«Manager pubblici, Università esclusa»

«Manager pubblici, Università esclusa» IETTERÀ AL DIRETTORE «Manager pubblici, Università esclusa» Caro direttore, la commissione permanente Affari costituzionali della Camera dei deputati ha approvato in sede legislativa l'art. 11 del provvedimento per il riordino della dirigenza pubblica. Con questo articolo si introduce, assieme ad altre rilevanti innovazioni che riguardano l'accesso e la carriera, la possibilità di partecipare ai concorsi pubblici per i posti di dirigente per «coloro che hanno superato il corso di formazione triennale presso la Scuola Superiore di pubblica amministrazione»; inoltre, chi abbia superato il secondo e il terzo anno di corso di questa scuola ha «l'accesso rispettivamente all'ottava e alla nona qualifica funzionale, nei limiti delle dotazioni organiche». Il testo, approvato i! 15 maggio dalla commissione, modifica in modo significativo quello predisposto in sede referente, che prevedeva addirittura che il 30% dei posti di dirigente di- sponibili per ciascun anno presso ciascuna amministrazione fossero conferiti mediante corso di formazione, svolto sempre presso questa Scuola Superiore. La quale non dipende dal ministero dell'Università, ma dalla presidenza del Consiglio, cioè.dalla Funzione pubblica. La motivazione che si dava o che si dà - per questa radicale innovazione di ordinamento riguarda l'esigenza di qualificare professionalmente i dirigenti pubblici, secondo l'esempio di altri Paesi occidentali. Sono opinioni rispettabili, anche se forzate nel riferimento ad altre realtà, così come è accettabile l'obiettivo (considerato nell'articolo successivo della stessa legge) di attuare una profonda riorganizzazione della Scuola Superiore della pubblica amministrazione per renderla capace di programmare e realizzare l'attività di formazione che le viene affidata con questa decisione parlamentare. Ciò che a mio parere è inac- cettabile è che questa riforma avvenga in parallelo a quella dell'ordinamento didattico dell'Università, senza alcun raccordo. Per l'Università il Parlamento prevede la istituzione della specializzazione post-laurea, per dare uno sbocco qualificato agli universitari. La decisione di cui sto parlando introduce una grave discriminazione, proprio con riferimento all'avvio alla carriera dirigenziale nella pubblica amministrazione (che rappresenta una elevata quota delle attività professionali cui possono aspirare i giovani laureati e specializzati), tra chi si specializzerà in scienze della pubblica amministrazione (o corsi equivalenti) presso le Università e chi, invece, seguirà corsi di formazione presso la Scuola Superiore, che è immaginata esattamente come una scuola di specializzazione post-laurea (nell'ordinamento didattico, nella durata triennale, nella regolamentazione dell'accesso). Non è difficile prevedere che un itinerario analogo sarà proposto per la formazione dei managers del servizio sanitario, e così via; realizzando così il graduale infeudamento della formazione ed il parallelo svuotamento delle Università. Due mesi or sono ho chiesto al mio gruppo parlamentare di revocare la sede legislativa alla proposta di legge, per poterne discutere apertamente, ed ho invitato il ministro Ruberti rendendo pubbliche le mie opinioni - a valutare questa riforma che provocherà la giusta protesta delle Università. Quella iniziativa ha ottenuto solo il risultato che prima ho ricordato, che però mi pare inadeguato rispetto alla rilevanza dei principi e degli interessi in gioco. Si sta procedendo come per la legge sullo Statuto dei lavoratori, nascondendo le difficoltà sostanziali e rimandandole dalla Camera al Senato. Guido Bodrato deputato de

Persone citate: Guido Bodrato, Ruberti