lo ha reso più esplicito Willy Brandt in chiusura dei lavori, annunciando che l'Internazionale «ha deciso che l'Olp di Arafat si colleghi con noi come osservatore». Peres era però riuscito a far cancellare dalla risoluzione finale ogni riferimento alle modalità per scegliere la controparte palestinese che dovrà trattare la pace e facendo cancellare anche il ruolo di controparte affidato all'Olp. Gli altri hanno cancellato a loro volta l'accenno alle elezioni per la rappresentanza nei territori occupati, proposto dagli israeliani. Peres non ha partecipato alla conferenza stampa finale, partendo scortato da sette robusti agenti israeliani. Testualmente, il principio più importante e innovativo approvato difende «il diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese, qualsiasi soluzione costituzionale essi vogliano scegliere in futuro, non escludendo uno Stato o altre possibili soluzioni». La risoluzione invita Israele a fermare la distruzione di case e le espulsioni di palestinesi, dice che sono illegali gli insediamenti nei luoghi occupati e che «dev'essere superato il divieto di contatti tra Israele e l'Olp». [a. rap.]