«Quell'italiano lavorò con mio padre» di Giovanni Bianconi

L'uomo di Baghdad ha ammesso un solo incontro con lo scienziato ucciso. E a Terni altro sequestro L'uomo di Baghdad ha ammesso un solo incontro con lo scienziato ucciso. E a Terni altro sequestro «Quell'italiano lavorò con mio padre» Supercannone all'Iraq, ilfiglio dell'inventore Bull rivela ROMA. Ancora un sequestro, un'altra fabbrica coinvolta nell'intrigo del super-cannone destinato all'Iraq. 1 carabinieri della Legione Roma hanno por tato via appunti e documenti dalla «Garofoli spa> di Terni, una società di costruzioni metalmeccanica che ha lavorato alla rifinitura di alcuni pezzi costruiti dalla «Società delie fucine». Dall'analisi di quelle carte gli inquirenti cercheranno di ottenere nuovi elementi per capire se gli esecutori della commessa irachena (collaudatoré e società costruttrici) erano consapevoli di partecipa/t! al «progetto PC2», quello del supercannone ideato dall'ingegnere canadese Gerald Bull, assassinato due mesi a Bruxelles. Nei prossimi giorni si dovrebbe svolgere un incontro tra i responsabili delle indagini nei Paesi che finora sono stati coinvolti nella conne ction: Italia. Belgio, Gran Bretagna, Spagna, Svizzera, Germania, Grecia e Turchia. Il nodo del capitolo italiano dell'inchiesta è ancora quello che lega Aldo Savegnago, il collaudatore dei pezzi fabbricati a Terni, con i «cervelli» dell'operazione svolta p<-r conto dell'Iraq: i responsabili delle società create da Gerald, la Space research corporation (Srcl e l'Ati. Savegnago, unico destinatorio finora di un avviso di garanzia, che ieri tramite il suo avvocato ha voluto chiarire la sua posizione ridimensionando il proprio ruolo in questa vicenda, è già stato interrogato dai magistrati di Terni, ma probabilmente dovrà essere ascoltalo di nuovo. Dal Canada Michel Bull, il figlio dell'inventore del supercannone che ha ereditato dal padre la direzione della Src. fa sapere che il tecnico italiano era coinvolto nella società bel ga più di quanto ha fatto credere ai giudici italiani. «Savegnago - ha detto Bull in un'intervista a Panorama - aveva collaborato dall'85 all'88 con la Src, poi è passato all'Ati. Mi risulta che sia un buon tecnico, ma io non so nulla del suo lavoro con le Fucine». Una verità diversa da quella consegnala dal collaudatore nei verbali d'interrogatorio. Savegnago ha raccontato ai giudici di aver incontrato una sola volta sia l'ingegner Bull (con il quale non parlò neppure), sia Christopher Cowley, il braccio destro di Bull arrestato in Gran Bretagna dopo la scoperta dalla «PC2 connection», direttore dell'Ari, una società multinazionale di collaudi che ha gli stessi recapiti della Src, cori sedi a Bruxelles, Atene e Bristol. Dei rapporti con la Src ipotizzati da Bull, il tecnico italiano non ha detto nulla. Ha soltanto ammesso di lavorare per l'Ati, contattato appena un anno fa da un suo ex collega inglese. Il trait-d'union tra l'Ati e Savegnago si chiama John Heath. E' un tecnico gallese che vive a Bruxelles, conosciuto dall'italiano alla fine degli Anni Set¬ tanta. Per quattro anni infatti Heath ha lavorato ad un progetto della Snia di Colleferro, dov'era impiegato Savegnago. Secondo alcune indagini svolte in Gran Bretagna, il tecnico gallese, 50 anni, considerato un progettista di talento, avrebbe rilevato da Cowley la direzione dell'Ari. Nella ragnatela della «PC2 connection» era l'uomo che teneva i rapporti con i «corrispondenti» nei diversi Paesi ai quali si era rivolto l'Iraq per costruire il super-cannone (come Savegnago in Italia). Da quando è scoppiato lo scandalo, con l'inchiesta che interessa ormai mezza Europa, Heath è scomparso dalla circolazione. Servizi segreti e polizie lo cercano, potrebbe spiegare molte cose sull'intrigo internazionale ideato per realizzare il supercannone. Alcune voci lo danno rifugiato in Spagna. Anche la Spagna è tra i Paesi coinvolti in questa vicenda: presso la società Trebelan, a Vitoria, nei Paesi baschi, sono stati se¬ questrati pezzi meccanici che farebbero parte della micidiale arma. In particolare, sarebbero stati fabbricati lì gli «ammortizzatori» del cannone. Sulle intenzioni di Gerald Bull, il figlio Michel smentisce che si tratti di un progetto bellico: «Mio padre per tutta la vita ha lavorato ai supercannoni. Erano la sua idea fissa. Ma il supercannone che lo interessava non doveva servire per scopi militari, per lanciare bombe, bensì per scopi altamente scientifici. Se il progetto c'era, riguardava il lancio di un satellite nello spazio, un supercannone come quello non può essere impiegato come strumento offensivo. Il nemico lo identificherebbe subito, lo bombarderebbe. Inoltre non potrebbe sfuggire, date le dimensioni, ai satelliti spia... Su questa cosa si sta facendo troppo rumore, ci sono troppi interessi attorno a questa cosa...». Giovanni Bianconi I5° Salone su re manutenzione

Persone citate: Aldo Savegnago, Christopher Cowley, Cowley, Garofoli, Gerald Bull, John Heath, Michel Bull, Space